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I medici e l’appropriatezza. Non si risolve tutto con le linee guida

di Raffaele Calabrň

23 OTT - Gentile direttore,
l’agitazione promossa dalla Federazione degli ordini dei medici e degli odontoiatri (Fnomceo) che ha visto un’adesione massiccia delle sigle sindacali era prevedibile. Dobbiamo ammettere che c’è poco da stare tranquilli, alla luce delle risorse messe a disposizione del fondo sanitario, del percorso accidentato sul decreto appropriatezza e della tendenza a mitizzare il ruolo delle linee guida nella legge sulla responsabilità professionale, ormai in via di chiusura. Occorre trovare la quadra.

Già il finanziamento del servizio sanitario che alla fine porterà a un miliardo in più dello scorso anno, ma a due in meno rispetto a quelli attesi, nonostante il Ministro Lorenzin si sia battuta in un energico braccio di ferro con il Mef, rispolvera il timore mai sopito che sarà sempre più difficoltoso garantire cure di qualità e che, senza dircelo, stiamo cambiando il volto del nostro welfare. A risorse invariate, è quindi urgente ricorrere ai ripari.

La necessità di una politica dell’appropriatezza da troppi anni attende una risposta e ben venga che oggi si stia finalmente prendendo di petto una fonte di spreco che grava pesantemente sulle casse del servizio sanitario. Tuttavia, sebbene si registri un elevato tasso di inappropriatezza prescrittiva  soprattutto nell’ambito delle 208 prestazioni “segnalate” dal decreto, sarà necessario, così come è stato annunciato,  un ragionamento più organico su tipologia, modi e tempi delle prestazioni a seconda della patologia e/o età anagrafica del paziente, coinvolgendo le Società scientifiche. Probabilmente il mondo medico si sentirà così più partecipe e meno “mero controllore” di una lista di esami messi al bando.

La sensazione di disagio che vive oggi il medico è dettata proprio dalla paura di essere ingabbiato in schemi troppo rigidi che mal si conciliano con  esperienza, professionalità e con il concetto di alleanza terapeutica.

Ecco perché ritengo indispensabile che nella legge sulla responsabilità professionale, troppo incentrata su linee guida  si sottolinei con particolare rilievo il ruolo e l’importanza delle buone pratiche. Non sempre basta seguire pedissequamente una linea guida, che tra l’altro sono innumerevoli e non sempre concordi, per capire qual è la cura migliore per un paziente.  Inoltre, le linee guida sono il risultato di una metanalisi su come comportarsi su una determinata patologia, ma il medico ha di fronte a sé non una malattia, bensì un malato; un uomo con le sue caratteristiche biologiche, culturali, familiari e sociali che ne fanno un unicum e che debbono tutte guidare la scelta del medico.
E’ svilente pensare di poter ridurre la soluzione alla malattia di un uomo, attenendosi diligentemente  ad una raccomandazione: la medicina è qualcosa di molto più complesso.
 
Raffaele Calabrò
Capogruppo AP
Commissione Affari Sociali Camera dei Deputati

23 ottobre 2015
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