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Crisi del medico? No, ma solo c’è ancora la passione 

di Rosa Sciarpelletti

07 APR - Gentile direttore,
la lettura degli ultimi articoli apparsi su Quotidiano Sanità (Prof. Ivan Cavicchi : “Medici. Perchè serve una nuova grande manifestazione nazionale” del 18 marzo e “La crisi del medico. Una storia che inizia molti anni fa” del 26 marzo; “Se il medico va in crisi/1 e 2” del 18 e 24 marzo) concernenti la figura medica ed la perdita del suo valore negli ultimi decenni ha destato in me (e spero lo stesso per altri colleghi) l’esigenza di dare un contributo (benché minimo) di chi come me lavora ogni giorno (dal lunedi alla domenica) con e per il paziente “essere umano”.

Poco meno di cinquanta anni fa sentii mio padre raccontare la storia di un bravo medico che nel suo ambulatorio con una manovra brusca, ma pratica, salvava la vita di un neonato di circa venti giorni affetto da congeniti e rilevanti problemi respiratori e alimentari, con la risoluzione immediata del quadro clinico. Quel neonato sono io (attualmente medico e pediatra di famiglia, moglie e madre di quattro figli). L’anonimo medico-pediatra della “cassa mutua tranvieri” di Roma non solo mi ha permesso di diventare adulta, ma mi ha trasmesso la passione, il “fuoco” per la professione medica, intesa come professione al servizio dell’uomo. Passione per la professione medica vuol dire avere dentro infatti un” fuoco” che brucia vivo ogni giorno (e notte), desiderio di studiare continuamente ( rivalutazione di argomenti già conosciuti e aggiornamento su quelli da apprendere), desiderio di poter aiutare l’essere umano (quale che sia la sua richiesta, frivola o grave), scarsa considerazione delle proprie esigenze personali (ed alle volte di quelle dei propri familiari) con priorità sempre per quelle degli altri. Sono la gran parte i medici che lavorano ogni giorno con questa passione per la professione. E’ raro sentir parlare di medici che incrociano le braccia per scioperare. Sicuramente se si decidesse una manifestazione con astensione dal lavoro, ognuno di noi avrebbe però quel bambino o quell’anziano o quella donna o quell’uomo da “andare a vedere”, che proprio quel giorno non può essere lasciato comunque da solo nella propria malattia. Non credo dunque vi sia alcuna crisi nell’animo e nella quotidianità del medico che ben sa in ogni turno lavorativo cosa deve fare e come metterlo in pratica, per restituire o garantire la salute al paziente.

Non credo invero sia in crisi la medicina (in particolare nel nostro paese): ricerca e scienza e tanto lavoro (non riconosciuto né pagato) nei meandri dell’università e degli istituti di ricerca, continuano a far parlare di noi nel mondo. Siamo sempre stati un popolo di geni. I medici si affiancano agli ingegneri, ai biologi, ai chimici, ai fisici per risultati davvero strabilianti rispetto al passato. Il beneficio è tutto per l’essere umano. Anziani (ed anche meno anziani) cardiopatici monitorati da casa con trasmissione dei dati clinici direttamente nei reparti di cardiologia, arti sintetici costruiti in laboratorio il cui movimento è originato dal pensiero, tecnologie avanzate per infusione di farmaci (per es. l’insulina) durante gli atti quotidiani della vita, a far si che un paziente (magari giovane) con una malattia invalidante, percorra la propria esistenza nel modo più normale possibile.

Ed ancora (fuori dalle università e dagli istituti di ricerca) medici che insegnano ai medici: corsi teorico-pratici che impartiscono lezioni su come migliorare le proprie tecniche o le proprie modalità diagnostiche. Corsi e convegni che non sono meri incontri di libagioni e vacanze, ma veri e propri momenti di scambio interculturale che riportati poi nel proprio lavoro favoriscono un miglioramento della qualità del lavoro medico. Tutti i protagonisti di questa mirabile arte medica sono mossi dalla passione, tutti hanno quel citato fuoco che arde dentro: se non fosse così questi risultati non ci sarebbero. Cosa o chi è in crisi allora in questo mondo medico?

Purtroppo, come acutamente fa notare il sociologo Prof. Ivan Cavicchi nel suo articolo del 26 marzo è in crisi il sistema sanità, cioè il sistema che deve garantire al medico e allo scienziato della medicina oneri e mezzi per poter poi eseguire al meglio il proprio lavoro. Sanità, medicina e medico (spiega il Prof. Cavicchi nel suo articolo) non sono lo stesso insieme, ma una intersezione di insiemi in cui le parti debbono interagire a far si che il tutto funzioni. Di sanità però si sono occupati e continuano ad occuparsi per lo più politici, economisti , burocrati. Tutti soggetti che non sono in grado di comprendere a fondo cosa significa lavorare come medico. Non comprendono per esempio che all’interno di una struttura di primo soccorso non possono mancare i mezzi per dare il primo soccorso all’essere umano, poiché a quel punto le capacità professionali del medico operatore possono non essere sufficienti a garantire la vita di quell’essere. Non comprendono che non vi sono orari di fine turno per un medico se proprio nel momento in cui si deve andare via, c’è una richiesta di intervento o se è già in atto un intervento. Ed ancora questi soggetti non sanno quanti scienziati della medicina lavorano nella penombra delle università studiando la loro ricerca giorni, mesi, anni senza oneri ne onori.

