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Manovra sanità. Contrastare al più presto l'inappropriatezza della riabilitazione ospedaliera 

di G. Sirotti e M. Salina

03 AGO - Gentile Direttore,
siamo alle solite. Qualche giorno fa il Senato vota la fiducia al decreto Enti Locali, dando il via libera alla manovra in sanità, ed è subito polemica con la ridda delle molteplici posizioni intorno alla questione. C’è chi accusa il governo di voler nascondere, dietro il paravento di una razionalizzazione della spesa, il solito meccanismo dei tagli lineari e la revisione al ribasso dei LEA. C’è chi denuncia l’inizio dello smantellamento della sanità pubblica ma anche chi, invece, prova a dire che forse è arrivato il momento di  cambiare per davvero il nostro SSN.

Ma davvero qualcuno pensa che il nostro SSN non debba essere toccato da alcuna riforma e che si debba, semplicemente, continuare a rifinanziare i buchi (di assistenza prima ancora che di bilancio) che costantemente vengono prodotti?

Noi pensiamo invece che sia necessaria una profonda revisione del SSN e che il cambiamento sia necessario e non un’opzione; siamo convinti che, proprio per mantenere le caratteristiche di universalità, equità, accessibilità che rendono il nostro SSN uno dei migliori al mondo, si debba e si possa fare in fretta,  e gli strumenti del cambiamento sono a portata di mano. I Fisioterapisti si interrogano da tempo su questo e qualche risposta, specie al riguardo della riabilitazione, ce l’abbiamo.

Tra le misure previste per la sanità dal maxiemendamento, molta attenzione viene rivolta alla “stretta” prevista su esami, prestazioni di specialistica ambulatoriale e ricoveri riabilitativi; è anche annunciato in tempi brevi un decreto attuativo che dettaglierà i criteri di appropriatezza da applicare alla riabilitazione (prestazioni ambulatoriali e attività di ricovero in regime ospedaliero).

Ebbene, risale all’ottobre del 2013 un rapporto del Ministero della Salute in tema di verifica di appropriatezza ed efficacia dei ricoveri di riabilitazione ospedaliera. Tale rapporto attesta che in Italia nel 2012 su 5.702.774 giornate totali di ricovero di riabilitazione ospedaliera, ben 1.519.445 sono state valutate inappropriate clinicamente e nella durata (determinando una spesa molto prossima ai 400 milioni di euro!). Queste cifre da sole basterebbero a sostenere l’urgenza di procedere a ridefinire i criteri di appropriatezza delle prestazioni in riabilitazione, e non si comprende davvero come nella levata di scudi di fronte alla decisione del governo di procedere in tal senso non vengano colti questi aspetti.

Nel citato documento ministeriale altri dati molto interessanti attestano in maniera inequivocabile la necessità di “mettere ordine” in un campo che forse da troppo tempo non risponde con la dovuta attenzione ai mutati bisogni di salute delle persone, restando tenacemente ancorato a visioni e tradizioni professionali che non reggono più la sfida che i mutamenti demografici ed epidemiologici impongono.

L’operazione non è per nulla semplice e lineare, poiché richiede che in riabilitazione si cominci a pensare (da parte di tutti, nessuno escluso) che l’ospedale può e deve farsi carico del bisogno di salute del cittadino solo quando vi è una situazione di acuzie tale da richiedere una tutela clinica sulle ventiquattr’ore. In tutti gli altri casi, la risposta deve essere alternativa al setting ospedaliero. Solo attraverso il potenziamento dei servizi riabilitativi extra-ospedalieri in forte connessione con la rete delle cure primarie a regia territoriale sarà possibile invertire prassi e abitudini professionali che in modo inadeguato rispondono a malattie croniche o comunque a insorgenza non recente con modelli di presa in carico ospedaliera, e identificano ancora nel “ciclo” di prestazioni l’unica possibilità di intervento in ambito fisioterapico/riabilitativo.

Ma fino a quando un troppo debole sistema di cure territoriali obbligherà le persone a ricercare nell’ospedale l’unica risposta possibile, sarà difficile sostenere questa rivoluzione nonché gli auspicati principi di appropriatezza e governo delle risorse.

In quest’ottica le parole del Ministro Lorenzin, quando dichiara che obiettivo della razionalizzazione prevista deve essere il reinvestimento nel SSR,  potranno essere misurate con i fatti. Questo governo ha ora la possibilità di intervenire per davvero sugli sprechi e “incentivare trasformazioni  e innovazioni necessarie per garantire qualità e servizi ai nostri cittadini”.

