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Cosa c’è veramente dietro quella morte al San Camillo

di Francesco Medici (Anaao)

14 OTT - Gentile Direttore,
muore un paziente in barella nel caos che abita ogni giorno il nostro pronto soccorso. Fa notizia soprattutto la compostezza della testimonianza della famiglia, non il fatto stesso, non per me. La descrizione agghiacciante dello stanzone dove è morto il paziente in attesa del posto letto è realistica, ma non è una novità, non è un fatto episodico. E’ la realtà del pronto soccorso dove lavoro ma anche di tutti gli altri pronto soccorsi della Capitale e di gran parte di Italia.
 
Oggi si accendono i riflettori solo su quel paziente perché a nessuno fa comodo allargare il campo dell’obiettivo e vedere che accanto a quella barella ce ne sono in contemporanea altre 100. Ogni giorno assistiamo alla morte di qualche paziente in quel medesimo stanzone, solo che nessuno accende i riflettori.
 
Ieri erano in attesa di ricovero 35 persone tra cui altri due malati neoplastici in grave condizioni e con elevate probabilità di morire, e allora cosa fare? Cosa fare per quelli attaccati ai respiratori che si contendono le poche postazioni monitorizzate? Cosa per quelli in attesa di intervento o in fase di scompenso? Chi ha più diritto al letto, chi è destinato a morire comunque o chi può avvalersi di quel letto per poter guarire?
 
Facile puntare il riflettore su un solo malato. Facile e comodo. Un’ “alto tecnocrate” della Regione scrive “non posso credere che in un ospedale di 800 posti letti non si trovi posto per un malato in fase terminale”. Per uno si, si sarebbe potuto, ma anche per 10, peccato che ad attendere il letto ve ne sono in media 40…. ogni giorno. Lo sanno. E’ stato denunciato, ripreso, documentato. Oggi gli ispettori dovrebbero mandarli alla Regione.
 
Perché a livello nazionale o anche semplicemente regionale non si delibera che: “le ASL/AO devono a 30 gg dalla data del provvedimento predisporre procedure e spazi affinché il malato in attesa da oltre 24 ore in attesa di posto letto in p.s debba essere preso in carico da uno o più strutture distinte e distanti dal pronto soccorso stesso ma in nessun caso continuare ad essere assistito dai medici ed infermieri della rete dell’emergenza”?
 
Non si fa perché gli stanzoni ed il degrado servono a contenere gli accessi, a giustificare l’invio a strutture private seppure convenzionate. Le file e la promiscuità sono il migliore dei deterrenti per contenere le spese. Lo spremere pochi professionisti il modo più economico per andare avanti. Non è un caso. E’ una scelta. Se succede il casino… si mandano gli ispettori e ce se ne lava le mani.
 
Al San Camillo hanno cambiato tre direttori generali in 4 anni. Oggi hanno mandato a dirigerci un professionista serio e competente ma nulla potrà fare se sarà, anche lui, bloccato dagli stessi tecnocrati regionali che hanno osteggiato ogni proposta di miglioramento.
 
L’ultimo direttore generale rimosso era, è, un valido professionista, uno dei miglior in Italia, eppure è stato assecondato quando ha proposto tagli (che in sanità si chiamano razionalizzazione…) e cacciato, puta caso, quando ha chiesto assunzioni e risorse, visto che appare evidente che il deficit si risolve si con i tagli ma anche con l’aumento delle entrate ovvero potenziando e facendo funzionare l’ospedale per produrre salute e più DRG, aumentando le entrate anche se così facendo si riducono i guadagni del privato.
 
Il San Camillo in attesa di nuove genialate muore assistito da ispettori regionali e ministeriali. Mancano i letti dove ricoverare e curare o anche semplicemente accompagnare alla morte i pazienti più deboli, mancano in tutta Italia visto che 3.7 posti letto per mille abitanti non possono bastare.
 
