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Obbligo vaccinale. Il dibattito si sposti nelle Aule parlamentari


27 MAG - Gentile Direttore,
Il dibattito che si accese attorno alla scrittura dell’art. 32 della Costituzione Italiana fu complesso, l’articolo fu scritto diverse volte ed emendato fino a giungere alla forma che tutti conosciamo. Scelgo di ripartire da qui per provare ad argomentare rispetto al famoso “decreto vaccini” che ha portato il Paese alla ormai nota divisione tra Guelfi e Ghibellini.
 
Ho letto e riletto l'ultimo articolo del Pro.f Ivan Cavcchi che, saggiamente, tra polemica, politica e proposta riesce a trasformare una corrida insopportabile in discussione pacata e seria.
 
E' del tutto evidente che la questione “vaccini” è sfuggita di mano ma sorprende come la “politica”, o meglio i politici, osservano il dibattito che nel Paese va incendiandosi, favorendo una contrapposizione che si alimenta di malato ideologismo qualsivoglia posizione.
 
La disputa “provax” e “antivax” si sta spostando sempre più nel campo dell'insulto reciproco senza riuscire a trovare un canale di comunicazione efficace, in una mescolanza mediatica dove nulla appare come deve. In questo caso la “scienza”, aldilà del richiamo alla sua “antidemocraticità”, non ci sta facendo una bellissima figura.
 
Il Ministro Lorenzin su una cosa sta riuscendo a mettere tutti d'accordo: lo Stato non è più in grado di assicurare la tutela della salute come previsto dall'art. 32. Supera con un tuffo carpiato, degno della migliore Tania Cagnotto, il concetto di “libertà di cura” proprio quando nel Paese si sta tentando di introdurre nuovi principi su essa e mi riferisco al tanto vituperato “testamento biologico”.
 
Pur non essendo un costituzionalista, comprendo perfettamente che in “ragion di diritto” obbligare per legge ad un trattamento sanitario non violerebbe (almeno ad una lettura molto superficiale quale è questa mia) il dettato costituzionale: “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.” Stando al comma due dell'art 32, il Governo dovrebbe poter dormire sonni tranquilli, forse questa volta riesce laddove ha fallito decine di volte, ovvero scrivere una legge che rispetti la Costituzione.
 
Il punto interpretativo, tuttavia, è il passaggio successivo cioè che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Possiamo per un attimo concentrarsi su questo passaggio e chiederci se, con questo decreto, stiamo “violando” questo principio?
 
Questo passaggio fu tra i più delicati nel dibattito dell’Assemblea Costituente. L’onorevole Caronia, in quota DC e membro della Commissione dei 75, durante la discussione del 24 aprile 1947 affermò “il principio che la legge garantisca i rapporti di fiducia tra medico e ammalato, perché ci sembra ciò opportuno per il rispetto alla libertà dell'esercizio professionale ed alla volontà di scelta da parte dell'ammalato”, nel caso specifico il nostro paziente è incapace di imporre la propria volontà sia un verso che nell'altra e non vi è volontà nemmeno presunta.
 
La sensazione che percepisco è che questo “rispetto” lo si stia violando attraverso gli effetti che questo “decreto vaccini” potrebbe portare con sé.
 
I punti salienti di criticità che Ivan Cavicchi sollevava nel suo intervento, vanno proprio nella direzione di un mancato rispetto della persona umana, nelle sue due condizioni più sensibili e delicate: essere genitore ed essere bambino.
 
Il decreto prevede che l'atto sanitario, che dovrebbe avvenire solo dopo un percorso di relazione/informazione, è applicato ad un soggetto incapace per legge, le cui decisioni sono prese da un delegato non terzo ma coinvolto emotivamente e di conseguenza più fragile.
 
Se da un lato lo Stato si arroga la “patria potestà” per effetto delle sanzioni che sarebbero comminate ai genitori disubbidienti, dall'altro in maniera coercitiva e per nulla educativa, impone un presunto “dovere alla salute” che i Padri Costituenti non avevano né previsto ne voluto imporre ai cittadini italiani in nessun momento della loro vita.
 
