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Bronchiti. Ecco perché gli antibiotici non servono 

di Alberto Donzelli e Emilio Maestri

Sul Corriere della Sera del 16 gennaio scorso il Dr. Sergio Harari, Direttore Dipartimento Scienze Mediche Ospedale San Giuseppe Multimedica di Milano, nel rispondere a una lettrice che chiedeva come distinguere una bronchite da una polmonite e come si possono guarire le due patologie, sosteneva alcune tesi sulle quali riteniamo utile fornire alcune precisazioni, dato che il contenuto non aiuta né i medici né tanto meno i pazienti, per vari motivi.

25 FEB - In particolare Harari scriveva che “la maggior parte delle bronchiti acute e delle polmoniti hanno una causa infettiva di natura batterica”. Ma non è così: la maggior parte delle bronchiti acute (cioè con tosse che può durare fino a 4 settimane) è causata da virus, contro cui l’uso di antibiotici è irrazionale per definizione (AIFA - Rapporto OsMed 2015: “è da considerarsi generalmente inappropriato il ricorso a cefalosporine iniettive e fluorochinoloni nei pazienti con bronchite acuta... vista l’eziologia prevalentemente virale”).
 
 
Si segnala per inciso che le infezioni batteriche delle vie respiratorie con tosse non hanno un decorso molto diverso da quello delle più comuni infezioni virali, risolvono entrambe in una settimana circa i sintomi peggiori, e impiegano in media solo un paio di giorni in più per una completa scomparsa dei sintomi (che si verifica in due settimane in adulti di ~50 anni– Teepe J et al. Ann Fam Med 2016;14:534; o più a lungo negli anziani e in casistiche più ampie - Ebell MH et al. Systematic Review. Ann Fam Med 2013;11:5).

Harari quindi aggiungeva “... e pertanto sarà indicata una cura antibiotica”. L’indicazione per gli antibiotici in realtà non c’è, secondo molte Linee guida internazionali (es. LG NICE 2014). Anche l’AIFA - Rapporto OsMed 2015 - non consiglia antibiotici, ma ammette un’importante possibile eccezione “... Se la bronchite acuta, però, interessa soggetti anziani e/o con alto grado di severità di broncopneumopatia cronico-ostruttiva, l’impiego di beta-lattamici orali e/o macrolidi può essere indicato al fine di prevenire sovra-infezioni batteriche che potrebbero portare all’insorgenza di polmoniti”).
 
Tuttavia, l’aumento delle resistenze antibiotiche è un problema mondiale sempre più grave, e si può evitare di “trattare preventivamente”, disponendo di uno strumento semplice e valido per distinguere una polmonite (che di norma richiede antibiotici) da una semplice bronchite.

Nei pazienti con sintomi di infezione delle basse vie respiratorie, in assenza di diagnosi clinica certa di bronchite rispetto a polmonite, è utile fare un semplice prelievo di sangue per dosare la PCR. Il laboratorio preavvertito comunicherà il risultato in giornata e in poche ore, anche per telefono, al paziente o chi lo assiste in casa, se il medico segnala al laboratorio nome e telefono di chi va avvertito.
 
Andrebbe usato così:
• PCR <20 mg/L niente antibiotici
• PCR ≥20 e ≤100 mg/L prescrivere un antibiotico, raccomandando di assumerlo nei giorni successivi se non c’è miglioramento, o il giorno dopo se i sintomi peggiorano
• PCR >100 mg/L prescrivere un antibiotico da iniziare subito.

[NB: il medico potrebbe anche usare direttamente un test rapido per la PCR, con costi trascurabili per la singola determinazione, ma che presuppongono la disponibilità di un’apparecchiatura relativamente costosa, ancorché certo alla portata di una medicina di gruppo]
 
In questo modo il paziente non rischierà di trascurare una polmonite (e il curante avrà anche copertura medico-legale), ma si eviteranno antibiotici in gran parte dei casi [NB: il 43% delle assunzioni di antibiotici degli italiani avviene per bronchite - Eurobarometro 2016].

Così i pazienti eviteranno: effetti avversi lievi come eruzioni,diarrea, vomito, e altri meno comuni come anafilassi; maggior ricorso negli anni al medico per condizioni banali autolimitanti; rari ma gravi effetti cardiovascolari (aritmie da macrolidi e fluorochinoloni) e possibili danni a reni e altri organi. Inoltre ridurranno le resistenze e le ricorrenze di infezione nel tempo, anzitutto nell’interesse proprio e dei propri contatti stretti, ma anche nell’interesse della comunità. Infine eviteranno alterazioni del microbioma intestinale, con effetti che solo negli ultimi tempi si stanno svelando: aumento di peso, malattie autoimmuni... (vedi anche Pillole di buona pratica clinica: scheda 134-135/2016).

Ci auguriamo che si dia spazio a queste precisazioni, perché non serve lanciare allarmi sul “drammatico aumento delle antibioticoresistenze, che produrrà milioni di morti...” se non si danno ai medici e al grande pubblico messaggi adeguati e basati sulle prove per fronteggiare il fenomeno e ridurre concretamente prescrizioni ed erogazioni non necessarie.

Dott. Alberto Donzelli 
Specialista in Igiene e Medicina Preventiva

 
Dott. Emilio Maestri
Specialista in Endocrinologia e Medico di MG

Membri del Comitato scientifico della Fondazione Allineare Sanità e Salute
 
Leggi la replica del dottor Harari

25 febbraio 2017
© Riproduzione riservata

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