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Gli infermieri campani e il loro “peccato originale”

di Maurizio Lombardi

11 SET - Gentile direttore,
negli ultimi mesi sembra si sia sbloccato qualcosa per quanto concerne i concorsi per assunzioni di infermieri nel pubblico impiego in Campania. “Campania"; sembra essere un "peccato originale" essere nato in questa regione per molti infermieri, e giovani in generale. Ci laureiamo sapendo già di non poter lavorare nella nostra Terra e già dal primo anno di università si inizia a pensare dove fare o non fare concorsi al centro-nord oppure  negli ultimissimi tempi addirittura andare proprio all’estero.
 
Nonostante ciò la carenza di personale infermieristico è sempre sulla bocca di tutti, sempre fra le notizie di quotidiani regionali, e saltuariamente ricordato anche dall’informazione nazionale, che si tratti di Piemonte o della Calabria gli infermieri pare manchino sempre un po’ ovunque.
 
Ma torniamo alla Campania. Dopo le convulse vicende che hanno portato all’elezione di De Luca a presidente della regione pare che il tema sanità sia uno dei primissimi punti su cui ci si vuole impegnare, stabilizzando i precari, avviando poi le procedure a concorsi di mobilità e infine concorsi. Nulla da contestare al riguardo, purché si tratti di precari che sono entrati in sanità con avvisi pubblici o comunque presi da graduatorie pubbliche dove risultavano vincitori (saranno più o meno 15 anni e forse più che non si fa un concorso pubblico per infermieri in Campania) e che adesso si trovino nell’assurda situazione di rinnovamenti oltre i 36 mesi. Gira voce, e adesso anche carta, che si intenda stabilizzare anche il personale con contratti atipici, ossia il personale infermieristico che si trova a lavorare in ospedale tramite le tanto chiacchierate cooperative, con contratti atipici.
 
Addirittura sono pervenute e girano oramai anche sul web richieste di alcuni sindacati di stabilizzare queste figure assunte con tale metodo. Allora io ci metto la faccia e vi dico che senza voler generalizzare, la maggior parte di questi colleghi sono entrati in ospedale con queste cooperative grazie all’aiuto di qualche professore o politico locale, contratti di lavoro quali co.co.co e co.co.pro. ricercati come l’oro, come se si trattasse di posti indeterminati, per poi essere comunque trattati come tappabuchi e il tutto in un’evidentissima aria di ricattabilità.  
 
Ho conseguito la laurea in Campania, e sono fierissimo di essere campano "alla doppia” (Padre sannita e Madre partenopea), conosco la realtà odierna e ho lavorato anche io per circa un anno e mezzo con cooperative e con questi tipi di contratto senza mai finire però in ospedali pubblici, ma nei posti ahimè più disagiati come Lotto 0 di Ponticelli o Parco Verde di Caivano. Nulla contro questi posti che mi hanno invece dato tanto, per quanto concerne la mia crescita professionale.
 
Vi parlo del 2010 anno, in cui ho conseguito la mia laurea in Infermieristica, per queste realtà non c’era alcuna calca alcuna fila di colleghi che fremevano per questi "posti", se così vogliamo chiamarli (50-70 euro per 12 ore di 118 con alcun tipo di contratto; bensì regime di volontariato e rimborso spese, senza essere assicurati). Si sapeva invece che veniva data la possibilità a "qualcuno" che si era laureato presso altre sedi soprattutto quelle ubicate nel comune del Capoluogo campano, e in generale negli altri capoluoghi di provincia di ricevere questi contratti atipici tramite cooperative e ritrovarsi a lavorare dopo alcuni giorni dalla laurea e dall’iscrizione all’ipasvi, magari all’interno del Policlinico.
 
Queste non sono frottole anzi è verità confermata dal fatto che questi colleghi sono talmente tanti o sono talmente “ammanigliati" da poter chiedere ad un sindacato di rappresentarli e di fare richieste a mio avviso assurde. Qui si parla di educazione civica, di legalità. Qui parliamo di tanti ragazzi che come me sono dovuti emigrare per cercare questo ricercatissimo posto indeterminato nel pubblico, dopo il superamento di concorsi pubblici suddivisi in 3-4 fasi (significa spesso 3-4 viaggi al nord senza alcuna certezza) .
 
