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De Poli (NcI-Udc): “Sanità indebolita da questa legislatura”

di Antonio De Poli

02 MAR - Gentile Direttore,
in questa legislatura abbiamo lavorato su vari fronti nel campo della sanità: responsabilità civile dei medici, riforma delle professioni sanitarie, il Dopo di noi, il testamento biologico, la legge sull’autismo, ecc. Siamo soddisfatti di tutto? No. Sulla legge sulla responsabilità professionale dei medici, da un lato è positivo il fatto che lo spettro della sanzione penale sia stato di molto ridotto, ma è diventato più complesso il sistema dei risarcimenti civili, esasperando ulteriormente i cosi della cosiddetta medicina difensiva.
 
Il Dopo di noi avrebbe dovuto rispondere alle esigenze dei genitori che hanno figli disabili gravi, ma nella sua applicazione concreta trova grosse difficoltà, anche perché si è tolto spazio e importanza al volontariato. Tutto deve essere professionalizzato, o meglio ancora burocratizzato, per cui le famiglie non riescono più a contare sulla rete dell’associazionismo. C’è un’ipertrofia del sistema di controllo, ma non si affronta adeguatamente il problema delle risorse e dell'accesso alle risorse. La stessa legge sull’autismo: è una buona legge ma se non è finanziata, non può risolvere i problemi della ricerca e dell'assistenza alle famiglie.

La sanità pubblica ne esce complessivamente indebolita perché il sistema non è riuscito a sanare realmente i problemi. Date le lunghe file di attesa per una TAC o una RMN è difficile ottenere in tempi brevi una diagnosi e il paziente ha individuato la scorciatoia del privato convenzionato che si muove in parallelo rispetto al pubblico, garantendo qualità tecnico-scientifica e tempestività nelle risposte. Bisogna intervenire per ridurre le liste di attesa. Far passare 120 giorni (4 mesi) per una mammografia non è da paese civile. Il problema delle liste d’attesa crea un divario enorme tra chi può permettersi di ricorrere alla medicina privata, meglio ancora se si tratta di un privato convenzionato, e chi invece non può.
 
C’è chi rinuncia a curarsi o è costretto a indebitarsi. Secondo il CENSIS sono 31 milioni gli italiani che si sono trovati intrappolati nelle liste d’attesa: il 72% di questi al Sud. Inoltre ricordiamo che il Fondo sanitario nazionale è aumentato in valore assoluto di 900 milioni ma, purtroppo, in parallelo, sono aumentate anche le spese per le Regioni. La ricerca farmacologica ha individuato nuovi farmaci, i cosiddetti farmaci intelligenti, altamente personalizzati, ma davvero molto costosi e non sempre disponibili nelle ASL di riferimento. E infine resta ancora incompiuta la grande sfida della medicina territoriale. Bisogna puntare molto di più sulla prevenzione delle malattie croniche, non solo perché la sanità ha un costo importante ma anche per tutelare la salute e la qualità di vita dei nostri cittadini.

Bisogna spostare l’attenzione dalla medicina ospedalo-centrica alla medicina territoriale in modo da garantire una risposta adeguata ai bisogni di anziani, disabili, malati cronici, attraverso l'assistenza domiciliare, compresa la riabilitazione e la telemedicina, che consente un efficace controllo a distanza, ecc. I costi enormi della medicina ospedaliera ci impongono, come dicevo prima, di fare un salto verso la medicina territoriale. Bisogna rivedere i modelli organizzativi sia negli ospedali che nei servizi di medicina ambulatoriale; magari imitando il Veneto con le visite serali. Attualmente il dialogo tra i vari servizi è molto limitato, con un sovraccarico di ansia e di preoccupazioni da parte del malato e della sua famiglia.
 
Occorre inoltre sbloccare le assunzioni di personale medico e infermieristico, con una particolare attenzione anche ai sistemi di diagnosi e cura, garantiti, ad esempio da radioterapisti e fisioterapisti.
 
Sen. Antonio De Poli (NcI-Udc)

02 marzo 2018
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