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Ordini delle professioni sanitarie: il silenzio assordante del sindacato

di Daniela Volpato

03 GEN - Gentile Direttore,
il risultato normativo sull'istituzione degli ordini delle professioni sanitarie è importante per le tante ragioni che ho vissuto personalmente durante la mia attività di sindacalista nazionale e che proverò a ricordare in seguito. Acquisito questo risultato e poi i decreti attuativi relativi ad altri aspetti formali resta però ben altro di cui occuparsi, e proprio in questa fase del percorso i sindacati hanno un ruolo fondamentale ma anziché farsi avanti temono la competizione degli ordini e alzano barriere invece di costruire ponti, discutono con gli ordini sui servizi vedi polizze assicurative e si ritirano dal commentare un evento come il risultato raggiunto con l’approvazione del Ddl Lorenzin.
 
Nel contempo al tavolo del rinnovo contrattuale il percorso di sviluppo delle professioni sanitarie rischia di essere archiviato con la solita commissione paritetica che oggi non può essere accolta dalle migliaia di professionisti che aspettano un percorso di sviluppo di base e generale oltre a quello collegato alle singole specializzazioni e responsabilità  gestionali.
 
Mi corre l'obbligo di portare una testimonianza per essere stata per 15 anni attivamente sostenitrice di questo percorso che voglio attestare con alcune note che esemplificano l'intensa attività politica, vertenziale, di promozione e sollecitazione svolta per raggiungere l'obiettivo. In questo percorso ho vissuto anche un isolamento iniziale dentro e fuori la mia federazione causato dallo scetticismo e dalla posizione ideologica di opposizione agli ordini, in quanto sistema lobbistico di rappresentanza professionale, che ho sempre cercato di contrastare favorendo un percorso di crescita culturale e di condivisione dei principi che sono alla base del sistema ordinistico e che permettono alla categoria crescita attraverso l'assunzione di responsabilità e sviluppo delle competenze.
 
L’istituzione degli Ordini delle Professioni sanitarie, richiama il percorso lungo oltre 15 anni che ha attraversato 5 legislature e vede con l’approvazione del DDL Lorenzin, proposto dal Governo nel 2013, finalmente una conclusione positiva, mettendo un altro tassello a quel puzzle a cui mancano altri due risultati importanti una norma per il riconoscimento della libera professione per i professionisti sanitari e un nuovo sistema ordinamentale contrattuale, non come quello che si sta prospettando fatto di pannicelli caldi e di rinvii.
 
Penso sia necessario brevemente ricordare quanto personalmente ho vissuto di questo percorso e come ho sempre cercato di essere protagonista insieme ad altri attori, con la consapevolezza che questo obiettivo come gli altri raggiunti dalle professioni sanitarie sono il naturale evolversi delle professioni di cura che hanno incontrato troppi ritardi culturali, organizzativi e contrattuali, ma come ho sempre detto con franchezza ai colleghi dovuti anche alla difficoltà di fare “massa critica” come professionisti tutti insieme e con una integrazione reale anche con la dirigenza medica che è accomunata dalle stesse battaglie di dignità professionale, di riconoscimento di ruolo e di prospettive ordinamentali e contrattuali.
 
Ricordo quando nel 2003 iniziavo la mia esperienza di Segretario Nazionale dopo l’esperienza da segretario regionale, durante la quale avevo vissuto le importanti conquiste delle professioni sanitarie: venivamo dall’approvazione dei profili professionali del 1996, uscivamo dall’approvazione dei profili professionali del 1996, e con la legge 1 del 2003 era stato approvato il riconoscimento dei precedenti titoli, a seguire l’approvazione della legge 251 che ha istituito la dirigenza sanitaria.
 
Ricordo che dal livello regionale avevo lanciato l’idea della petizione per il riconoscimento dell’ordinistica per le professioni sanitarie a seguito della stesura di alcuni disegni di legge giacenti in Parlamento oltre al riconoscimento dell’esercizio della libera professione per le professioni sanitarie, risultato ancora da raggiungere e necessario per il completamento dell’autonomia professionale nell’ambito dei nuovi modelli di cura ad alta integrazione ospedale territorio.
 
