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Gestione del rischio sanitario agli infermieri? Sono altri i problemi della categoria

di Marcello Bozzi

23 GEN - Gentile direttore,
una testata giornalistica on-line di settore (nurse 24) riporta:  “Ha creato scompiglio, e non solo nel personale sanitario del comparto, una affermazione rilasciata dall’On. Gelli in un’intervista rilasciata come relatore del disegno di legge sulla responsabilità professionale in ambito sanitario di prossimo arrivo alla Camera“. A dichiararlo la senatrice Annalisa Silvestro (Pd), infermiera ed ex-Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi Ipasvi.
 
Silvestro riferisce che nell’intervista a Gelli si dichiarava che “(…) è chiaro però che il risk manager dev’essere una figura professionale medica e in grado di avere una visione d’insieme delle problematiche e della catena organizzativa dell’intero assetto“. L’affermazione veniva così commentata dall’intervistatrice: “(…) Tradotto: infermieri, sociologi o psicologi restano fuori“. Per questo la senatrice del Partito Democratico, stesso movimento di Gelli, ha contattato a tal proposito immantinente il deputato che avrebbe manifestato la disponibilità all’ascolto e al confronto. “La conclusione che vi comunico, è che lui stesso presenterà durante il dibattito in aula, un emendamento affinchè l’attività di gestione del rischio sanitario sia coordinata oltre che dal personale medico anche da personale sanitario con adeguata formazione inerente la prevenzione e gestione del rischio sanitario e con comprovata esperienza almeno triennale nel settore”, conclude Silvestro.
 
Potrebbe essere utile sapere il progetto politico del Pd (e delle altre forze politiche, anche per “comparazione”), escludendo i pensieri individuali, evidentemente limitativi e/o fuorvianti, relativamente alle problematiche che riguardano i nuovi bisogni di salute della popolazione e lo sviluppo dell'infermieristica e degli infermieri. Anche la Senatrice Silvestro potrebbe trovare giovamento da una precisa linea politica di riferimento (che dovrebbe essere di Lei figlia, almeno per quanto concerne la parte professionale, per il suo sapere passato e presente). Quale sia il pensiero politico del PD (nel caso specifico) e delle altre forze politiche (in genere), al momento non è dato a sapere (ed è indubbio che pensieri diversi all'interno dello stesso partito politico evidenziano confusione e l'assenza di un progetto).

Non credo che per gli oltre 450.000 infermieri “di trincea”, sapere di un autorevole intervento senatoriale per definire la possibilità anche per gli infermieri di accedere a posizioni di coordinamento di strutture che si occupano di “rischio clinico”, sia di grande gratificazione, soddisfazione e motivazione.
I fatti evidenziano che un numero crescente di infermieri, in possesso dei titoli necessari, grazie a persone illuminate e lungimiranti (poche), stanno ricoprendo incarichi importanti di direzione di strutture complesse e di direzione generale di servizi, strutture e aziende, con eccellenti risultati.
 
I problemi veri sono altri:

• le dotazioni organiche risultano inadeguate per garantire il funzionamento dei servizi e la continuità delle cure e dell'assistenza (criteri in troppi casi “jurassici”, troppo lontani dai nuovi bisogni delle persone e dalle reali necessità per il corretto funzionamento dei servizi assistenziali);

• la disoccupazione/inoccupazione infermieristica, con importanti emigrazioni verso altri Paesi e conseguente perdita di know-how (disoccupazione legata non a miglioramenti delle condizioni di salute delle persone ma al peggioramento delle condizioni economiche del Paese e all'assenza di una progettualità degna di questo nome. Vale la pena di ricordare che le norme Brunetta, Monti e Balduzzi esprimevano precisi indirizzi, rimasti inapplicati o applicati solo parzialmente, per la strenua difesa di campanili e poltrone. Confido nell'applicazione rigorosa del decreto 70 …. con la speranza che la storia passata abbia insegnato a sufficienza!);

• la situazione demografica che evidenzia un aumento della vita media e un aumento di cronicità, disabilità e fragilità, con una nuova e diversa domanda di salute (si è passati dal concetto di “disabilità” al concetto di “persone con limitazioni funzionali” che rappresentano circa 3,2 mln di persone, di cui il 78% costituito da anziani);

• la situazione epidemiologica che, altre all'aumento delle patologie cronico-degenerative sopra citate (in termini di complessità e di numerosità), evidenzia un aumento delle patologie neoplastiche (175.966 decessi per tumore – dati istat 2014, con trend in aumento rispetto alle precedenti rilevazioni, 223.110 decessi per problematiche all'apparato cardio-circolatorio, 40.559 decessi per problematiche all'apparato respiratorio, 39.227 decessi, in aumento rispetto alle precedenti rilevazioni, per problematiche legate all'apparato nervoso);