La responsabilità dello Stato, in forza all'art 32, non è quello di imporre una tutela della salute, ma di favorirla nell'interesse individuale e collettivo ed è, con ogni probabilità, quest'ultima parola la vera chiave di volta del problema “vaccini”.
 
In un panorama sociale e storico, nel quale l'imposizione del pensiero neoliberista sta vincendo, appare evidente che imporre un trattamento in virtù di una “non emergenza” puzza di tutto tranne che di “interesse individuale e collettivo”, potremmo dire che si tratti piuttosto di un “interesse individualista” che è in netta contrapposizione al richiamo che Ivan Cavicchi propone nel suo articolo, ovvero la nascita di una “deontologia sociale”. Il principio per cui lo Stato decide pro domo sua e non nell’interesse della collettività, ossia favorendo l’educazione alla salute, è probabilmente quel difetto di costituzionalità che renderebbe inefficace questo decreto. L'educazione alla Salute non si ottiene imponendo, l'azione educativa ha nel "tirare fuori" il fulcro, l'azione di Governo invece in-segna, marchia genitori e figli indifferentemente.
 
Lo Stato ha deciso che il suo popolo, che dovrebbe essere sovrano, è composto da “genitori” incapaci di comprendere le ragioni scientifiche che stanno alla base dei programmi di prevenzione oltre che da adulti incapaci di comprendere come le vaccinazioni hanno migliorato le condizioni ed aspettative di vita di intere generazioni.
 
I gradienti di responsabilità devono essere, però, distribuiti in virtù del fatto che la scelta del Ministro dimostra la totale assenza di una opposizione credibile, sia politica che civica. Ogni volta che ci limitiamo la protesta, alla doglianza per la corsa dei buoi fuori dalla stalla, stiamo dando una mano enorme alla "politica che si occupa di te mentre tu ti occupi di altro”.
 
In questo senso il passaggio storico, che questo decreto sta sentenziando, è quello dal “diritto alla salute” ad un “dovere alla salute”, che ha ben altro significato rispetto al richiamo che si può leggere nell’articolo di Ivan Cavicchi, che risulterebbe quanto mai pericoloso. Il piano inclinato in cui abbiamo posto il SSN ha aggiunto ulteriori gradi di inclinazioni che aprono a scenari imprevedibili. I Padri Costituenti durante il dibattito scelsero le parole con cura, la parola “diritto” non fu messa per caso e su questa parola non possiamo fare passi indietro, occorre chiedere con forza che lo Stato si faccia promotore di tutte le iniziative organizzative affinché questo diritto, il cittadino, lo possa esercitare realmente.
 
Il silenzio della politica, intesa come strumento capace di mediare nelle posizioni e capace di trovare il compromesso necessario per stabilire un programma di prevenzione e profilassi che sappia rispettare la dignità umana dei genitori e dei loro figli, è oggettivamente insopportabile per questo occorre che la società civile non si ponga nella condizione di dibattere tra sè e sè ma chieda ai suoi rappresentanti di esserne portavoce all’interno le aule del Parlamento, unico vero luogo di confronto oggi più che mai delegittimato.
 
Non spetta alle categorie professionali intervenire in questo dibattito, se non come esperti tecnici, senza però la presunzione di essere portatori di verità assolute ma capaci di mettere insieme “dialogo” e “autorevolezza” al fine di permettere alla politica di compiere quelle scelte indispensabili per continuare a garantire un diritto alla salute che con questo decreto si rischia seriamente di minare definitivamente, ammesso e non concesso che non sia già del tutto saltato.
 
Dunque, come ci ha stimolato Ivan Cavicchi, il dibattito va spostato dai vari blog, motori di ricerca e social, in un contesto maggiormente rappresentativo seppur assoggettato a riti che appaiono sempre meno comprensibili ai cittadini.
 
Fino a quando opporremo le tesi, spesso storpiandole per favorire la nostra posizione, non usciremo dal loop nel quale siamo entrati e nessuno si senta offeso se faremo la fine della rana bollita.
 
Ivan Cavicchi ci ha avvisato… 
 
Piero Caramello
Infermiere

27 maggio 2017
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