A livello nazionale iniziai da subito il sostegno politico al percorso di riconoscimento dell’ordinistica; ricordo una tappa importante quella dell’unificazione dei DDL presenti in Parlamento che fece da apripista al DDL 1645 poi Legge 43 del 2006.
 
due anni di battaglia con il Governo, con tutti i gruppi parlamentari otteniamo l’approvazione della Legge 43 del 2006, con la quale si raggiungono importanti risultati complessivi per le professioni sanitarie,  per l’aspetto dell’ordinistica è una legge che ha delegato la materia  all’approvazione di un decreto del governo che non arriverà perché la politica all’ultimo si è fatta condizionare dai timori di altre categorie e dall’incompetenza di chi nel tempo ha annoverato l’istituzione di questi ordini al sistema autoreferenziale delle lobbies professionali. Il riconoscimento dell’ordine ha come primo esito positivo la tutela dell’utente che in questo caso è una persona “debole” che potrebbe incorrere in abuso di professione letale per la sua salute psico-fisica. Per questo ho sempre cercato di diffondere una campagna per l’ordinistica in occasione delle numerose audizioni parlamentari, in tutti gli eventi interni al sindacato e quelli organizzati dalle istituzioni e dalle professioni.
 
La delega prevista dalla Legge 43 del 2006 decade dopo un tentativo maldestro di alcuni gruppi di potere all’ultimo il Consiglio dei Ministri non approva il testo del decreto ma neppure prevede la proroga della delega. Questa grave posizione del Governo mi impone una reazione molto forte con l’avvio di una petizione, di sigla, e la pubblicazione di comunicati stampa “al vetriolo”.
 
Nel 2007 lo stesso Governo il 26 settembre 2007 approva una proroga fino al marzo 2008 dopo numerose pressioni; la proroga permette di riprendere l’iter di approvazione del decreto, e già dal 11 novembre riprendono i lavori per la definizione del testo di decreto. In questo percorso il sindacato grazie al mio lavoro di sovraesposizione è sempre stato coinvolto al contrario di quanto avveniva nel passato sui temi delle professioni sanitarie, ma nel 2008 il decreto attuativo subisce un altro stop, anche in questa occasione come nel 2006 abbiamo lanciato una petizione come CISL.
 
Nel 2010 il Ministro Fazio si impegna anche pubblicamente in occasione di una nostra iniziativa al completamento dell’iter parlamentare del disegno di legge per l’istituzione degli ordini.
Solo nel 2011 si riesce a far fare un passo al ddl 1142 e poi con il Ministro Balduzzi il percorso si arena malgrado le numerose pressioni, e la richiesta di inserimento nella riforma del governo clinico.
 
Il Ministro Lorenzin sceglie la strada di un nuovo DDL alla fine del 2013, in queste ultime due legislature proseguiamo la nostra battaglia insieme quelle dell’implementazione delle competenze dell’integrazione degli OSS che vedono una prima risposta con questo DDL.
Insomma per dire cosa che dopo dieci anni le ragioni e l’importanza di questo risultato restano e ci sono ancora tutte, in una mia nota del 2006 trasmessa ai rappresentanti delle professioni e alle nostre federazioni spiegavo l’importanza di questa tappa, le ragioni contenute sono ancora tutte attuali.
 
Perché tutto questo cominci a diventare realtà la tappa legislativa è importante ma da sola non basta serve uno scossone che parta dalla piena consapevolezza degli operatori. I medici hanno scioperato per alcuni giorni e sono stati lasciati soli, la risposta elettorale del governo è il riconoscimento di 30 milioni di RIA a partire dal 2020 dove sono i sindacati, perché non si ricerca un percorso comune di tutte le categorie per rivendicare da subito il riconoscimento necessario per le responsabilità che i professionisti sanitari agiscono ogni giorno.
 
I professionisti e tutti i lavoratori della sanità non possono accettare di essere posti alla stregua del sistema normativo, ordinamentale e contrattuale degli altri settori, le stesse istituzioni regionali rivendicano una legittima autonomia in questi ambiti. Oggi serve un cambio di passo che il sindacato non vuole intestarsi visto il comportamento assunto nell'occasione dell'approvazione del DDL.
 
La salute è un bene indifferibile le patologie non hanno tempi di cura programmabili e il sistema organizzativo e delle competenze professionali deve avere un tempo di reazione immediato. A partire da questa consapevolezza i professionisti sanitari e chi vuole rappresentarli devono lanciare la sfida al sistema perché solo investendo sulle competenze di tutti gli operatori sanitari, dell'assistenza, tecnici ed amminsitrativi si possono realizzare i risultati di salute attesi e nel contempo favorire la sostenibilità economica delle cure.
 
Daniela Volpato
 

03 gennaio 2018
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