In FVG è in atto l’applicazione della riforma sanitaria voluta dalla Presidente Debora Serracchiani che si sofferma su alcune direttrici che appaiono decisamente delle novità nel panorama della sanità italiana. Tra queste il ruolo delle professioni sanitarie, cui vanno riconosciute maggiori responsabilità ed autonomie, la fusione tra aziende ospedaliere e territoriali (la cui separazione aveva prodotto ricadute negative sulla continuità delle cure e su molti altri aspetti del sistema), il ruolo centrale dei medici di famiglia che devono riorganizzarsi in rete, per gruppi e dentro i distretti a fornire prestazioni su archi temporali continuativi, la maggior attenzione (e le maggiori risorse) alle malattie di lunga durata, riducendo la mole di risorse destinate alle fasi acute, spesso sovrabbondanti e duplicate.

Discende direttamente dalla LR 17/2014 di riordino del SSR del FVG oltreché dalle indicazioni ministeriali del 2011, la necessità di ridefinire il Piano Regionale della Riabilitazione (quello in vigore è del 2005), che non potrà che declinare con coerenza i principi affermati nella riforma.

Il tavolo di lavoro coordinato dall’Assessorato alla sanità, composto da vari professionisti, è alle prese con il difficile compito di scrivere un moderno paradigma per la riabilitazione. Partecipiamo ai lavori del tavolo convinti che sia necessario superare la visione proposta dal Piano di indirizzo per la riabilitazione del 2011, fortunatamente scarsamente applicato nelle varie Regioni.

Considerati i mutamenti demografici in atto e la necessità dei sistemi sanitari di trasformarsi in modo da poter rispondere efficacemente ai nuovi bisogni di salute e autonomia delle persone, proporre organizzazioni rigidamente improntate al modello dipartimentale ospedaliero con la riproposizione di altrettanto rigide relazioni gerarchiche tra professionisti, appare oggi ancor più inopportuno e anacronistico di quando, nel 2011, fu proposto.

Oggi, accanto alla risposta di degenza ospedaliera (che va limitata nel tempo e nello spazio alle situazioni acute ed immediatamente post-acute), serve una riabilitazione che faccia prevenzione, una riabilitazione di iniziativa, in grado di intercettare il bisogno prima ancora che venga espresso; servono percorsi di accompagnamento alle malattie croniche e neurodegenerative nei luoghi di vita delle persone, al fianco di tutti gli altri professionisti impegnati nei percorsi di prevenzione e cura della rete delle cure primarie. E’ necessario capire che è finito il tempo dei “cicli” in riabilitazione e bisogna invece cominciare a parlare di “appuntamenti funzionali” attraverso i quali condividere con le persone e i loro familiari strumenti e strategie utili alla gestione della malattia.

E’ sempre più necessario capire che il bisogno riabilitativo ha diversi “livelli” di complessità  e le risorse messe in campo in risposta a quel bisogno vanno raccordate con l’intensità espressa. Serve capire che non sempre è necessario declinare un “progetto riabilitativo individuale” per come è espresso dal piano di indirizzo ministeriale, così come spesso è sufficiente, poiché appropriato, l’intervento di un solo professionista.

Riteniamo che i cittadini del nostro Paese abbiano il diritto di ricevere le migliori cure possibili nei luoghi in cui vivono, lavorano, partecipano alla vita sociale. Allo stesso modo riteniamo che al Paese servano ospedali che facciano al meglio il mestiere che devono fare, cioè rispondere tempestivamente e con le migliori tecnologie al bisogno acuto e sub-acuto, restituendo nel più breve tempo possibile la persona alla sua casa e alla sua comunità.
Se quel che la legge di riforma del SSR del FVG promuove verrà davvero declinato nel nuovo Piano Regionale della Riabilitazione e poi davvero messo in campo, molte delle criticità attuali potranno essere adeguatamente affrontate e, perché no, contagiare positivamente altri territori.

Il che di certo non avverrà, se questa fondamentale svolta culturale verrà boicottata, osteggiata ad ogni passo e fatta oggetto di quegli interessi di parte che nulla hanno a che fare con i diritti dei cittadini.

Ogni tanto in questo Paese delle meraviglie è bene che ciascuno si assuma la responsabilità di dire dove sta.

Giorgio Sirotti
Presidente AIFI Friuli Venezia Giulia

Melania Salina
Vice-presidente AIFI Friuli Venezia Giulia


03 agosto 2015
© Riproduzione riservata

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