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Osteopati. Dal ‘primo Manifesto’ sulla professione nessuna autoreferenzialità

di Luigi Ciullo

10 MAG - Gentile direttore,
mi permetto di esprimere condivisione per il titolo della lettera indicato il 29 aprile u.s. in riferimento al "primo manifesto" dei principi base della professione di osteopata. Trattasi in semplice sostanza della proposta di un'Associazione professionale, a cui certamente altre ne seguiranno nell'ambito di una discussione aperta e partecipata.

Il documento può essere positivamente letto anche come l'evoluzione dell'orientamento della stessa associazione in favore della regolamentazione sanitaria dell'osteopatia, anziché di una sua auto-regolamentazione nel settore del benessere (ex lege 4/2013). 

Pare ovvio che i contenuti dello stesso documento non possano essere considerati esaustivi, né tanto meno definitivi rispetto agli effetti dell'eventuale riconoscimento professionale, essendo stato l'emendamento per la regolamentazione dell'osteopatia approvato in Commissione ma non ancora discusso e votato in sede parlamentare, né reso attuabile con appositi decreti. 

Grazie anche al titolo della lettera, questo concetto appare assolutamente chiaro.

Potremmo dibattere circa l'opportunità deontologica della divulgazione del documento e sui toni forse troppo perentori dello stesso. Possiamo comprendere le conseguenti perplessità manifestate da rappresentanti di altre professioni. Ma non credo che si possa imputare alla medesima iniziativa l'intento di prevaricare o imporre la propria visione autoreferenziale, svelando addirittura presunte connivenze con alcuni parlamentari. Affermazione grave, quest'ultima, che non deve gettare l'ombra del sospetto sulla regolamentazione dell'osteopatia e della chiropratica, vista la sua marchiana infondatezza.

Al riguardo, giova alla trasparenza e alla correttezza testimoniare che i lavori del Comitato Europeo di Normazione "per l'armonizzazione europea della professione di osteopata", da cui il manifesto ha preso spunto,  sono stati realizzati per l'Italia da vari soggetti in sede pubblica e con il costante riferimento al Ministero della Salute. Ovvero, non solo gli autonomi estensori del manifesto hanno lavorato alla norma europea CEN ma, come nel nostro caso, vi hanno preso parte realtà che possono dimostrare il controllo terzo da parte di Istituzioni nazionali nel campo dell' Istruzione e della Sanità. Realtà non certo conniventi con gli eletti, ma con pari dignità tra esse e diversi requisiti ai fini della cooperazione istituzionale.
Si confuta così, nella fattispecie, anche l'accusa generalizzata di autoreferenzialità.

A ulteriore contributo al dibattito sul tema, rendo noto il Disciplinare della professione di Osteopata come da noi tradotto e utilizzato con finalità pedagogiche dal 2013. 

Si attesta in tal modo l'ampia pluralità del lavoro per il riconoscimento dell'osteopatia in Italia, e l'universalità della qualifica di osteopata come professione autonoma. Dopo un "primo manifesto", ecco quindi un ulteriore spunto di riflessione sulle potenzialità della nuova professione anche nel nostro Paese. 
Col dovuto rispetto per le leggi vigenti, per l'attività legislativa e per le diverse sensibilità. Ovvero, a sostegno del miglior profilo professionale degli osteopati e a vantaggio ultimo della sanità italiana. 
 
Luigi Ciullo
D.G. Istituto Europeo per la Medicina Osteopatica

10 maggio 2016
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