Concorsi pubblici tenutisi tutti, e dico tutti, al centro-nord, non siamo emigrati per il gusto di farlo e non avevamo soldi in più da spendere fra viaggi e affitti, ma sapevamo solo che la legge e la situazione attuale della nostra regione, la Campania, non ci permetteva di poter nemmeno tentare di occupare posti pubblici, dato il piano di rientro che non permetteva l’espletamento di alcun concorso pubblico e alcun avviso pubblico.
 
Così la soluzione legale, senza alcuna certezza di riuscire nell’intento era, ed è tutt’oggi, quella di vincere un concorso fuori regione per poi farvi ritorno una volta che questa abbia sanato i suoi dissesti e inizi a bandire mobilità, avvisi e concorsi. Questa, documentabile con i dati e con la provenienza anagrafica della stragrande maggioranza di tutti gli infermieri del centro-nord, è stata la decisione presa dalla maggior parte dei miei colleghi laureatasi in Campania e nel resto del meridione in generale nel corso dell’ultimo decennio. Un’altra piccola parte invece è riuscita a trovare, sudando in egual modo,  un degno posto di lavoro anche in qualche struttura privata o convenzionata, laboratori, centri di dialisi ecc..
 
Cioè insomma, ancora una volta mentre si parla di voler cambiare, di voler scegliere la strada giusta, di volersi scrollare di dosso tutte le infelici etichettature e un buon numero di luoghi comuni; stiamo invece dando ragione a chi ha deciso di rimanere ascoltando i consigli del “raccomandatore” di turno, professore, politico, direttore chicchessia. Fuori dalla Campania c’è la stragrande maggioranza della qualità di questa regione, ed è così anche per il personale infermieristico. Le università Campane hanno formato questi infermieri che spesso sono emigrati per vincere un posto pubblico in città lontane, soffrendo la lontananza da tutto ciò che è la terra natia, hanno lottato più di altri per farsi apprezzare per ricevere elogi e complimenti, si sono continuati a formare e a perfezionare con master, lauree di II° livello e dottorati.
 
Noi dobbiamo tornare e lo faremo con tutti i mezzi “legali” a nostra disposizione. Abbiamo il diritto e poi il dovere di riportare la sanità campana a livelli assistenziali di qualità così come facciamo anche fuori regione insieme a tutti i nostri colleghi meridionali.
 
Torneremo per pagare le tasse in Campania. Torneremo per fare la spesa in Campania. Torneremo perché i nostri figli nascano e crescano in Campania e parlino si l’italiano, ma senza mai disconoscere o dimenticare il proprio dialetto frutto della Storia tramandato da generazioni. Torneremo per poter valorizzare questa regione con il nostro contributo. Torneremo per poterci dedicare ai nostri hobby nella nostra terra. Torneremo per concederci un ottimo caffè o un’ottima mozzarella o un ottimo bicchiere di vino o un’ottima sfogliatella nel dopolavoro. Torneremo per poter stare vicino alle nostre famiglie senza doverle disgregare. Torneremo per fare la nostra parte nella storia. Torneremo.
 
Invito i miei colleghi a scrivere, scrivere e scrivere le vostre esperienze del genere, perché non si può sempre stare zitti e osservare, perché non posso credere che in Campania e in Italia in generale si possa agire in questo modo senza che nessun organo di vigilanza, senza che nessun politico si schieri dalla parte del giusto, facendo si invece che venga sempre alimentata e fatta vincere la corruzione, il malaffare e l’ignoranza.    Spero vivamente che le cose non vadano, ancora una volta, a finire così perché per molti significherebbe un’ennesima sconfitta dello Stato, un’ennesima sconfitta della giustizia, un’ennesima latitanza di regole e leggi.
 
Maurizio Lombardi
Infermiere

11 settembre 2015
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