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Il programma Grillo cozza con le cifre della nota di aggiornamento del Def

di Antonio Panti

08 OTT - Gentile direttore,
Quotidiano Sanità ha pubblicato la Nota di aggiornamento del DEF (quella che ha rinnovato i fastigi del balcone nella politica nostrana). Da qui al 2021 il Fondo Sanitario aumenterà di poco più di un miliardo l'anno (da 116 a 121 miliardi tra il 2018 e il 2021, meno dell1% annuo) il che comporta, visto il previsto incremento del PIL, una diminuzione dell'incidenza del suddetto FSN sul PIL stesso.
 
La Nota infatti, a legislazione vigente, prevede un incidenza del FSN sul PIl del 6,6 nel 2017, che scende al 6,5 nel 2019 e al 6,4 nel 2020 e 2022. Tutti sappiamo che questo dato è il peggiore dei grandi paesi OCSE, tanto che spesso ci chiediamo quali sarebbero i dati di salute degli italiani senza l'abnegazione dei professionisti della sanità.

Ricordo inoltre che gli economisti auspicano un tasso di inflazione annuo di almeno il 2%. Mi sembra ovvio che, se così fosse, (incremento del FSN di meno dell'1%, decremento progressivo della sua incidenza sul PIL) le ASL avranno difficoltà a pagare le bollette, altro che sostenere l'innovazione.
Eppure il Ministro della Salute, e la stessa Nota, annunciano una serie di interventi di politica sanitaria: affrontare la cronicità con il corteo delle polipatologie, migliorare e rendere uniforme l'erogazione dei LEA, gestire la domanda con il conseguente incremento della complessità, integrare al meglio sociale e sanitario, incrementare gli interventi di promozione e prevenzione, infine tenere il passo col progresso scientifico e garantire l'innovazione tecnologica. Non pare poco!

Il DEF indica le principali azioni da intraprendere che riguardano il personale (si promette di aumentare le assunzioni e di lottare contro il precariato), la governance, la promozione dell'innovazione, il monitoraggio del LEA, l'adeguamento del patrimonio edilizio (quasi tutto fuori regola antisismica), infine la digitalizzazione del sistema salute, compresa l'anagrafe vaccini. Tutte cose alquanto costose.

Si pensa, come sempre, di farvi fronte con la lotta agli sprechi e, di nuovo, alla regolamentazione e al controllo della spesa farmaceutica. Finalmente le superiori gerarchie si sono rese conto che l'aumento dei costi delle terapie rischia di far saltare i conti del servizio. Ma qui è l'intoppo: si riesce a fare un patto con i produttori - le multinazionali del farmaco- (il che contrasta con i concetti prevalenti di libero mercato) o, come sempre, si introdurranno ulteriori costrizioni prescrittive per i medici?

Ora è chiaro che siffatto programma della Ministra, confermato nel DEF, cozza con la realtà delle cifre. Tanto più che l'incipiente regionalizzazione del servizio, che per ora sembra interessare solo pochi, incalliti sostenitori della lotta alle disuguaglianze (alla cui genia mi associo), condurrà fatalmente a un minor controllo della spesa. Ma c'è di più.

La questione sanità si colloca in un programma di governo che i partiti di maggioranza sono decisi ad attuare, in coerenza con le promesse elettorali. Tutto ciò implica maggiori spese (sistema pensionistico, minori tasse, reddito di cittadinanza) i cui costi non potranno non ricadere anche sul finanziamento dei sevizi (con la scuola si è già cominciato e il DEF è assai poco rassicurante sulla sanità).

Gli elettori vedranno quindi attuate, almeno in parte, le promesse elettorali ma, forse, non sono stati avvertiti che mantenere i livelli di assistenza raggiunti dal nostro servizio nazionale sarà almeno improbabile.

E' come se i sogni dei componenti il governo, il Ministro e i due vicepremier, inconsapevolmente divergessero. Ciascuno promette, compreso il Primo Ministro, che tutto si possa fare, la scomparsa della povertà (Di Maio), l'ammodernamento del servizio (Grillo), la diminuzione delle tasse (Salvini). "Un trop vaste programme" rispose De Gaulle a chi gli proponeva di abolire la credulità umana.

Antonio Panti  

08 ottobre 2018
© Riproduzione riservata

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