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Quando si parla di infermieri sembra che tutto diventi più difficile

di Mauro Carboni

20 MAR - Gentile Direttore,
intervenendo nella discussione sull’ipotesi di CCNL comparto sanità, è chiaro che esiste uno scollamento tra quanto espresso dalla categoria infermieristica, attraverso le sue rappresentanze e le posizioni dei diversi soggetti di parte pubblica. Renzo Alessi, referente del comitato di settore Aran, in un’intervista pubblicata su un giornale internet di settore nei giorni scorsi, afferma che con le risorse a disposizione, “di più non si poteva” e che si tratta comunque di un “bel contratto”.

Saverio Proia, consulente Aran, contrastando la Presidente del Coordinamento Nazionale Caposala, sostiene che per la prima nei contratti del SSN si concretizza la possibilità di carriera professionale dell’infermiere… Aggiunge che prima a livello nazionale c’era il nulla, adesso c’è una norma…da estendere e generalizzare in tutte le Regioni. La Commissione Paritetica, dice Proia, potrà arricchire la potenzialità della norma.

In tutta sincerità, visti i contenuti attuali del contratto, sembra essere davanti ad un contenitore tutto da riempiere!

Rispetto alle affermazioni di Alessi, non credo che le risorse a disposizione (inadeguate per tutti) siano state equamente ripartite. L’equità vorrebbe che chi ha più responsabilità, maggiore livello formativo, maggiori incombenze... dovrebbe avere di più rispetto a chi ne ha di meno. I tabellari degli aumenti dicono altro! Gli incrementi delle indennità sono nell’ordine dei centesimi!

Negare le 35 ore settimanali, in luogo delle 36, al personale di assistenza in H24non è buona cosa se si pensa che altri settori della Pubblica Amministrazione lo fanno già da molti anni. Peraltro avrebbe risolto il problema rientri fuori turno che grava sulla salute degli infermieri. Introdurre lo straordinario obbligatorio, cozza contro la definizione di “buon contratto”! Interrompere le 11 ore di riposo continuativo, nell’arco delle 24, per partecipare a riunioni o perché chiamati in pronta disponibilità, non è sinonimo di buon contratto!

Non aver riconosciuto almeno 30 minuti per il passaggio di consegne, vestizione e svestizione, palesa il digiuno conoscitivo sul lavoro infermieristico di chi ha voluto tempi più brevi. Il rimando ad accordi di maggior favore, laddove esistenti, per tempi più ampi, sarà solo foriero di conflitti, contenziosi e disparità di trattamento da azienda ad azienda.

Evitando una disamina complessiva in questa sede, cito solo un ultimo tema, la Contrattazione integrativa a livello Aziendale. Qui si tratteranno i criteri di ripartizione delle risorse disponibili e le modalità di utilizzo all’interno di 2 fondi: Condizioni di Lavoro e Incarichi e Premialità e Fasce. L’eventuale elevazione dell’indennità di pronta disponibilità sarà possibile con onere a carico di uno di questi due; ciò vale anche per l’indennità di lavoro notturno. In tal modo il CCNL, non prevedendo coperture economiche ad hoc, ha scaricato il problema sulle singole aziende. La stessa indennità potrà essere retribuita diversamente tra un’azienda e l’altra e comunque sempre con oneri a carico dei fondi per la contrattazione aziendale. Insomma una vera e propria devolution contrattuale!

Rispetto a quanto affermato da Proia, ritengo di non poter condividere la sua ottimistica visione poiché questo contratto ha tutti i limiti della frettolosità. La risposta della comunità infermieristica è chiara, non considerarla o snobbarla acuirà gli effetti negativi. Fare un nuovo contratto tanto per…, non è mai una scelta intelligente! Dopo nove anni, attendere anche altri 6 mesi non avrebbe scandalizzato neanche la Corte Costituzionale! Se poi la scelta è stata dell’uscente Governo per spendersi la cosa alle elezioni politiche, mai vista scelta più infelice!

La commissione paritetica, citata come la panacea dei mali di un contratto frettoloso, incompleto e all’insegna della flessibilità selvaggia, non ha né il potere né lo spazio, quand’anche lo volesse, di rimediare agli strafalcioni dell’ipostesi sottoscritta.

Il sistema delle carriere prevede incarichi di organizzazione e professionali che, anche se disciplinati dalla suddetta commissione, non riusciranno a recuperare le carenze concettuali e normative.

Circa gli incarichi di organizzazione (coordinamenti ed “altri di maggiore complessità”(?)), non si comprende dove sia finita la loro responsabilità circa la gestione delle risorse umane, elemento essenziale, fino ad oggi, per poterle graduare. Glissando sulla loro temporaneità, rispetto agli incarichi professionali la provvisorietà è, invece, assolutamente ingiustificabile.

L’errore del Comitato di Settore è stato proprio prevedere l’invarianza del profilo giuridico per realizzare la carriera professionale degli infermieri. Non connotare giuridicamente il professionista come esperto o specialista in un determinato ambito, quando si parla di carriera clinico-assistenziale, equivale a mortificare il significato stesso di “carriera”.

L’esperto è uno che ha acquisito una lunga pratica in un determinato campo, approfondita conoscenza di un determinato argomento, competente e di provata abilità. Oggi tale esperienza, per gli infermieri, è addirittura richiesta dai giudici per fornire un parere tecnico intorno a una questione controversa (CTU). Fornisce pareri scientifici su argomenti di dettaglio. C’è da domandarsi come sia possibile che un esperto in una determinata area assistenziale diventi non esperto qualche anno dopo. E’ un madornale errore concettuale! La verificabilità della performance dell’esperto dovrebbe rientrare nell’ambito del sistema di valutazione aziendale, esattamente come accade per tutti i dipendenti, ognuno nel ruolo che ricopre.

A me sembra che quando si tratta di infermieri, tutto diventi più difficile! Nel contratto della dirigenza medica tutte queste “precauzioni” non ci sono! Addirittura lì sono tutti stabilmente specialisti e tutti stabilmente dirigenti! Per lo specialista vale ovviamente lo stesso ragionamento.

Chiudendo, rispondendo al dott. Proia, vorrei sottolineare che gli incarichi professionali verranno istituiti se e come previsti nell’organizzazione aziendale.
 
E’ immaginabile come sia possibile, in un paese come l’Italia in cui esistono tanti servizi sanitari quante sono le regioni, far valere tout court la norma contrattuale ed estendere e generalizzare questo modello in tutte le aziende d’Italia!

Dott. Mauro Carboni
Nursing Up-Roma
 

20 marzo 2018
© Riproduzione riservata

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