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Infermieri. Non bastano i riconoscimenti formali, servono anche quelli economici

di L. Bartalesi e R. Romano

27 DIC - Gentile Direttore,
il XX rapporto PiT (Progetto integrato di Tutela) emesso nei primi di dicembre 2017 da Cittadinanzattiva-Tribunale diritti del malato con il sostegno di Fnopi, già Ipasvi, Fnomceo e Fofi, evidenzia come i cittadini vedano ancora nella sanità pubblica la prima scelta per i loro problemi di salute ma, al tempo stesso, come questi siano a disagio per le lunghe liste di attesa, la diminuzione dei servizi, le dimissioni ospedaliere precoci e per una rete di sanità territoriale lontana dalla sufficienza in termini di efficacia ed efficienza. La crescente difficoltà per accedere ai percorsi di diagnosi e cura, unita alla crescente spesa per i ticket, sembra mirata ad indirizzare verso l’offerta parallela della sanità privata per coloro i quali potranno permetterselo.

E’ a nostro avviso condivisibile la preoccupazione espressa anche dalla Presidente Fnopi, Barbara Mangiacavalli, nel suo articolo a Quotidiano Sanità, la quale invita a rilanciare gli investimenti sul personale e sul territorio per cercare di far fronte alla necessità dei cittadini di percepire concretamente la prossimità del SSN in funzione delle problematiche in acuzie così come nella cronicità.

La revisione delle piante organiche e delle risorse dedicate all’assistenza ai malati, ai percorsi e processi, al lavoro d’equipe per assistere con dignità competenza e appropriatezza, combattendo l’abusivismo, sono tutti elementi che rilancerebbero nei cittadini utenti l’immagine, e la sostanza, del sistema salute.

In primis la riorganizzazione del sistema territoriale, integrando un sistema di assistenza infermieristica che prenda in carico i malati cronici ma anche coloro che siano dimessi dagli ospedali, creando così un punto nel SSN dove l’infermiere funga da trait d’union tra il cittadino, la medicina di base ed i percorsi di diagnosi e cura nosocomiali.  

Non si tratterebbe di introdurre un nuovo snodo decisionale, che potrebbe incepparsi creando ulteriori disagi, ma di definire nei ruoli e nell’ambito di competenze l’infermiere di riferimento per ogni cittadino, una figura che funga da facilitatore e da ulteriore riferimento per i cittadini nei percorsi di diagnosi, cura, dimissione e riabilitazione. Basti pensare a quanto frequentemente si ricorre a nuovi ricoveri ospedalieri, in quanto il monitoraggio dell’efficacia delle terapie prescritte rimane e totale carico dell’interessato o dei suoi familiari. Si pensi, in una società sempre più senile, all’importanza di dare strumenti ed assistenza nella valutazione di quanto percepito con i propri sintomi o dal rilevamento di parametri come la semplice pressione arteriosa o valore glicemico.

Ancora più semplicemente si pensi ai danni arrecati dalla mancanza di una adeguata educazione alla salute e cura di se contestualmente a situazioni di cronicità e multi patologia. Tutti casi evitabili che di fatto vanno ad intasare gli studi medici e, ancora peggio e con maggiori disservizi provocati per la comunità, i Pronto soccorso.

Molto preoccupante anche la cecità delle organizzazioni davanti al crescente bisogno di personale dedicato all’assistenza, in particolare infermieri. Quelli in servizio nel SSN sono ormai giunti ad un livello di età media improponibile per la categoria, costretti a sostenere carichi di lavoro oltre il limite della sopportazione fisica e psicologica. Soltanto sporadicamente ricevono insufficienti integrazioni con infermieri attinti dalle agenzie interinali, situazione lavorativa indegna per professionisti chiamati a ricoprire livelli di responsabilità elevatissimi, a coprire temporaneamente e a macchia di leopardo le quotidiane criticità. Le possibili ricadute sulla sicurezza e sulla qualità del servizio offerto sono facilmente ipotizzabili.

Un rischio che non trova giustificazione nelle motivazioni di budget, in considerazione anche delle indicazioni di molti studi internazionali i quali attribuiscono alla carenza di personale l’aumento di spesa per indennizzi e malpractice professionale. Ci lasci esprimere, in chiusura, anche la nostra gioia per l’approvazione del Ddl “Lorenzin”.

Un atto dovuto e tardivo, comunque importantissimo, di riconoscimento della categoria infermieristica. Adesso sarà importante per tutti noi ricostruire quell’immagine che, agli occhi di tanti colleghi, è stata offuscata negli anni e dare nuovi e più attuali contenuti a questo importante contenitore che è l’Ordine Professionale.
 
Una Professione, però, non è fatta di soli riconoscimenti formali ma anche economici. La categoria si appresta a “subire” un rinnovo contrattuale che davvero, a giudicare da quanto è nella nostra disponibilità, appare “imbarazzante”. Su questo la compagine ordinistica non potrà, anche per effetto del Ddl Lorenzin, agire più di tanto.

Resta però l’amarezza per la mancata volontà, di molte parti sindacali, di costituire una intersindacale specifica e per la pervicacia con cui si continua a sostenere la necessità di una permanenza nel comparto sanità di una categoria, come quella infermieristica, che da questa presenza sta ottenendo, ancora una volta, solo poche briciole.

Luca Bartalesi
Roberto Romano
Consiglieri Ordine delle Professioni Infermieristiche Firenze - Pistoia


27 dicembre 2017
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