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Test di medcina. Ma quale omofobia, i veri problemi irrisolti sono altri

di Manlio Converti

17 NOV - Gentile direttore,
qualcuno ha inserito al test di Medicina una domanda sulla frequenza delle persone omosessuali nella sezione psichiatria, con grave scandalo delle associazioni LGBT e della Ministra Fedeli, subito armate per una crociata. 

Ero al convegno della Asl di Ferrara "Oltre i Binari" a parlare di una proposta di legge per minori Gender Variant e Intersessuali, che integrerà il loro manuale sui Diritti Sanitari delle persone LGBT e mi sono stupito del clamore.
 
Oggettivamente in Italia non abbiamo ancora ottenuto né la completa depatologizzazione dell'omosessualità, né il riconoscimento della nota WPA marzo 2016 sui Diritti Sanitari delle persone LGBT, né il riconoscimento della definizione di Genere dell'OMS e conseguenti diritti sanitari e civili, né uno straccio di dichiarazione pubblica nel merito da parte di Fnomceo o Ministero della Sanità.
Di tutto questo le ho ampiamente scritto da anni, senza ricevere risposte ufficiali né istituzionali.
 
A mio avviso nel merito del test, questa è la risposta giusta che condivido del Presidente Arcigay di Bologna, che ricorda la necessità di parlare di orientamento sessuale durante la formazione medica. La risposta era tra l'altro corretta, come se fosse estratta da una delle mie diapositive. 5-10%!
1) Occorre insegnare ai 400mila medici in servizio come gestire la relazione medico paziente Lgbt. 
 
2) Occorre cambiare la anagrafica sanitaria per rilevare correttamente e correntemente l'orientamento sessuale e l'identità di genere, ad esempio con i codici SAT e MFT. 
 
3) Occorre insegnare ai docenti universitari di Medicina e delle altre facoltà sanitarie ad insegnare la Medicina di Genere LGBT.

4) Occorre anche che il prossimo CCNL contenga esplicitamente il Diritto al Coming Out per il personale sanitario e l'obbligo al contrasto attivo all'omofobia sanitaria.
 
Tutto questo, di cui pure le ho scritto tante volte, è semplicemente ignorato dai colleghi e dai ministeri italiani e quindi trovo altresì giusta la protesta, perchè è evidente nel contesto italiano che porre la giusta domanda sulla frequenza dell'omosessualità deve essere l'inizio di un percorso culturale e scientifico, di ricerca e prevenzione rivolto in modo specifico ed empatico verso e a protezione delle persone lgbt e delle loro famiglie.
Invece è evidente che l'estensore della domanda o volesse provocare finalmente una reazione politica gayfriendly o intendesse davvero stigmatizzare ancora una volta l'omosessualità come una patologia.
 
Cosa aspettano le facoltà di Medicina, gli Ordini professionali, le associazioni e sindacati medici e il Ministero della Sanità ad agire nel merito e realizzare una proposta sanitaria adeguata alle esigenze delle persone LGBT?
 
Manlio Converti
Psichiatra
Attivista Lgbt 


17 novembre 2017
© Riproduzione riservata

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