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Il ddl Lorenzin e le sue “illogicità”

di Angelo Papa

24 OTT - Gentile Direttore,
in merito al DDL Lorenzin capisco la fretta di chiudere il processo legislativo e la difficoltà di comporre istanze molto diverse. Va ritenuto lodevole il grosso lavoro svolto da Senatori e deputati. Tuttavia rispetto la partita degli ordini e delle professioni sanitarie non posso fare almeno di rilevare una serie di punti critici.

Senza dubbio la riforma del sistema ordinistico è un atto necessario, anche per porre fine una vergognosa situazione di diritti violati da parte dello Stato, visto che professioni simili sono regolamentate da norme diverse. Questa situazione rappresenta, di fatto, una vera propria negazione dello stato di diritto fondato sul principio dell'uguaglianza di fronte alla legge.

Prevedere regole simili di gestioni delle professioni sanitarie naturalmente non annulla le specificità di ciascuna professione. Solo altri gli strumenti che marcano la differenza, primi tra tutti il core curriculum e il core competence che trovano applicazione negli specifici ordinamenti di studio universitario richiesti.

Entrando nel merito dei limiti rilevati, il primo aspetto che pongo è l’assenza di gradualità e di equilibrio nel cambiamento. Se andiamo a vedere le novità che riformano il funzionamento degli Ordini delle professioni sanitarie, non si prevede una modulazione che consenta una transitoria di almeno 4 anni per il recepimento delle modifiche introdotte, con il rischio di generare situazioni di non applicabilità delle norme e di paralisi dell'attività degli ordini.

Misure come il voto telematico, oltre richiede tempo, vanno accompagnato da strumenti informativi e regole che garantiscono pari opportunità di accesso in senso bidirezionale a tutti i soggetti interessati. Senza contare che esprimere un voto da casa può essere facilitante, ma non abbiamo nessuna garanzia di segretezza e quindi di libertà di voto. Un’introduzione di questa misura senza prevedere linee guida che indirizzi il governo di questa partita, potrebbe generare disparità, discriminazione e imbrogli, delegittimando di fatti lo strumento.

Anche il passaggio da un sistema impostato su il Collegio dei revisori dei conti a quello con dei revisori legali iscritti al Registro, credo che anche questa modifica richieda una modulazione tecnica temporale simile. Va data ai singoli ordini la possibilità di ristrutturare l’attività contabile in termini funzionali rispetto ai nuovi indirizzi normativi.

Se poi affrontiamo la questione della bassa partecipazione, mi sembra che questa questione sia affrontata senza equilibrio. Il tema è senza dubbio di rilievo, qualcosa va fatto per modificare questa tendenza. Tuttavia l’introduzione di una norma costrittiva di blocco basata su quorum qualificati per le elezioni dei Consigli degli Ordini, non mi sembra la soluzione ottimale, anzi può compromettere il funzionamento di un ordine. Forse sarebbe stato più utile introdurre norme di natura non costrittiva che premiasse la partecipazione. Per esempio (si tratta solo di un esempio, non certo della soluzione) spostando il peso assegnato a ciascun presidente provinciale all’interno del Comitato Nazionale, dall’attuale sistema legato al numero dei soci iscritti all’ordine provinciale a un sistema basato sul numero di professionisti che hanno effettivamente partecipano a ciascun elezione provinciale. Una misura di questo tipo, potrebbe modificare i rapporti di forza all’interno degli organismi nazionali a favore degli albi provinciali che sono stati capaci o hanno avuto l'opportunità di avere una maggiore partecipazione.

Altro aspetto è l’eccesso di mandato o di delega da parte della componente politica, che mi sembra di ravvisare in alcuni passaggi. Mi riferisco a quei passaggi in cui la componente politica non si limita a definire le regole, ma le predispone in modo da diminuire, se non invadere, il ruolo e prerogative della componente istituzionale tecnica su materie squisitamente tecniche. Si tratta del solito mal costume di lasciare le questione incancrenire per lungo tempo per poi dare risposte spot, piuttosto di intraprendere la via maestra di una seria programmazione politica rispetto scelte che incidono sul diritto della tutela della salute. L’ideale sarebbe stato un provvedimento ad hoc capace di porre al centro il cittadino e la sua salute, che distinguesse le pratiche tra misure atte a curare lo stato di salute e misure che sostengono lo stato di benessere, prevedendo i diversi contesti di esercizio e di attribuzione professionale. Un provvedimento che capace di rispondere all’evoluzione dei bisogni sanitari nazionali e riordinasse l’esistente, evitando, tra l'altro inutili parcellizzazioni e sovrapposizioni professionali in ambito sanitario.

All’interno di un progetto di questo tipo potevano essere inseriti nuovi soggetti, sempre se questo rispondeva a un problema di salute non adeguatamente affrontato. Ma un simile progetto politico mi sembra che non sia stato attuato e comunque risulta improponibile a fine legislatura.

Comprendo e condivido il problema affrontato: l’esercizio dell’osteopatia da parte di chiunque lo ritenga di farlo in termini autoreferenziali non va bene, la materia va senza dubbio regolata. Non entro nel merito delle soluzioni possibili (da pratica esclusiva dei medici come avviene in USA o altri modelli presenti in altri Stati dove abbiamo l'istituzione dell'osteopatia come figura assestante piuttosto che specializzazione di altre professioni sanitarie), lascio la disputa alle varie lobby.

Io preferisco parlare di regole. Dato che siamo carenti di una seria programmazione politica, continuare a tergiversare, non mi sembra corretto. L’unica scelta di ripiego (o di parziale compensazione, dipende dai punti di vista) percorribile è la “valutazione tecnica vincolante”. Se questo parere porta all’istituzione, ad esempio dell’osteopata, ben venga, perché vuol dire che risponde a una priorità generale dei cittadini.

L’ex art. 3 bis non mi sembra che ci aiuti in tal senso, vista la scelta della Politica di declassare la valutazione tecnica a semplice parere senza vincoli. Mi sembra che gli ex articoli 3 bis e 4 rappresentino piuttosto un “eccesso di mandato”, in cui la componete politica “forza” il proprio ruolo, per assumere prerogative di decisione spettanti alla componente tecnica come l’atto d’individuare, senza che la componete tecnica valutasse l’opportunità o meno di inserire la disciplina tra le pratiche sanitarie o piuttosto del benessere e poi individuasse la possibile figura o figure professionale a cui assegnare l’esercizio della disciplina. Solo dopo questo passaggio la componente politica, forte del parere tecnico, poteva istituire la figura e disciplina di riferimento.
 
Non a caso, Luca Benci su questo giornale parla di una normativa “ad professionem”, mettendo in rilievo, con dettaglio, le incongruenze e le illogicità giuridiche. Mi stupirei se il Presidente della Repubblica all'atto della firma non rilevasse questa incongruenza chiedendo le modifiche di merito.

Sarebbe, quindi, auspicabile che i Deputati studino bene la documentazione e riflettano attentamente prima di licenziare un testo che comunque va approvato.

Angelo Papa
Fisioterapista

24 ottobre 2017
© Riproduzione riservata

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