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Stipendi donne medico. I dati Eurostat non convincono ma qualcosa da cambiare c’è

di Gemma Brandi

21 FEB - Gentile direttore,
ringrazio di cuore il Vicesegretario Nazionale dell’Anaao Assomed, Giuseppe Montante, per avere sottoposto a disamina la questione delle differenze salariali introdotta dal generico e allarmante dato Eurostat, spiegando come le più importanti riguardino, presumibilmente, contratti diversi dalla dirigenza medica della Sanità Pubblica. Il temibile divario sarebbe, in base al suo argomentare, effetto della grossolanità di uno studio che ha preso in esame congiuntamente contratti diversi (pubblici e privati, medici e non).
 
Il Collega rassicura il mondo medico che lavora in Sanità circa la infondatezza di pregiudizi contrattuali. Lungi da insistenze gratuite, allo scopo invece di non lasciare che sia liquidato come di poco conto il problema di una differenza che comunque è riconosciuta anche dall’autore, ben al di là delle affermate garanzie degli accordi sindacali, intervengo di nuovo e in maniera propositiva sull’argomento.

Intanto, se i contratti, almeno quelli pubblici a detta dell’esperto, risulterebbero non gravati da colpe, restano da predisporre aggiustamenti ulteriori. Il Dottor Montante suggerisce: una indennità per la maternità (ribadisco: magari anche la sostituzione dell’assenza conseguente, problema che non è contrattuale, ma amministrativo-politico, entrando in gioco l’uso delle risorse); un orario meno incompatibile con i compiti che la donna ha fuori del lavoro (magari tenendo conto della modernità che avanza e delle possibili declinazioni innovative delle funzioni); alcuni presidi di sostegno, specie della maternità, quali asili nido e similia. Tutti questi sacrosanti benefici, la cui concessione devo supporre essere tra i primi obiettivi delle agende sindacali, non risolverebbero però il problema di una differenza che rimarrebbe.

Non è accettabile che tale differenza sia affrontata approssimativamente e ipoteticamente. Confido che ciascuno dei sindacati medici -mi limito a questi- aspiri a conoscere in dettaglio la situazione dei lavoratori che punta a tutelare in maniera indistinta, e questo indipendentemente dal genere dei Segretari Nazionali e via a seguire.
 
Siamo certi, ad esempio, che le donne medico scelgano attività diurne più confacenti al loro ruolo familiare, attività che le priverebbero delle indennità notturne e di analoghe prebende? E che per tale motivo non ambirebbero a ricoprire ruoli di responsabilità?
 
A ben guardare questi ultimi sono proprio quelli che garantiscono di fare a meno di un obbligo di guardia festiva e notturna e consentono una più ampia libertà oraria, e insieme un salario migliore. Le donne non sono dominate da una inclinazione autolesiva di genere. Semmai tendono a escludere responsabilità insostenibili, ma in tal caso dovrebbe risultare interesse preciso delle forze sindacali combattere, per tutti, contro simili oneri lavorativi, a tutela di utenti e operatori temerari.
 
Né può risultare bastevole, per chi conosce l’odierno mondo della sanità, che si dica che la maggiore presenza di uomini tra i dirigenti medici over-50 -peraltro ribaltata negli under-50, ci viene detto- spieghi una retribuzione mediamente maggiore per i maschi, in quanto frutto della carriera, a sua volta, si afferma, dipendente da anzianità ed esperienza. Mentre nutro qualche dubbio in proposito, fin da ora si può dare per assodato che con il merito la carriera non ha rapporto, altrimenti assisteremmo almeno a un equilibrio tendenziale tra uomini e donne nella assegnazione di incarichi di responsabilità. E questo è il primo punto a sfavore del benessere del sistema e della comunità.

Provo a rendere disponibile una intuizione tattica che contribuisca al piano strategico di irrobustire, come reclamato da più parti, la risposta di salute. Si cominci a indagare approfonditamente sulla stato dell’arte delle retribuzioni mediche, nelle varie espressioni professionali e quindi sindacali. Scopriremmo magari che i nuovi ruoli di AFT per i MMG sono affidati prevalentemente a maschi, o forse no; che i responsabili di branca per la medicina convenzionata sono prevalentemente maschi, o forse no; che i responsabili di Strutture Semplici e Complesse tra i dirigenti sono prevalentemente maschi, o forse no.
 
Potremmo, inoltre, disegnare la distribuzione per fasce di età dei ruoli sovraordinati. Potremmo ancora guardare se, all’interno degli stessi compiti assegnati, siano possibili pesature che avvantaggiano i maschi o le donne. Questo lavoro serve per non allarmare o rassicurare a vanvera. Perché solo quando davvero avremo guardato in faccia il problema, saremo in grado di chiederne autorevolmente le soluzioni, contrattuali e politiche, e cominciare ad affrontare alla radice la salvaguardia di un buon Sistema Sanitario Pubblico, stanando i principi che governano assunzione e reclutamento delle responsabilità.
 
Continuo ad avere fede, come curante e come paziente, che ciò prima o poi accada e che il solo richiederne l’attuazione non sia trattato come vana pretesa. 
 
Gemma Brandi
Psichiatra psicanalista


21 febbraio 2018
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