Questi gestori della sanità, hanno in tale momento storico del nostro Paese, solo il problema di contrarre la spesa sanitaria (un tempo forse mal gestita). E tutti occupati anzi preoccupati nel ridurla non si accorgono di commettere errori che aumentano la spesa sanitaria stessa: la riduzione del personale e la scarsa qualità e quantità di mezzi che il sistema sanità garantisce oggi, produce risultati negativi (che nel caso dell’essere umano sono la morte o il deficit permanente o il persistere della malattia), con aumento delle della spesa per sostenere il costo delle patologie e (non meno importante) aumento delle denunce da parte dei pazienti. Peraltro proprio il sistema sanità doveva occuparsi del diffondersi di quest’ultimo fenomeno perverso e vergognoso (da un punto di vista sociale): la denuncia nei confronti del medico. Invece è ormai fuori controllo e si ritorce in termini di spesa proprio contro la sanità stessa. La crisi del sistema sanitario è responsabile per gran parte della crisi della figura del medico e delle capacità della medicina stessa agli occhi dei pazienti: sempre più spesso, le persone (i pazienti) si avvicinano con timore per i loro problemi di salute al medico ed alla sua medicina, poiché nella loro mente risuona l’eco di parole come “malasanità”, “errore medico”, “apertura di fascicolo giudiziario” nei confronti di ospedali e medici.

E’ esperienza comune dei medici ascoltare dai loro pazienti non tanto i sintomi della loro malattia, ma la diagnosi da loro stessi eseguita (magari con il contributo di una navigazione su internet), che vuole essere come un suggerimento dato al medico affinché questi non commetta errori; o ancora ogni medico si trova di fronte giornalmente pazienti in terapia da automedicazione, pratica questa che comporta una successiva difficoltà di proseguimento da parte del medico che dovrà così risolvere problemi legati al farmaco erroneamente assunto dal paziente ed alla patologia di base. Questa sfiducia nel medico comporta anche fatti più gravi: trovandosi in attesa in un Pronto Soccorso di qualunque struttura ospedaliera pubblica si potrà notare la presenza di una guardia armata all’entrata, il cui ruolo è di intervenire in caso di alterchi più importanti di quelli vocali, con tentativi di aggressione nei confronti dei medici o del personale ausiliario, che in quel momento stanno lavorando anche per quelle persone. Nelle corsie ospedaliere non troppo difficilmente si potranno ascoltare pazienti e loro parenti redarguire medici e personale ausiliario riguardo terapie, pratiche di medicazioni o eventi legati all’ igiene o alla permanenza del paziente in quella struttura. Questo continuo malcontento (fino anche alla violenza) esprime in pieno la perdita della fiducia nel medico e nella medicina e viene riversato infatti su medici e personale medico e non su chi ha veramente la responsabilità di tutto ciò: il sistema sanità e chi lo gestisce.

Ma nonostante tutto i medici (ed il personale ausiliario) sono dove li cerca il paziente: in ospedale, in pronto soccorso, in ambulatorio, al domicilio (guardia medica, medici del territorio, medici dell’ambulanza), per strada in soccorso e dove chiunque ha bisogno. Agli insulti ed agli improperi subiti durante lo svolgimento del loro lavoro reagiscono cercando dentro di loro la forza e la concentrazione per continuare in quel momento a garantire la vita o la salute proprio di quella persona. E questo si chiama dedizione, passione, “fuoco vivo” per la propria professione. E non è in crisi.
Il sistema sanità dovrebbe prioritariamente garantire al medico ed al personale sanitario strutture e mezzi (ed anche oneri) adeguati ad una medicina in continua evoluzione; non dovrebbe consentire (ma penalizzare) la divulgazione degli eventi sfortunati (che sono pochi ma risuonano tanto): piuttosto pubblicizzare grandi e piccoli risultati di buona salute, di “restituito ad integrum”, di eventi salvavita (che sono la maggior parte) che si ottengono in ogni luogo in cui viene esercitata la professione medica.

Quel medico di cinquanta anni fa, che mi ha permesso di essere il professionista che sono, come tutti gli altri che ho incontrato durante e dopo la mia preparazione professionale, restano ahimè nell’anonimato. Ma non abbiamo bisogno di pubblicità in senso stretto (con riferimenti anagrafici). Abbiamo bisogno di dire alla gente che noi siamo al nostro posto e che continuiamo a essere sentinelle e, se necessario, difensori della loro salute.

Dr.ssa Rosa Sciarpelletti
Pediatra di Famiglia ASL RMH4
Membro UNP (Unione Nazionale Pediatri) per il Comitato Permanente Aziendale per la Pediatria 


07 aprile 2015
© Riproduzione riservata

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