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Dagli ospedali ai distretti. Ma cosa succede alla sanità campana?

di Gabriele Peperoni (Sumai-Assoprof)

16 GEN - Gentile direttore,
ci risiamo! Dopo pochi giorni dai fatti di Nola ha chiuso il consultorio del Distretto Sanitario 34, che coincide con la città di Portici.  Al Distretto afferisce una popolazione di oltre 55.000 persone, con una densità di 12.016 abitanti/Km2, la seconda in Italia dopo Casavatore (altro comune dell’hinterland napoletano) e, soprattutto, un indice di dipendenza strutturale pari al 58,2%, tra i più alti in assoluto. Tale indice, come noto, è un indicatore di rilevanza economica e sociale: esso rappresenta il numero di individui non autonomi per ragioni demografiche (età<=14 e età>=65) ogni 100 individui potenzialmente indipendenti (età 15-64) per cui un indice di dipendenza totale alto è sinonimo di un numero elevato di ragazzi e anziani di cui la popolazione attiva deve occuparsi complessivamente.
 
Ad aggravare il contesto, se ciò fosse ulteriormente possibile, c’è da rilevare che il comune è anche commissariato. Ebbene, in una situazione tanto esplosiva, il Distretto 34, per evitare il pagamento di un fitto passivo (situazione di cui si era a conoscenza da anni), ha chiuso il consultorio senza programmare eventuali soluzioni alternative; ciò comporterà una grave diminuzione dei servizi sanitari per i cittadini, soprattutto nell’ambito della prevenzione, per cui probabilmente si ridurranno le visite ginecologiche e i pap-test, le visite senologiche, le attività di neuropsichiatria, di psicologia e le vaccinazioni, proprio l’esatto contrario di quanto il Ministro Lorenzin dichiara a proposito dei nuovi Lea. Come meravigliarsi dunque che la Campania sia all’ultimo posto nella classifica nazionale per l’erogazione dei LEA? Al di là del fatto che sia l’ospedale di Nola che il Distretto 34 facciano parte della stessa Azienda sanitaria, la Na3 sud, alcune circostanze uniscono ed altre differenziano i due fatti.

Innanzitutto vi è un sottile filo rosso che unisce tutta la sanità regionale, si tratta della carenza di programmazione che prima l’affiancamento e poi il commissariamento non ha saputo risolvere. Tale assenza viene da lontano, sin dagli anni ’90, periodo in cui si è sviluppato un intreccio tra potere politico ed economico che non ha per lo più avuto come interesse esclusivo la salute dei cittadini. Coloro che erano in buona fede non hanno semplicemente saputo governare, mancando di capacità organizzative e di pianificazione dei percorsi, per cui le migliaia di decreti di giunta e le decine di leggi emanate non hanno prodotto ricadute positive per i cittadini campani in termini di salute. Con il commissariamento governativo sono stati prodotti annualmente ulteriori centinaia di Decreti che hanno riguardato tutti gli argomenti sensibili in ambito sanitario, senza che vi sia mai stata nessuna verifica sulla loro realizzazione e, dunque, sull’azione dei Direttori Generali a cui toccava applicarli.

Certo, pur non volendomi inserire tra coloro vogliono lamentarsi a tutti i costi, c’è da rilevare che il riparto del Fondo Sanitario nazionale ha sempre penalizzato le Regioni del sud ed in particolare la Campania, facendo perdere al Servizio Sanitario quelle caratteristiche che nel mondo lo avevano reso unico: l’universalità e la solidarietà. Pur rendendomi conto, da specialista in Geriatria, dell’incidenza che gli anziani hanno sulla sanità regionale, ritengo che la questione sociale sia stata abbondantemente sottovalutata dai nostri politici, sia locali che nazionali, per cui non si è riuscito a dare quell’impulso necessario alla riorganizzazione sanitaria che sarebbe dovuta avvenire anche attraverso i nuovi modelli organizzativi, sia territoriali che ospedalieri, di cui le regioni del centro-nord si sono in questi anni dotate. Il risultato è che si è sviluppata una stratificazione disomogenea, a seconda dell’assessore di turno, per cui si è eretta una sorta di torre di Babele che oggi non è possibile abbattere ma su cui si continuano a sovrapporsi errori e aberrazioni.

E in cosa consiste la differenza tra le vicende dell’ospedale di Nola e quella del Distretto di Portici? Al di là della situazione strutturale, della missione e delle competenze diverse, salta subito all’occhio che, mentre per l’ospedale di Nola è stato dato ampio spazio mediatico sui mezzi di comunicazione di settore e generalisti, pur trattandosi di una situazione di emergenza risolta nelle 24 ore successive, alla vicenda del consultorio è stato dedicato solo qualche trafiletto di alcuni giornali locali, nonostante tale chiusura potrebbe avere una sensibile ricaduta sulla salute della popolazione locale nei prossimi mesi, se non addirittura nei prossimi anni. Ugualmente la chiusura di poliambulatori e consultori avvenuta negli scorsi anni nel pieno centro di Napoli non ha riscosso il clamore che ci saremmo aspettati. È dunque chiaro che il cittadino è spaventato dal non poter usufruire dei servizi di emergenza, che vogliono sempre ed immediatamente disponibili, mentre per le prestazioni che riguardano la prevenzione e la cronicità ci si lascia andare ad un fatalismo tipicamente italiano, con la speranza che qualcuno affronti la questione e risolva il problema, tranne poi lamentarsi quando compare la necessità di quella determinata prestazione.

È dunque necessario innanzitutto creare cultura. Come? Sicuramente con campagne mediatiche ad hoc; tuttavia la questione principale, a mio parere, è l’applicazione integrale della legge Balduzzi con la strutturazione dei nuovi modelli territoriali organizzativi (AFT, UCCP, etc.) attraverso i quali la popolazione potrà ottenere una risposta efficiente, efficace ed articolata nelle 24 ore. Ciò comporterà inevitabilmente un aumento della spesa sanitaria per la costruzione o la riorganizzazione delle strutture, per l’acquisto o il rimodernamento delle attrezzature e, non ultimo, l’assunzione e la formazione del personale. Premesso che il barile della riqualificazione della spesa (cioè dei tagli) è stato già grattato, sarà in grado la Regione Campania reperire i fondi per i nuovi investimenti? Attraverso quali mezzi, anche alla luce del fallimentare sistema dei ticket? Chi ha a cuore il bene del Sistema Sanitario regionale e della salute dei cittadini spera che l’emergenza creatasi nell’ospedale di Nola faccia in modo che qualcosa accada già nelle prossime settimane. E proprio per avviare un concreto rilancio dell’assistenza sanitaria, sia territoriale che ospedaliera, la nostra Associazione ha dato ampia disponibilità ad iniziare le necessarie sperimentazioni per i nuovi modelli affinché tali fatti non abbiano più a ripetersi.

Colgo l’occasione per esprimere, da parte mia e di tutto il sindacato che rappresento, un sentito plauso ai colleghi che, in circostanze tutt’altro che facili, sono riusciti a prestare assistenza ai cittadini in conformità alla loro missione sia di medici che di uomini.
 
Gabriele Peperoni           
Segretario Provinciale di Napoli              
Sumai-Assoprof                 

16 gennaio 2017
© Riproduzione riservata

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