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Pa. Contratto subito per tutti i dipendenti e non solo per i redditi più bassi

di Giuseppe Carbone (Fials)

03 GIU - Gentile direttore,
nel presentare il nuovo decreto sull’accesso agli atti e la trasparenza, la Ministra Madia è tornata nuovamente sulla questione dei rinnovi contrattuali e ha ribadito che l’intenzione è quella di dare l’aumento contrattuale della parte tabellare dello stipendio solo ai redditi più bassi e quindi non a tutti i dipendenti e i soldi sulla produttività non a tutti escludendo il 25% dei dipendenti per ogni amministrazione.

Le proposte sono inaccettabili per molti motivi. Come si può pensare che dopo sei anni di blocco dei rinnovi contrattuali i lavoratori accettino regole così ingiuste e penalizzanti?
Chi dovrebbe decidere quali siano i redditi più bassi e chi dovrebbe valutare i più meritevoli?

Tra l’altro un rinnovo selettivo sarebbe in contrasto almeno con un paio di articoli della Costituzione, senza contare che creerebbe una clima tesissimo all’interno delle amministrazioni.  Forse è opportuno riassumere i fatti perché evidentemente qualcuno si è perso qualche pezzo per strada. 
L’ultimo accordo è scaduto nel 2010  e da allora non è stato più adeguato ad opera del blocco del decreto Tremonti che doveva durare un triennio. Due leggi di stabilità hanno prorogato il blocco anche per il 2014 e il 2105.

Fino ad arrivare alla sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 23 luglio 2015  che ha dichiarato l’illegittimità del blocco evitando però al MEF  la temuta grana dei rimborsi relativi agli anni in cui le retribuzioni sono rimaste ferme.

Ora, già il contenuto della sentenza è completamente opposto a quella di due mesi prima sulla reindicizzazione delle pensioni, ma almeno fosse servita a qualcosa. Dopo 10 mesi non è stato attivato alcun tavolo e l’unico passo avanti è l’accordo quadro sui comparti (solo la preintesa, tra l’altro) che doveva essere già fatto da cinque anni. 

I rinnovi contrattuali devono decorrere dal luglio 2015,  altrimenti verrebbe eluso il dispositivo della sentenza della Corte e se esistesse il giudizio di ottemperanza anche sulle pronunce della Consulta lo avremmo già attivato.

Il Governo ha in ogni caso la responsabilità politica del ritardo e della scarsità delle risorse da mettere sui rinnovi. A tale proposito, nemmeno è stato abbozzato il DPCM  previsto dal comma 469 della legge di stabilità per il 2016 per le risorse contrattuali delle amministrazioni non statali che doveva essere adottato entro il 30 gennaio scorso.

 A proposito di risorse, nemmeno è stato chiarito se il finanziamento dei rinnovi contrattuali deve rientrare nei 111 miliardi del fondo nazionale o se ci saranno stanziamenti extra come per i nuovi LEA e i farmaci innovativi. 

Le inadempienze del Governo sono una dietro l’altra e la proposta-beffa di rinnovi contrattuali solo ai più “meritevoli”  appare una vera e propria provocazione. E gli esponenti del Governo non perdono occasione per citare i casi dei furbetti del cartellino, quasi a creare una alibi per non rinnovare i contratti.

Nessun vuole negare che il fenomeno dell’assenteismo  esiste ma riguarda una percentuale infinitesimale dei 3.200.000 dipendenti pubblici e portarlo sempre ad esempio è una offesa per la stragrande maggioranza dei lavoratori che lavora bene, fa il proprio dovere  e ha stipendi fermi da sei anni.  Hanno fatto un decreto apposta, lo applichino. Senza dimenticare che  in moltissimi casi  la vera responsabilità è dei dirigenti che hanno stipendi tre o quattro volte superiori ai “furbetti”.

Il pubblico impiego ha perso in questi anni un enorme potere di acquisto e ha ormai assunto il ruolo di bancomat del Governo. La situazione è a questo punto ai limiti della sopportazione e i contratti collettivi devono essere rinnovati subito,  per tutti indistintamente e con le regole  di sempre.
 
Giuseppe Carbone
Segretario generale Fials (Federazione italiana autonomie locali e sanità)

03 giugno 2016
© Riproduzione riservata

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