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Un Fisioterapista “in buona salute” non ha bisogno del medico

di Mauro Gugliucciello e Gianni Melotti

20 GEN - Gentile direttore,
la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 5840/17, commentata anche sulla sua testata, non fa che rimarcare la lettura, ormai obsoleta, che una parte della giustizia amministrativa riserva da tempo alle ”nuove professioni sanitarie”. Sicuramente, l’entrata in vigore della legge Lorenzin spingerà i magistrati a rileggere criticamente tutta la normativa che ci riguarda, già più che ventennale, con occhio diligente.
 
Non è più accettabile, infatti, leggere, in varie sentenze, spesso frutto di un “copia incolla” disattento, riferimenti ad una realtà che, guridicamente, non esiste più.
 
C’è forse in tutto questo una giustificazione storico-culturale.
 
Infatti, i giudici, chiamati oggi a sentenziare, si sono formati in un contesto in cui frequentavano l'università assieme ai futuri medici. Le altre figure professionali erano collocate in altre sedi e avevano un ruolo ausiliario. Spesso chi sceglieva queste attività subordinate non aveva l'ambizione di intraprendere un'attività professionale vera e propria.
 
Molti giudici amministrativi sono ancora condizionati, probabilmente, da quella realtà storica che forse, in alcune forme, è ancora abusivamente presente, ma che, per fortuna, a vantaggio del sistema e delle Persone, è stata superata.
 
Al contrario, i loro colleghi penalisti, da subito, sono stati costretti ad approfondire e interpretare la normativa, nell'ottica della tutela della Persona assistita.
 
Si ricorda che, già nel 1998, prima che la L. 42/99 abrogasse l’ausiliarità, la Cassazione condannò un collega che si era difeso all'antica dicendo di aver correttamente seguito le prescrizione del medico, sentenziando che incombeva su di lui l’obbligo di accertare le condizioni del paziente prima di effettuare le terapie di competenza. La lettura del solo profilo professionale del Fisioterapista (1994) supportò il cambio di prospettiva giuridica.
 
A questo punto sarà utile ribadire alcuni concetti:
Nel caso di attività sanitarie che comportino un rischio scientificamente provato, o ancora non escluso, il luogo di erogazione delle cure non può essere uno studio professionale ma un ambulatorio soggetto ad autorizzazione. Questo vale per qualsiasi professione sanitaria, medici compresi.

Quando un cittadino si rivolge direttamente al fisioterapista, se questo, nella sua visita iniziale, rileva problematiche non di sua competenza o di una complessità tale da richiedere una collaborazione con altri professionisti, sarà il primo a consigliare alla Persona il percorso più adeguato.

Ogni qualvolta le competenze del fisioterapista siano esaurienti per affrontare la problematica della Persona non ci sarà alcun bisogno di coinvolgere altri professionisti sanitari.
Speriamo che tutti i medici capiscano che il fisioterapista, vaccinato e di sana e robusta costituzione, non ha sempre bisogno di loro.
 
Il coinvolgimento del medico per prassi, o per ragioni che non siano strettamente legate alla necessità della Persona assistita, non è più accettabile né scientificamente, né moralmente, né giuridicamente né, tanto meno, economicamente.
 
Mauro Gugliucciello e Gianni Melotti 
Fisioterapisti

20 gennaio 2018
© Riproduzione riservata

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