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Se al tavolo ministeriale sugli infermieri a mancare è proprio la loro voce

di P.Caramello, L.Sinibaldi, L.Cocco, A. Di Martino, G.Del Poeta, A.Alfredo Stirio, M.Brajer, L.Morandi, M.Gostinelli

13 LUG - Gentile direttore,
scriviamo a voi perché vi sentiamo disponibili ad accogliere e comprendere il pensiero anche di coloro che non sono sul processo fondamentale della società infermieristica: il processo del potere. Noi infermieri siamo “i senza potere” perché non abbiamo la capacità relazionale che ci permette di influenzare asimmetricamente le decisioni di altri attori della società infermieristica in modo tale da favorire la volontà, gli interessi e i valori degli attori che invece lo esercitano. Non vogliamo però tacere, non sarebbe giusto nei nostri confronti e nei confronti di chi sceglie per noi pensando di fare anche il nostro bene.

Il nostro bene, degli appartenenti a  questo gruppo di discussione, e di tutti gli altri infermieri quelli che non sanno che esiste un tavolo ministeriale (per loro ignoranza e per il modo di essere infermieri, cosi come richiesto dal sistema), ma anche di coloro che lo sanno, vorrebbero scrivere, ma non ce la fanno o hanno paura di essere in qualche modo danneggiati dall’espressione del loro pensiero, sarebbe quello di poter diventare “Uno”, una categoria professionale con un progetto strategico-politico comune. In questo essere “Uno” tutti sarebbero rappresentati perché tutti sarebbero liberi di esprimersi, o non esprimersi perché estimatori di coloro che si esprimono per loro o perché chiamati in una Consensus Conference a farlo.

Ci siamo “intellettualmente”riuniti e insieme abbiamo discusso della nostra questione professionale. Fra le tante cose discusse quella matura e condivisa, certamente, è la presa d’atto che al Tavolo ministeriale gli infermieri non ci sono. Prenderanno dunque, a quel tavolo, le loro decisioni, ma non saranno le nostre decisioni. Quelle degli infermieri che lavorano nelle linee operative. Saranno decisioni nate da relazioni di potere, inquadrate dunque dal dominio, ossia dal potere che è proprio delle istituzioni del sistema infermieristico, ma del quale noi , nostro malgrado, non facciamo parte. Non ne facciamo parte perché nessun attore di quel sistema ci ha chiesto cosa ne pensiamo nel merito di quanto si discute.
 
A scriverlo siamo in pochi? Non è importante, quello che per noi è importante è farvi sapere che quelle decisioni non saranno le nostre. Per noi i soggetti del potere sono sia coloro che lo detengono sia quelli che nei luoghi di lavoro sono soggetti a tale detenzione. Noi siamo fermamente convinti, ed a parole lo saranno anche loro che ci rappresentano, che un potere assoluto, un grado zero di influenza di coloro che sono soggetti al potere su coloro che sono in posizione di potere non esista ,pertanto con l’obiettivo di influenzare i modi delle prassi ci regaliamo la possibilità di opporre una resistenza che metta in discussione la relazione di potere fra noi, pochi, e voi, tanti.

Vi facciamo dunque sapere che riconosciamo al Ministero il merito di averci regalato, con il Tavolo ministeriale, uno spazio di discussione proprio; il Ministero in questo caso si è sostituito prima ai collegi provinciali e poi alla federazione nazionale. Ha invitato al tavolo chi ci rappresenta ed ha lasciato loro scegliere chi avrebbe dovuto essere presente. Chi ha scelto, però, non si è preoccupato di motivare la scelta, con note di merito o criteri selettivi, conosciuti e riconosciuti, comunicati agli infermieri e dunque trasparenti. D’altra parte questo non ci ha sorpresi perché accade cosi per tutto nella nostra professione. I sindacati invitati avevano facoltà di invitare al tavolo chi, secondo loro, aveva la capacità di presiedere i processi di cambiamento affrontati o affrontabili.
 
Non tutti gli infermieri sono iscritti al sindacato e non tutti gli iscritti al sindacato sono rappresentati dal loro sindacato, non sempre. I sindacati, dal canto loro, non hanno avuto, nessuno, l’esigenza di confrontarsi con i loro iscritti o di comunicare ai loro iscritti di avere dei rappresentanti al tavolo ministeriale, per raggiungere un obiettivo con delle finalità perseguibili. I collegi non crediamo siano stati interpellati per chiedere loro di inviare al tavolo un infermiere iscritto o se lo sono stati nessun collegio, sembra, lo abbia fatto... Se i collegi, però, non sono stati coinvolti non ci risulta che  se ne siano lamentati. Vero è anche che lamentarsi non aiuta la crescita della carriera e neanche il mantenimento di quanto conquistato.

