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Specializzandi “non medici”. Le università mettono a rischio il loro futuro occupazionale

di Francesco Corrente

04 APR - Gentile direttore,
la Legge dello Stato è l’arma tramite cui il cittadino italiano può far valere i propri diritti. In Italia, questo meccanismo diventa perverso nel momento in cui si vuole risolvere un’annosa illegalità, perpetrata dalle istituzioni, abrogando la legge che la rende tale. Questa aberrazione nel meccanismo legislativo sta per essere messa in atto ai danni di migliaia di laureati e nei confronti di numerose categorie professionali, attraverso quanto richiesto dalla Conferenza dei Rettori nella Mozione approvata dall’Assemblea della CRUI il 17 marzo 2016 (LEGGI DOCUMENTO). L’obiettivo di questo intervento, denunciato più volte dalla nostra associazione, è il noto art. 8 della legge 401/2000. La divulgazione dello stesso è stata arginata dalle istituzioni per ben 16 anni e volutamente mal interpretata dalle rappresentanze e sindacati dei medici.
 
Di seguito il testo di legge: “Il numero di laureati appartenenti alle categorie dei veterinari, odontoiatri, farmacisti, biologi, chimici, fisici, psicologi iscrivibili alle scuole di specializzazione post-laurea è determinato ogni tre anni secondo le medesime modalità previste per i medici dall’articolo 35 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, ferma restando la rilevazione annuale del fabbisogno anche ai fini della ripartizione annuale delle borse di studio nell’ambito delle risorse già previste”
 
La legge sopra enunciata non solo sancisce l’accesso alle scuole di specializzazione alle categorie di laureati elencate – come già previsto dal D.L. 502/1992 – ma dispone anche la determinazione del fabbisogno delle stesse a livello nazionale e la copertura finanziaria con risorse già previste per i contratti di formazione dei medici(interpretazione confermata dal MEF, tramite il documento del Ministero della Salute DGPROF 0017130-P-30/03/2015).
 
Nonostante la Conferenza Stato-Regioni, con il documento stilato il 7 maggio 2015, abbia assolto a quanto previsto dall’art. 8 della legge 401/2000, determinando il fabbisogno annuale degli specialisti “non medici” per il triennio 2014-2017,”nonché il numero dei relativi contratti di formazione” (LEGGI DOCUMENTO), la Conferenza dei Rettori (CRUI) scrive nella Mozione suddetta quanto segue: “La CRUI ritiene necessario richiedere al Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, di procedere, nelle more di un più complessivo riordino della materia in un mutato quadro di risorse economiche, a conseguire l’immediata l’abrogazione dell’art. 8, comma 1, della Legge n. 401/2000, con ciò rimuovendo le cause che sono alla base del blocco dei bandi di formazione specialistica per i laureati magistrali non medici che ne hanno inalienabile diritto, e consentendo l’immediata promulgazione dei bandi stessi, anche superando la determinazione dei fabbisogni formativi prevista dalla medesima norma”.
 
La proposta della CRUI è, dunque, palesemente in disaccordo con quanto già stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni ed appare in assoluta controtendenza con l’attuale politica di occupazione giovanile. Infatti, l’annullamento della determinazione dei fabbisogni nazionali delle figure professionali sanitarie produrrebbe specialisti in sovrannumero, in contrasto con le reali necessità del S.S.N. e difficilmente occupabili. L’aumento del tasso di disoccupazione, già piuttosto elevato, determinerebbe inequivocabilmente la dequalificazione della figura dello specialista, il quale, di conseguenza, perderebbe competitività sul piano lavorativo.
 
Dunque, l’abrogazione dei fabbisogni relativi all’art. 8 non può che essere lesiva nei confronti delle suddette categorie e finalizzata, piuttosto, all’acquisizione di ulteriore manovalanza gratuita che vada a colmare i vuoti di organico nelle strutture ospedaliere pubbliche e private.
 
Qualora il provvedimento proposto dalla CRUI fosse messo in atto, l’evidente discriminazione dello status economico tra specializzandi medici e non medici, non solo verrebbe perpetuata ma sarebbe legalizzata, vanificando qualsiasi azione per l’ottenimento del giusto riconoscimento. La possibilità di accedere ad una scuola di specializzazione continuerebbe ad essere dipendente dalle risorse economiche della famiglia del laureato e non un diritto di tutti.
 
L’applicazione dell’art. 8, con la conseguente rilevazione del fabbisogno e la ripartizione delle risorse è, dunque, l’unica strada percorribile per tutelare il laureato magistrale durante gli anni di formazione specialistica, estinguendo qualsiasi tipo di discriminazione.
 
Per questo esortiamo tutte le istituzioni e le rappresentanze delle categorie interessate a intervenire con sollecitudine, affinché quanto ad oggi previsto dalla legge italiana possa essere finalmente messo in atto, salvaguardando l’art. 8 della legge 401/2000 da interventi abrogativi o modificativi in peius.
 
Francesco Corrente
Presidente Coordinamento italiano specializzandi di area sanitaria

04 aprile 2016
© Riproduzione riservata

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