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Perché credo nelle quote rosa

di Maria Ludovica Genna

29 GEN - Gentile Direttore,
ho letto la lettera della collega Mirka Cocconcelli che ho trovato interessante e ricca di spunti  a cui mi è parso opportuno  aggiungere qualche precisazioni. Le donne medico soffrono da tempo  per “il soffitto di cristallo”, per il gender gap stipendiale nonostante  siano  culturalmente valide ed abile. Da anni se ne parla ma siamo sempre al punto di partenza: non si fanno quote di genere per le elezioni e, storia annunciata, il nuovo  Consiglio Nazionale Fnmceo risulta composto in maggioranza di uomini. Ci pare doveroso ricordare che la precedente Presidente della Fnomceo dott.ssa Chersevani  è stata la prima donna eletta Presidente nella storia della Federazione le cui leggi istitutive non prevedevano quote rosa.
 
La dott.ssa Cocconcelli parla di merito ma sorvola sul fatto che la condizione femminile  sia un problema che i riguarda le donne di tutto il mondo: c’è disparità di trattamento economico , difficoltà di progressione di carriera, le  donne subiscono maggiormente molestie sui luoghi di lavoro e soffrono rispetto agli uomini maggiormente di stress-lavoro correlato per le difficoltà di conciliazione.
 
Chi scrive ha cominciato a fare sindacato più di quindici anni fa come quota rosa in un mondo nella quasi totalità di sindacalisti medici uomini. Dall’inizio del 2000 mi accorsi che le donne medico erano sguarnite dei mezzi di conoscenza per poter salvaguardare i propri diritti di lavoratrici. Ma in questi  anni molte cose a passo lento sono cambiate, alcuni sindacati hanno preteso le quote di genere per statuto , è aumentato il numero delle sindacaliste donne e mi pregio di dirle che fui promotrice della nascita del primo gruppo di donne medico sindacaliste della Campania di un sindacato di categoria.
 
Attualmente sono aumentate le donne medico   sindacaliste  che si sono impegnate e si impegnano per la salvaguardia dei diritti ma purtroppo non si è affermata la contrattazione di genere che potrebbe in parte risolvere le distonie di un sistema sanitario in crisi.
 
E perché dire no alle quote rosa in nome delle quote di risultato?
Le cito ad esempio La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea del 2000 riconosciuta giuridicamente vincolante che  all’art 23 recita:” La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato”.
 
Cocconcelli riporta una frase di Don Milani e propone giustamente l’adozione di politiche di diversity managment che consideri i diritti degli lgbt, giovani e anche delle persone di razze diverse.Crede forse che questi  cambiamenti possano avvenire per naturale evoluzione del pensiero o applicando criteri unicamente meritocratici? Recenti episodi di cronaca ci riportano notizie del “paziente non si fa operare perché l’anestesista è donna” non si fa visitare perché” il medico è di razza negra”. 
 
E’doveroso allora considerare che in questi casi si è impattati in quella che è una mentalità  con pregiudizi atavici contro i quali non basta la lotta fatta solo in nome della meritrocazia e /o del risultato.
 
Le quote rosa dei Cda hanno dato, a mio modesto avviso, un’importante svolta  nel mondo del lavoro in Italia e sono frutto di anni di storia del cammino delle Pari Opportunità nel mondo del lavoro.
 
Basta ricordare che solo nel 1946 per la prima volta le donne esercitarono l’elettorato attivo dopo anni di lotta che le videro  assimilate ai bambini nel campo dei diritti.
 
Sempre la collega Cocconcelli chiede asili nido aperti h 24 per le mamme e i papà turnisti ma aggiungo che si dovrebbe in par condicio chiedere anche la possibilità di banca ore per l’accudimento di genitori anziani  o anche che si  preveda una riduzione dei turni notturni per i lavoratori e le lavoratrici over 60 per salvaguardare la conciliazione lavoro- famiglia e la sicurezza di genere nei luoghi di lavoro. Solo così si potrebbe implementare la conoscenza dell’importanza del lavoro di cura che in primis riguarda la crescita e l’accudimento dei figli  e dei genitori anziani .
 
Personalmente credo nell’importanza quote rosa perché sono incentivi che possono contribuire ad avvicinare le donne a mondi dove la predominanza maschile ha portato ad un ritardo dello sviluppo pieno delle potenzialità femminili e spesso alla mancata acquisizione di esperienze importanti.
 
Fatto il primo passo, poi, sarà più facile affermare i propri diritti e  del resto come disse il premio Nobel Elie Wiesler nel 1986” Una  cosa sono certo: peggio del male vi è solo l’indifferenza. È contro di essa che bisogna combattere con tutte le proprie forze. E per farlo un’arma esiste: l’educazione. Bisogna praticarla, diffonderla, condividerla, esercitarla sempre e dovunque. Non arrendendosi mai “ 
 
Dott.ssa Maria Ludovica Genna
Osservatorio Sanitario di Napoli
 

29 gennaio 2018
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