Il professionista che a quel tavolo rappresenta la regione Toscana è sicuramente un soggetto competente, ma poco applicato nella operatività quotidiana, pertanto incuriosisce   sapere come si sia relazionato con gli infermieri della regione che rappresenta per scrivere una bozza come quella scritta. Con quali infermieri della sua regione si è rapportato? Il pensiero di chi porta a quel tavolo?  

A questo punto, abbiamo preso atto della bozza di progetto proposta.

Riteniamo che sia stato sprovveduto il gesto che ha reso pubblicabile quanto non è ad oggi , secondo noi, pubblicabile. Si tratta di una bozza che riporta solo dati epidemiologici a tutti noi professionisti della salute, ormai, amaramente conosciuti. Inoltre, sappiamo ormai tutti che  il solo dato epidemiologico non è sufficiente ad accogliere il bisogno differenziato portato da identità differenziate e che occorrono indicatori non solo universali, ma anche culturali per rilevare il bisogno sommerso. Ci sono 11 milioni di poveri e di non curati e neanche una parola spesa per come fare ad identificarli, accoglierli e curarli. Una professione di servizio alla salute che pubblicizza il “suo essere prossima” al cittadino e che non pone neanche la questione è poco credibile come professione di aiuto. Si dice che il documento non è finito neanche per la forma di bozza e che ci saranno le buone pratiche indicate per l’esercizio professionale (ma noi ed il paese abbiamo  davvero bisogno di buone pratiche? Impiegate il vostro tempo e quel prezioso spazio per discutere di altro, risparmiateci vi prego le buone pratiche).
 
Perché pubblicarla allora? Ci accusano di voler strumentalizzare la bozza; questo è un atteggiamento decisamente superficiale e poco professionale da parte di chi lo ha assunto. Se la bozza fosse rimasta fra gli addetti sarebbe stato meglio, dal momento che irresponsabilmente l’avete pubblicata non potete accusare chi la critica di volerla strumentalizzare, perché mostrate una arroganza insopportabile e incongruente con quanto vi si chiede al quel tavolo.  Onestamente ci aspettavamo che  fin dalla fase del razionale l’approccio alla complessità fosse diverso. 
 
Nessuna seria riflessione analitica sulle disuguaglianze sociali di salute, tantomeno sul come approcciarle. Una professione come la nostra avrebbe dovuto mettere  in evidenza la relazione fra salute e povertà e di conseguenza l’intervento pratico dell’infermiere come colui che si fa “garante di equità sociale”. In merito L’ICN, International Council of Nursing, già nel 2011, ed ora nel 2016 a maggio, nel suo documento “Closing the gap, increase equità and access” sottolineava come nella lotta contro le disuguaglianze la professione infermieristica dovesse assumere con chiarezza il ruolo di dominio da portare avanti. Inoltre all’inizio del 2000 già Silvina Malvarez del PAHO (Pan America Health Organization) diceva che le disuguaglianze sono all’interno stesso della professione e sollecitava i singoli professionisti e le associazioni  alla necessità di leggere le criticità interne alla professione e quelle proprie del sistema sanitario. Voi che avete il dominio ed il suo potere, vi chiediamo, vi siete mai posti con un qualche atteggiamento critico le questioni? L’infermiere cosi come il medico non possono rimanere passivi di fronte ad un welfare che non è più un welfare. L’autonomia da raggiungere non può determinarsi attraverso un comma 566 e tralasciare tutto il resto e in questo resto anche le disuguaglianze interne, nostre.

L’autonomia, oggi, ora, va trovata nella difesa della salute pubblica, dei diritti degli ultimi.

In questo ambito l’infermiere diviene autonomo e responsabile, contribuendo davvero alla sostenibilità del sistema senza ledere diritti, ma solo e solo se sarà capace di presentare una politica sua, una sua piattaforma attraverso la quale dimostrare che la nostra è una professione che sa stare nell’attualità, nel bisogno attuale. In questo momento il bisogno è quello di garantire equità e cura a chi non si cura più.

Noi infermieri, nel nostro confronto, abbiamo ipotizzato concrete soluzioni  che volentieri vorremmo offrire al contributo del tavolo ministeriale.
 
Piero Caramello
Infermiere Coordinatore, Firenze
 
Luca Sinibaldi
Infermiere Medicina, Pisa
 
Laura Cocco
Infermiera strumentista cardiochirurgia, Cagliari
 
Anna Di Martino
Infermiera strumentista cardiochirurgia, Teramo
 
Gianluca Del Poeta
Infermiere coordinatore, Pescara
 
Alfio Alfredo Stiro
Infermiere Pronto soccorso, Catania
 
Maddalena Brajer
Infermiera Dh Oncologico Monselice, Padova
 
Lucia Morandi
Infermiera Rianimazione Ospedale Osma, Firenze
 
Marcella Gostinelli
Infermiera, Dirigente sanitario, Firenze

13 luglio 2016
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