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Nella polemica tra medici e infermieri si dimentica l’assistito

di Graziano Lebiu (Ipasvi Carbonia Iglesias)

28 DIC - Gentile direttore,
nella disamina di Snami Emilia Romagna pubblicata su QS, emerge con nettezza l’assenza di qualsiasi tipo di riferimento all’attore centrale della contesa: l’assistito. E’ comprensibile che il sindacato perori la causa e gli interessi di cui è portatore, art. 1 lettera c) del proprio statuto, ma è altrettanto incomprensibile come cerchi di inserirsi in un dibattito di più ampio respiro assumendo il ruolo di gran cassa di un ordine professionale provinciale senza toccare l’essenza stessa della sua  istituzione: tutelare il diritto alla salute dei cittadini.
SNAMI entra a gamba tesa e a partita in corso, ma sbaglia il campo di gioco e la tattica: il motivo del contendere è nella disponibilità esclusiva di chi lo ha fomentato, ovvero il Presidente Omceo Bologna. Nessun altro.
 
SNAMI, ancora, stigmatizza la condivisione dei percorsi e  delle strategie, ma deve essere subito smentita nella forma e nella sostanza: il percorso dei protocolli in sul “Sistema Emergenza-Urgenza sanitaria territoriale e Centrali Operative 118 secondo il modello Hub and Spoke” voluta non da IPASVI Bologna ma dalla Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare Regione Emilia-Romagna con la Determinazione 5358 del 6 aprile 2016,richiamata dalla Delibera 508/2016 della Giunta Regionale, è esitato in linee guida e protocolli redatti sulla base di solide evidenze scientifiche da un gruppo di esperti nazionale (6 medici e di 1 infermiere), percorso che si basa, tra le altre cose, su un parere di indubbio valore datato 13 gennaio 2016 espresso collegialmente da 3 medici legali di conosciuta e indiscutibile professionalità.
 
SNAMI, pur indotta, porti al tavolo del dibattito argomentazioni più autorevoli di una mera levata di scudi, ed inizi essa stessa a rispettare le regole che sono state individuate dal gruppo di lavoro interprofessionale dell’Emilia-Romagna.
 
Sfugge allo stesso sindacato, inoltre, che non sono le professioni sanitarie, ed infermieristica in particolare, ad immaginare di relegare il medico a posizioni e suo dire valide e migliorative. Questo si, è speculativo.
 
È speculativo anche confrontare le direzioni sanitarie di strutture (che l’ordine dei Medici di Bologna vorrebbe alla guida delle Case della Salute), con funzione di coordinamento dei servizi. Confrontare la lunghezza dei percorsi formativi (6+5 a 3+1) è un tentativo di valutare specie diverse, come le pere e le mele. In una Casa della Salute con 3 medici di medicina generale e qualche specialista, non serve una Direzione Sanitaria come se fosse un ospedale, ma serve un coordinamento interprofessionale che l’infermiere può fare in ragione della legge 43/20016 e dei percorsi formativi ad hoc istituiti dall’Accademia.
 
È il sistema salute che necessita di stare sul pezzo e tra i cittadini con nuovi approcci e  nuovi obiettivi. Sono gli abitanti e “condomini” della Casa della Salute a dover esprimere un parere su cosa di buono le professioni sanitarie possano o non possano ambire a garantire, come e quando.
 
Attribuirsi il diritto di parlare da sindacato di categoria medica a nome di cittadini che non hanno conferito né mandato di rappresentanza né delega sindacale, stride anch’esso con il percorso condiviso reclamato. Condiviso con i cittadini, cosa?
Il sistema salute per mantenersi pubblico e universale sta imparando a poggiarsi su pilastri e fondamenta di nuova concezione. Anche certo sindacalismo dovrebbe provare a rinnovarsi o sarà ri-superato dalla storia e dagli eventi.
 
Graziano Lebiu
Presidente Ipasvi Carbonia Iglesias

28 dicembre 2016
© Riproduzione riservata

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