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Osteopati al bivio

di Francesco Manti

23 MAG - Gentile direttore,
la Formazione Osteopatica in Italia, è una realtà da sempre complessa a causa del vuoto legislativo odierno. Nel corso degli anni sono sorte molte scuole, e lo Stato Italiano ha preferito chiudere entrambi gli occhi dinanzi ai rischi che tale vuoto generava. Alcuni formatori in Osteopatia però, coraggiosamente hanno deciso di lavorare e strutturare i propri corsi, come le normali università europee, adeguandosi alle 4.200 ore di studio previste dall’OMS ed uniformandosi alle sue linee guida, in modo da garantire agli studenti un piano formativo serio, ed ai cittadini una garanzia di serietà e di professionalità.
 
Non tutti gli osteopati purtroppo hanno lo stesso desiderio di assurgere l’Osteopatia ad una professione di dignità pari alle altre, e questo è stato da sempre un nostro problema, ma non solo il nostro. Manie di protagonismo hanno impedito nel corso dei decenni di unire le forze per l’unico obiettivo, ossia quello di far capire a chi di dovere, il principio scientifico dell’Osteopatia riconosciuto in tutto il mondo, facendo sì che i benefici di tale disciplina non fossero conosciuti e apprezzati nella giusta maniera dai cittadini italiani.
 
Nel 2013 c’è stata una svolta, almeno dal punto di vista normativo. L’approvazione della legge 4/2013, ha permesso a tutte le professioni non riconosciute in ordini e collegi di unirsi in Associazione, per meglio tutelare la professione ed i diritti del consumatore.
 
Tra le prime associazioni fondate ai sensi di tale legge, figura l’Associazione Nazionale Professionisti Osteopati, la quale si è posta l’obiettivo di raccogliere gli osteopati che si pongono seriamente gli obiettivi sopra elencati, certificando e vagliando la formazione e l’aggiornamento dei propri iscritti.
 
L’approvazione in sede di commissione sanità del Senato, del DDL 1324 sul riordino delle professioni sanitarie, ha scatenato molte reazioni contrastanti.
Non commenteremo le affermazioni di chi, sapendo di mentire, non riconosce quello che in moltissimi paesi del mondo, a cominciare dall’OMS riconosce, ossia il principio scientifico dell’Osteopatia, ma crediamo sia prematuro parlare oggi di quel che non esiste.
 
Esiste certamente un emendamento approvato dalla commissione suddetta, il quale verrà messo a votazione del Senato forse nelle prossime settimane, che assurge l’Osteopatia a professione sanitaria, e questo, soprattutto a livello morale, non può che farci piacere, poiché da formatori in osteopatia quali siamo da più di 10 anni, di fatto è la prima volta che un organo pubblico italiano riconosce tale sacrosanto principio.
 
Però al momento è un nulla. Se tutto dovesse rimane così come in questo momento, l’aspirante osteopata continuerebbe a formarsi presso Accademie private in Osteopatia , e ad esercitare legalmente la propria professione iscrivendosi ad un’Associazione di categoria costituita ai sensi della legge 4/13: stesso discorso varrebbe se tale emendamento dovesse divenire legge, e se, come è già successo per i chiropratici, prima la Conferenza Stato-Regioni e poi il Ministero della Salute, non dovessero decretare entro sei mesi il nuovo percorso universitario, con la differenza del riconoscimento morale di “professione sanitaria” senza percorso di studi riconosciuto.
 
Come invece noi auspichiamo, confidiamo che il legislatore finalmente legiferi e normi questo stato di far west, in maniera che vengano riconosciuti senza troppi burocratismi i titoli pregressi, ascoltate tutte le Associazioni Professionali di categoria e le Scuole di Osteopatia, e il cittadino possa una volta per tutte usufruire con serenità dei servigi dell’Osteopatia quale medicina complementare che già contribuisce tutt’oggi al benessere psicofisico ed economico del nostro paese.
 
prof. Francesco Manti
Presidente A.M.O.S (Accademia Medicina Osteopatica Superiore)

23 maggio 2016
© Riproduzione riservata

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