Eppure il Ministro Lorenzin, anche Lei, ha annunciato ispettori. Cambi, piuttosto, la legge, trovi le risorse per aggiustare il sistema, è questo il suo compito. Proprio Lei, che conscia che il nostro pronto soccorso è inadeguato (e peraltro collocato al buio in un sottoscala) si era impegnata (quantomeno almeno Lei ci ha provato) a reperire i fondi per ricostruire l’intero DEA in altra area. Peccato, ci aveva fatto “sognare” e sperare in un cambio di vita e di possibilità di erogare assistenza, ma poi i soldi non sono arrivati e si è ripiegato in progetti di ristrutturazione ma sempre sotto terra.
 
Oggi i lavori, seppure finanziati sono bloccati da pastoie burocratiche. Ed intanto…. l’ospedale tutto collassa. La sanità nel nostro paese agonizza. Ancora ad oggi non è stata riaperta la holding area, una vera innovazione degli ultimo anno, capace di decongestionare il pronto soccorso perché i letti che erano stati assegnati a quella struttura sono stati cannibalizzati dai reparti per sostituire quelli rotti ed ad oggi nessuno ha ricomprato le scocche dei letti nuovi. Mancanza di fondi, capacità o volontà?
 
Il San Camillo oggi fa funzionare le rianimazioni e parte del P.S. grazie a personale assunto con i “fondi per il giubileo” che, terminando a novembre, porterà tra un mese fuori dall’ospedale 30 colleghi e facendo conseguentemente collassare ulteriormente pronto soccorso e rianimazioni.. Ma si può reperire personale essenziale utilizzando fondi a termine?? Eppure è quello che ha fatto la Regione Lazio. Li vanno mandati gli ispettori. Perché accanirsi a licenziare direttori generali (peraltro bravi ed incolpevoli) e mandare gli ispettori, alla ricerca di un capro espiatorio, ad indagare su quant’è già noto e sotto gli occhi di tutti.
 
Ma il problema non è solo del pronto soccorso. Il San Camillo è DEA di riferimento regionale per la chirurgia pediatrica, ma di chirurghi pediatrici ne sono rimasti solo 4 impossibilitati a garantire una assistenza h24. Attendiamo che il prossimo caso su cui si accenderanno i riflettori sarà un bambino assistito in ritardo, poi…. Manderanno gli ispettori. Mancano i Cardiologi per coprire notti e servizi, ma poi la Regione si lamenta che le prenotazioni al CUP diminuiscono.
 
Mancano pediatri con i pochissimi rimasti a fare fino a 8 notti al mese, degli zombie. Mancano medici in tutti i reparti con personale demotivato che non sa più come potersi dividere per affrontare il lavoro richiesto in contemporanea in più posti distinti e distanti.
 
E non è solo il San Camillo, se il Policlinico Umberto I, quindi un DEA di secondo livello, una Università, uno dei più grandi ospedali al mondo, ad Agosto ha chiuso la radiologia interventistica, non per rottura dei macchinari, ma per mandare in ferie il personale !!!! Se anche l’Università, che, di norma, supplisce alla carenza del personale utilizzando impropriamente i medici specializzandi, è ridotta con organici tanto risicati da dover bloccare le attività, dovrebbe preoccupare lo stato di abbandono della sanità pubblica.
 
L’idea che i sistemi complessi non possano andare avanti senza garantire il ricambio di personale non fa breccia nella testa dei burocrati regionali e ministeriali, se non nei comunicati stampa cui non seguono atti concreti. Oggi la moda di chiudere reparti e servizi essenziali ha preso il sopravvento. Quando non si riesce a supplire alle carenze di organico, alle carenze organizzative, od alle ferie si scaricano su altre strutture i propri doveri assistenziali senza più ritegno.
 
E’ una sanità alla esasperazione, una sanità dove si è risparmiato anche sui lavori, sui controlli, che vede cadere a pezzi anche le stesse mura. Ieri, 10 agosto, la sala operatoria della neurochirurgia ha chiuso perché con la pioggia si è allagata, con il rinvio di interventi con costi e disagi inimmaginabili..
 
Una sanità che cade a pezzi e che non ha la forza e la voglia di riparare e di curare le sue strutture, dentro e fuori. Una sanità che si limita a mandare ispettori alla ricerca di un facile capro espiatorio.
 
Francesco  Medici
Consiglio Nazionale Anaao Assomed

14 ottobre 2016
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