• le necessità di infermieri per garantire la presa in carico dei pazienti di cui sopra e l'adeguatezza della risposta ai bisogni di salute degli stessi (in letteratura troviamo studi che riportano a. un infermiere ogni 5.000 abitanti, con una necessità di 12.000 infermieri – b. criteri differenziati per le 228.660 persone ricomprese nella fascia di età da 65 a 74 aa e per le 420.000 persone con una età maggiore di 75 aa, con una ipotesi di necessità di 22.000 infermieri – c) l'assistenza nella palliazione, da integrare al precedente punto b., con una necessità di presa in carico di circa 14.000 pazienti/mese e una conseguente necessità, stante un rapporto consigliato di 1/3, di 5.000 infermieri);

• la necessità, stante le riorganizzazioni del sistema delle cure primarie (attivazione delle UCCP e AFT), di istituire “l'infermiere di famiglia”, così come raccomandato dall'OMS e specificato nel PSN, con la previsione delle risorse infermieristiche necessarie (con la contestuale riorganizzazione dell'intero sistema delle cure primarie, con nuove regole dei convenzionamenti, dei massimali, dei livelli di intervento, delle collaborazioni, con chiara definizione dei ruoli e delle responsabilità del personale convenzionato e del personale del SSN/R);

• l'aumento dell'età pensionabile – siamo passati dalle leggi del passato che consentivano il pensionamento con 19 anni, 6 mesi e 1 giorno di lavoro (una infermiera si poteva pensionare all'età di 37-38 anni) al pensionamento a 65/67 anni. É necessario valutare le condizioni psico-fisiche di una persona e capire le reali possibilità e capacità della stessa a stare, nell'ultimo decennio di vita professionale, in una struttura che eroga servizi H24, ad alta complessità clinico-assistenziale. É necessario anche analizzare i dati (grezzi) riguardanti i futuri pensionamenti che potrebbero interessare 12.000 infermieri nel periodo 2016-2020, 28.000 infermieri nel periodo 2021-2026, 46.000 infermieri nel periodo 2027-2031, con l'assoluta necessità di una adeguata programmazione della numerosità degli studenti ammissibili ai Corsi di Laurea, tenuto conto sia delle necessità per il sistema, sia della durata dei percorsi formativi (ad evitare errori del passato che hanno avuto, come conseguenza, il ricorso obbligato ad infermieri provenienti da altri Paesi, con livelli formativi a volte significativamente diversi, con risultati ben noti);

• un riconoscimento di status e ruolo per ogni livello della filiera professionale, nel rispetto dei principi fissati dalle normative che regolamentano e disciplinano la professione infermieristica e dei vigenti Codici Deontologici (infermieri, medici, etc.) e il rispetto della dignità professionale e personale di ognuno;

• l'assoluta necessità di definire i livelli di collaborazione, relazione, interazione, integrazione, nonché ruoli e responsabilità per ogni livello delle articolazioni organizzative, richiamati e raccomandati dalle normative che regolamentano e disciplinano il funzionamento e le attività delle professioni sanitarie e dai vigenti CC.CC.NN.LL., mai attuati;

• la necessità di “rigenerare” quella motivazione e quell'entusiasmo che hanno consentito a tanti infermieri di sognare e a tanti malati di stringere una mano e di dire “grazie”.

La storia e le radici del Pd sono note ed è auspicabile un progetto vero per una diversa risposta ai bisogni di salute della gente e un diverso riconoscimento di status e ruolo degli infermieri, dalla prima linea alla dirigenza. Fino ad oggi sono stati realizzati solo tagli lineari funzionali al raggiungimento di un obiettivo economico finanziario (che potrebbe “saltare” domani, conseguenza diretta di costi significativamente diversi per i servizi non dati oggi), prevalentemente realizzati sulle “teste” di infermieri e operatori di supporto.
 
La Senatrice Silvestro (che infermiera è) potrebbe e dovrebbe guidare una linea di pensiero all'interno del Pd, con un impegno rigoroso ed esclusivo, per nuovi progetti e per un sistema sanitario e assistenziale diverso, funzionale ai bisogni della gente e allo sviluppo degli infermieri e dell'infermieristica (non per una questione “lobbystica” ma per specificità di saperi e caratterizzazioni professionali), anche a dimostrazione della bontà della scelta fatta dallo stesso Pd (nominata e non eletta), per una eventuale continuità di pensieri e progetti.
 
Marcello Bozzi
Infermiere - Pescara 

23 gennaio 2016
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