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Infermieri. Se evoluzione deve essere, come fare per ottenerla?

di Ivan Favarin

02 MAG - Gentile Direttore,
il movimento #noisiamopronti è nato per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi delle competenze avanzate dei professionisti sanitari (non medici), su iniziativa degli infermieri ma estesa anche ad altri.

Nella Milano da Bere si pubblicizzava l’estensione della metropolitana “La Linea 3 avanza”, da cui la battuta: “Se avanza, la mangeremo domani”. Si spera che le competenze avanzate non siano quelle “scartate” da altri bensì “evolute”. (Mi sono sempre chiesto se, ad esempio, venipuntura, fleboclisi e via salendo sino all’emogasanalisi cruenta sono tecniche “avanzate” o che “sono state avanzate” dai medici - fra il serio e il faceto).

Preferirei perciò dire “competenze evolute” perché è di evoluzione professionale che si parla. Gli avanzamenti sono anche sinonimo di carrierismo “amministrativo”, che non coincide necessariamente con la vera competenza professionale.

Ma se evoluzione deve essere, come fare per ottenerla?

“Education, education, education” fu la risposta di Tony Blair quando gli fu chiesto di indicare 3 priorità del suo governo.

L’istruzione è un fattore spesso negletto da chi ha già studiato ma che sta man mano radicando nei nuovi professionisti una visione nuova. Si pensi alle diagnosi infermieristiche.

La formazione non può essere il solo fattore di crescita perché gli ostacoli, i “lutti” professionali arrivano puntuali sul posto di lavoro. Come insegnava Kübler-Ross, i lutti prima si negano, poi ci si ribella, poi si patteggia e infine si accettano. “Competenze avanzate? Scordatele!”
Ma se esistono movimenti che le supportano, una base storica ci deve pur essere. I fondamenti per una evoluzione professionale non sono solo formativi, evidentemente.

Per meglio inquadrare la questione ripesco dalla mia pregressa formazione ingegneristica la STEER: analisi sistematica socio-culturale, tecnologica, economica, ecologica, e di regolamentazione.

Formazione ed evoluzione storica stanno nel socio-culturale, come anche l’etica: quest’ultima quindi non può essere il solo fattore guida, nonostante un forte moralismo che permea la società italiana (mai veramente entrata nella sfera illuministica). Decine di articoli di giornale ne sono intrisi.

Gli aspetti tecnologici potrebbero essere una leva (macchina semplice ma efficacissima se del giusto tipo). Stranamente però si viene subito bollati come tecnocrati (ancora una volta un’aura spirituale antimaterialista la fa da padrona). Come sano di competenze ingegneristiche sono convinto che anche la padronanza delle tecnologie fanno di noi dei professionisti più evoluti. Senza tema di sembrare tecnico (il “vil meccanico” manzoniano), sono ben lieto d’impostare la ventilazione non invasiva sul paziente e supportare il medico che non ha dimestichezza con l’apparecchiatura. E così potrà evolvere in meglio innanzitutto la condizione del paziente.

L’aspetto economico è anch’esso stranamente osteggiato. “La vil pecunia”? - No! L’uso razionale delle risorse. Già a suo tempo mi espressi in favore di taluni aspetti dell’organizzazione scientifica del lavoro in sanità. Ora aggiungo che se almeno una decina di sistemi sanitari evoluti (anglosassoni e non solo) hanno sdoganato il task shifting o sono in procinto di farlo, avranno avuto certamente un motivo. Che non è certamente il solo taglio dei costi, bensì anche l’aumento dei margini di tempo e risorse da investire, e meglio. In una parola, una gestione economica, sempre con solidi presupposti scientifici.

Infine, la Regolamentazione: leggi, norme, decreti sono forse il più potente fattore di cambiamento in Italia, dove ancora regna sovrana la carta bollata e ci si appassiona a discutere di articoli e cavilli come per una sfida sportiva. Solo leggi nazionali che certifichino e traducano in pratica le istanze di movimenti come #noisiamopronti potranno davvero fare la differenza. “Forse non sarà una canzone a cambiare le regole del gioco” si cantava nel 1990, né una mia modesta lettera al direttore. E forse neppure un movimento di opinione. Ma una legge, sì.

Intanto, cari colleghi vicini e lontani (geograficamente e per ruolo), dimostriamo davvero di essere pronti. Lo siamo davvero?

Miglioriamo la nostra formazione, rivediamo la nostra preparazione, facciamo pressione per una riconsiderazione economica e normativa. Qui ci viene in soccorso la SWOT Analysis. Internamente, rafforziamoci facendo tesoro anche delle nostre debolezze.

Esternamente, cerchiamo di rappresentare un’opportunità più che una minaccia agli occhi dei detentori di interesse (stake holders), in primis i cittadini.
 
Ivan Favarin
Infermiere - BSc(Honours degree) Business with Technology e Ingegnere della Produzione Industriale

02 maggio 2018
© Riproduzione riservata

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