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Quella sentenza su clinica e assistenza limita lo sviluppo del Sistema sanitario

di Elsa Frogioni

17 MAG - Gentile direttore,
giudici del TAR del Lazio hanno sposato le tesi dei medici conservatori, perché affine al loro stesso sistema gerarchico di organizzazione del lavoro, una filosofia di attuazione di un ordinamento complesso come quello giudiziario, storicamente legato a modelli archetipi militari, immutati da migliaia di anni. Sulla stessa tipologia concettuale, per motivazioni storiche e culturali differenti, che ora non intendo approfondire, anche il nostro Servizio Sanitario Italiano si è sempre diviso funzionalmente secondo logiche aziendali gerarchiche, dove al vertice del processo curativo/assistenziale si è posta sempre una sola figura professionale il medico. Con lo sviluppo della conoscenza, la ricerca, la formazione universitaria e soprattutto dell’evoluzione sociale con il fenomeno della globalizzazione, anche l’Italia, nonostante le resistenze corporative delle professioni mediche che hanno consolidato substrati amministrativi/politici di potere, le competenze in tema di salute si sono estese a un numero di ventisette professioni sanitarie declinate all’interno di sei settori professionali.

Sono forse troppo numerose? Probabilmente, specialmente per alcune, si poteva scegliere un percorso differente, preferendo la specializzazione all’interno di una categoria, ma negli anni dal 1990/2000, i governi e i parlamentari non erano certo formati in maggioranza da infermieri! La maggioranza delle professioni rappresentate in parlamento in tutte le legislature, (chissà come mai?), sono proprio medici e avvocati!

Sorprende che proprio dalla categoria medica arrivino contestazioni al percorso di attuazione di quanto consolidato da oltre trent’anni nella prassi ordinaria di lavoro in sanità! Ogni giorno, insieme professionisti sanitari, medici, infermieri, tecnici, fisioterapisti, ecc., condividono con competenza e autonomia la medesima mission. Nella realtà non esiste ne potrà mai esserci alcuna separazione tra i professionisti sanitari e i medici. La confusione paventata da alcuni Medici e ora anche dai giudici del TAR del Lazio, assodato, esiste, ma solo nella sua eccezione positiva. La “confusione” di ruoli, di mangement clinico/assistenziale non è disordine è mescolanza, non è di contenuto e certo non comporta rischi di errori a danno dei cittadini ma qualità ed esiti positivi per i pazienti. Questa “pseudo confusione” è nella normale compenetrazione e sostanziale mancata demarcazione di confini dei saperi tra i differenti campi scientifici che rimangono comunque necessariamente complementari. Tutto questo configura ricchezza e possibilità per gli assistiti di avere accanto professionisti pensanti, collaboranti, capaci di integrarsi in un percorso condiviso, senza pregiudizi.

Desidero testimoniare, riguardo alle discriminazioni e vessazioni professionali subite a causa del mancato riconoscimento di autonomia dirigenziale, che in questi anni il decadimento del Sistema Sanitario italiano si è largamente contrastato per l’ingegnosa e generosa operosità degli infermieri e dei professionisti sanitari, che con sempre minori risorse, hanno realizzato progetti assistenziali/curativi di qualità, implementato e prodotte procedure e protocolli di best-practice e benché autori e attori di questi progetti, siano stati “oscurati” dalle “logiche dirigenziali mediche” che ne hanno reclamato e ottenuto i diritti e in alcuni casi anche benefici con incentivi economici. Ora, comprendo per i giudici la necessità di semplificare il concetto di garanzia e responsabilità nell’interesse dell’utente di servizi sanitari, ma la partita in sanità non è mai semplice, è un gioco di squadra e la qualità delle prestazioni di ciascun giocatore concorre al successo finale.

Nel 1854 Florence Nightingale un’infermiera, fu incaricata dal Ministro delle Forze Armate Britannico, di occuparsi con l’incarico di Dirigente amministrativo e assistenziale dell’Ospedale Militare Barrack di Scutari (Turchia), dove erano ricoverati i soldati feriti provenienti dal terribile fronte della guerra di Crimea e che qui morivano in maggioranza a causa d’infezioni e colera. L’Ospedale gestito dal più alto grado d’ufficiale Medico e altri ufficiali dell’esercito, non rese facile il lavoro di Florence e delle sue trentotto infermiere, ma presto i risultati conseguiti con la rilevante riduzione della mortalità, delle disabilità e salubrità ambientali condussero tutti i medici a collaborare seguendo le disposizioni da lei indicate. Nessuno di loro si pose il quesito di chi avesse dovuto avere il ruolo di dirigente clinico/assistenziale, perché questa dicotomia in sanità nella prassi non esiste e non dovrebbe esserci neanche nella “forma”, perché ciascun ruolo/competenza, dirige se stessa in autonomia e complementarietà di relazione.

Distribuire responsabilità di competenza e processo in sanità significa oggettivamente rendere sempre più garanti e consapevoli i professionisti di essere attori di sviluppo e miglioramento del sistema sanitario.
Identificare un unico asse portante del Sistema Sanitario nel ruolo del medico, significa svilire e rinunciare a una possibilità di coevoluzione di tutte le professioni sanitarie in Italia, ricordiamo inoltre, che restare ancorati a una struttura organizzativa rigida, concorre a perpetuare sistemi clientelari e di corruzione di cui purtroppo la sanità italiana non è indenne.

Dott.ssa Elsa Frogioni 
Infermiera

17 maggio 2015
© Riproduzione riservata

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