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La plasmaferesi terapeutica in Veneto ha dato risultati promettenti

di Patrizia Accorsi

21 DIC - Gentile Direttore,
il razionale che ha portato all’impiego dell’aferesi terapeutica nei casi di intossicazione da PFAs è la presenza di tali sostanze nel sangue circolante in forma legata alle proteine plasmatiche ed in particolare all’albumina. Su queste basi, le tecniche terapeutiche di sola rimozione del plasma (plasmaferesi) o di scambio plasmatico (plasma-exchange) possono risultare efficaci al fine di diminuire il livello di PFAs nei soggetti con valori ematici particolarmente elevati.

Le linee guida della Società Americana di Aferesi (ASFA 2016) prevedono l’utilizzo dello scambio plasmatico nel trattamento di avvelenamento da funghi o da sostanze chimiche o da farmaci, che si leghino a proteine plasmatiche: il grado di evidenza e la forza della raccomandazione, cat. II-III, 2C, sono ovviamente bassi, poiché tali situazioni per motivi etici non si prestano a studi randomizzati e controllati, unico strumento per raggiungere evidenze superiori.

Allo stato attuale, il programma, approvato dal Comitato Regionale di Bioetica della Regione Veneto, che aveva come obiettivo principale l’abbattimento dei livelli di PFAs nel sangue circolante utilizzando due metodiche, la plasmaferesi e lo scambio plasmatico, ha fornito dati promettenti su un centinaio di casi reclutati su base volontaria, con una riduzione media rispettivamente del 35% e del 68% secondo la tecnica utilizzata.

La SIdEM (Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare), associazione scientifica interdisciplinare che lavora da anni per la diffusione e l’appropriato impiego delle metodiche di aferesi secondo requisiti di qualità e sicurezza, ritiene necessario sostenere in maniera trasparente studi che possano dare risposte efficaci al bisogno di salute degli utenti, nel rispetto delle norme e secondo la buona pratica clinica.

SIdEM considera che questa iniziativa, condotta in uno dei Centri tra i più qualificati in Italia nell’ambito dell’aferesi terapeutica, risponda ai requisiti già citati. La peculiarità di questo programma risiede nell’impiego delle tecniche aferetiche in ”prevenzione” di eventuali complicanze a lungo termine. Tale approccio è una totale novità per il settore dell’aferesi terapeutica, ma ritiene che sia un obiettivo da perseguire nell’interesse della salute della popolazione.

E’ necessario inoltre sottolineare che l’aferesi terapeutica, come suggerisce il nome stesso, è riservata ai “pazienti” e non a donatori e soggetti sani, ma la grande esperienza maturata in questo settore in Italia e nel mondo conferma la notevole sicurezza di queste procedure ormai inserite nella routine quotidiana delle Unità di Aferesi Terapeutica.

Patrizia Accorsi
Presidente Società Italiana di Emaferesi e Manipolazione Cellulare
 

21 dicembre 2017
© Riproduzione riservata

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