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Responsabilità professionale. Troppo sbilanciati sul medico

di Carlo Spirito (Federconsumatori Campania)

28 NOV - Gentile direttore,
la recente introduzione da parte del Senato di importanti modifiche al testo dell’art. 6 e dell’art. 7 del disegno di legge in tema di responsabilità delle professioni sanitarie, induce alle seguenti prime riflessioni.

Come Lei ben sa, Federconsumatori ha da lungo tempo pubblicamente espresso una grande preoccupazione per il disegno di legge, ora all’approvazione del Senato, che contraddice totalmente il diritto vivente cristallizzato in un monolitico orientamento, espressione di equilibrio e buon senso, della Suprema Corte di Cassazione riassumibile nei seguenti punti : 1) il medico non è un quisque de populo, ma un soggetto qualificato titolare di una specifica posizione di protezione del paziente preso in cura, di cui è responsabile; 2) dinanzi ad un esito anomalo peggiorativo, il medico, come qualsiasi professionista, deve “rendere conto” del proprio operato, in ragione del suo rapporto col paziente, della sua specifica competenza e del suo legame diretto con le cure da egli stesso prescritte ed eseguite.

Si è trattato di un enorme conquista di civiltà giuridica, fondata sulla chiara coscienza sociale del fatto che il medico sia qualcosa in più di un normale professionista, rendendo onore, oltre che oneri, alla professione medica.  La Corte di Cassazione ha dunque maturato da lungo tempo l’idea che applicare alla responsabilità del medico l’art. 2043 c.c., ovvero i generici canoni risarcitori, fosse assolutamente inappropriato, giacché implica l’inaccettabile conclusione della “neutralità” dell’esercente una professione protetta  avente ad oggetto beni costituzionalmente garantiti, come avviene per la professione medica. In buona sostanza significa deresponsabilizzare chi col giuramento d’Ippocrate si è impegnato a proteggere un diritto fondamentale della persona: la salute.

E cosa pensa ora di fare il legislatore?  L’esatto contrario! Dispone di applicare l’art.2043 c.c. al medico, preso dal mito, perché tale è, della medicina difensiva, fondata su astratti calcoli circa l’incidenza economica della stessa, e spinto dagli interessi corporativistici dei sindacati e da quelli di bottega delle compagnie assicurative. Ebbene ci ostiniamo a difendere quelli, inascoltati, dei pazienti!

Negli intenti dei proponenti, il medico strutturato ritorna un soggetto che risponde “senza obblighi” verso il paziente, e che avrà quale unica preoccupazione quella di attenersi ai protocolli imposti dalle società scientifiche scelte dal ministero della salute. Bel passo indietro per chi è contrattualmente un dirigente con autonomia operativa! In tal modo il controllato, non solo etereo-dirige il medico ma si sceglie pure le regole in base alle quali valutare l’ operato delle sue strutture e dei suoi dipendenti! In Tribunale non si discuterà più dell’accertamento della verità scientifica ma prevalentemente di quella di comodo risultante da dette indicazioni. Il potere esecutivo ingerisce così nella stessa attività del potere giudiziario!
Circa la responsabilità penale infatti l’art. 5 comma 1 prevede espressamente che qualora l'evento si è verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida. Si noti, è previsto per legge che possa esservi imperizia pur nel rispetto delle linee guida ma che il magistrato sostanzialmente dovrà conformarsi a quanto previsto dalle stesse! E pure sul piano risarcitorio il Giudice dovrà tenere conto che il medico sia stato imperito ma “obbediente”.  Non ci pare dignitoso per chi ha giurato di prendersi cura del suo paziente.  E’ una vergogna.

Ad aggravare la posizione del danneggiato va aggiunto circa la colpa grave, che l’applicazione dell’art. 2043 c.c. avrà un effetto di “trascinamento” anche dell’art. 2236 c.c., cosicché non sarà più il medico a dover provare la speciale difficoltà delle cure ma il paziente a dover fornire pure la prova negativa contraria in mancanza della quale il medico risponderà solo in caso di colpa grave, anche in sede civile, della propria mancata perizia. Pertanto non solo il danneggiato dovrà farsi carico della prova della condotta colposa e del danno etiologicamente collegato alla stessa, ma in caso d’imperizia dovrà anche provare che la prestazione non sia di speciale difficoltà, in quanto in tal caso dovrà provare anche la sussistenza della colpa grave. Si verrebbe quindi ad attuare un arretramento delle tutele che sforzi ultradecennali di elaborazione giurisprudenziale avevano inteso superare. Va però sul punto segnalato che nella nuova versione degli art. 5 e 6 del testo approvato dal Senato viene ora espunto il riferimento alla colpa grave per quanto riguarda la responsabilità penale da imperizia.

Si dice che ad un tale aggravamento degli oneri probatori a carico del danneggiato  dovrebbe fare da contraltare la circostanza che l’azienda sanitaria risponda in ogni caso in base a titolo autonomo secondo i consueti canoni contrattuali. Tuttavia, anche qui, nascono rilevanti dubbi che in sede applicativa della legge la struttura sanitaria  risponda in tali termini dell’operato dei propri dipendenti. Ed, infatti, la norma fa espresso riferimento all’art.1228 c.c..  In base a tale norma il debitore della prestazione risponde dell’operato dei propri ausiliari nei limiti in cui essi stessi siano ritenuti responsabili. E se ex lege agli stessi trova applicazione l’art. 2043 c.c., ne discende che solo una volta fornita prova dell’illecito aquiliano l’azienda risponde contrattualmente dell’operato dei sanitari, altrimenti incolpevole. Tali spunti non possono certo essere sfuggiti ai giuristi che hanno fornito il supporto tecnico al testo normativo.

Ma tale sciagurato progetto pare ora essere in contrasto con la nuova formulazione dell’art. 7 approvato dal Senato  ed infatti al comma 3 dell’art. 7 si prevede ora  che l’esercente la professione sanitaria risponda:  ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente.

Orbene se si cala tale disposizione normativa nell’attuale assetto giurisprudenziale, tenuto conto che la legge non incide sulle fonti normative dell’obbligazione, deve necessariamente concludersi che il medico continua ad assumere con il suo intervento un obbligazione curativa. Ne consegue, non è ben chiaro con quale grado di consapevolezza, il Senato abbia corretto una gravissima criticità del testo normativo salvo a vedere cosa disporrà in merito la Camera dei Deputati, il cui comportamento sarà per i cittadini una “cartina di tornasole” chiaramente indicativa delle priorità del legislatore: i cittadini?
 
Avv. Carlo Spirito
Responsabile dello Sportello Sanità di Federconsumatori Campania

28 novembre 2016
© Riproduzione riservata

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