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Una vita da medico precario

di Una dottoressa precaria

25 OTT - Gentile direttore,
è veramente molto difficile continuare a lavorare, in questo momento, nel nostro Paese perché purtroppo noi “giovani” medici siamo spesso schiacciati da una pesante condizione che si chiama precariato.

A tale proposito vorrei raccontare a tutti la mia storia oramai decennale di medico precario, non più giovane perché ho già compiuto 40 anni.
Nel 2006 sono approdata, presso una A.O. romana animata da una grossa spinta interiore perché avevo deciso di non rimanere, dopo la specializzazione ed un anno di contratto, nell’ambiente universitario sebbene mi fosse stata già prospettata la possibilità di una borsa di studio per il dottorato di ricerca.
 
Il mio sogno era ed è sempre stato quello di fare il medico e di poter lavorare in Ospedale. Dopo un anno di attività, presso questa A.O. come medico frequentatore, sono riuscita ad ottenere il mio primo contratto Co.Co.Co. ed ero veramente soddisfatta.
 
Durante questo anno, oltre a svolgere l’attività giornaliera routinaria, sono stata fin dall’inizio inserita nei turni di reparto diurni feriali e festivi, svolgendo di fatto la stessa attività dei miei colleghi strutturati, anche se questi ultimi con tutte le tutele (sia in termini retributivi che assicurativi) del caso. Certo tutta questa responsabilità mi faceva molto paura all’inizio, ma nello stesso tempo mi rendeva molto soddisfatta in quanto cosi facendo conquistavo la stima del mio Primario e dei miei colleghi.

Negli anni successivi ho avuto sempre il rinnovo del contratto Co.Co.Co. (senza neanche un giorno di intervallo) ma, a mano a mano, che passavano gli anni aumentava il carico di lavoro e di conseguenza la responsabilità professionale. Tanto che negli anni scorsi sono stata inserita nei turni sia festivi che feriali di reperibilità notturna. Quindi a questo punto mi ero decisa anche a parlare con l’amministrazione per avere delucidazioni circa la mia posizione e se potevo avere un aumento del compenso mensile, ma purtroppo per la tipologia stessa del contratto Co.Co.Co. non è prevista una maggiore retribuzione o il riconoscimento degli straordinari.

Però nonostante tutto e tutti ho stretto i denti e sono arrivata fino ad oggi, sempre con la stessa tenacia e con la speranza di ottenere la famosa stabilizzazione.

Attualmente la mia condizione non è cambiata anzi sono di fatto aumentate le responsabilità professionali perché svolgo anche i turni notturni di guardia inter divisionale, sempre per non essere diversa dai miei colleghi strutturati, ma senza di fatto un compenso allineato alla tipologia del lavoro svolto.

Ad oggi, mi sento un medico sicuramente più preparato dopo 10 anni di seria e dura gavetta, ma credo che la mia esperienza debba servire ad altri colleghi per non scoraggiarsi ma anche per prendere coscienza che la nostra condizione di lavoratore sottopagato e sfruttato debba veramente cambiare. Attualmente sono sempre molto disponibile nei riguardi dell’Amministrazione della mia Azienda e dei miei colleghi, ma ho anche capito che nella mia condizione di medico precario ho anche dei limiti da rispettare per non incorrere in errori che possono essere evitati dicendo un no al momento giusto.
 
Sicuramente a farmi acquisire questa consapevolezza, ha contribuito il mio personale contatto con i colleghi che lavorano attivamente nel sindacato Anaao, i quali sono stati fin dall’inizio molto disponibili ad ascoltare le mie problematiche ed a supportarmi in alcune decisioni. Inoltre trovo che le riunioni che vengono svolte mi aiutano a prendere sempre più coscienza e conoscenza delle altre problematiche nella realtà ospedaliera dove giornalmente svolgo la mia attività lavorativa. Inoltre recentemente ho potuto anche confrontarmi con i colleghi del gruppo Anaao Giovani durante un incontro interregionale ed ho capito quanto sia complesso il panorama del precariato in Italia.

Sono molto contenta dello spazio che mi è stato offerto per riportare questa mia esperienza di vita anche perché credo che sia veramente difficile per i colleghi che sono entrati nel mondo ospedaliero, alcuni decenni addietro, capire questa nostra condizione.

Una dottoressa precaria
 
 
Cara collega, Gentile direttore,
quanto scrive è dedicato a chi diceva “bisogna assumerli questi precari, evitando che invecchino prima di entrare nella scuola”. Già, bisogna assumerli anche quando sono medici, uomini o donne,  prima che l’esercito si ingrossi fino a straripare. E restituire valore e dignità ad un lavoro costruito sulla elusione di tutele e contributi nonché sul dumping retributivo.
 
Bisogna mettere fine ad una precarietà che è insieme esistenziale e professionale, per tutti. Prima che fuggano, come migliaia di giovani medici ogni anno ad un ritmo sestuplicato nell’ultimo quinquennio.
 
Costantino Troise
Segretario Nazionale Anaao Assomed

25 ottobre 2016
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