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La crisi dei Pronto soccorso non si risolve cambiando i codici ma garantendo sufficienti risorse umane e logistiche

di Laura Stabile

Pur essendo in una posizione di prima linea il Pronto Soccorso è quasi dovunque trascurato, non essendo dotato delle risorse umane e logistiche di cui avrebbe bisogno per fronteggiare l’immane carico di lavoro. Nessun decreto, nessuna riforma potrà avere qualche effetto se prima non si interviene coprendo gli organici medici e infermieristici, assicurando spazi operativi adeguati, garantendo condizioni di lavoro sicure e dignitose
 

12 NOV - Gentile Direttore,
il nodo Pronto Soccorso è uno dei problemi più rilevanti della sanità e interessa tutti o quasi gli ospedali del nostro paese. E’ stata recentemente divulgata alla stampa un’ipotesi di riforma del Pronto Soccorso che è allo studio presso il Ministero della Salute, ma questo ha subito replicato che si tratta di atti predisposti negli anni precedenti ancora soggetti a valutazione. Tale ipotesi di riforma mostra molti contenuti decisamente improbabili e ci auguriamo che il Ministero non proceda su questa strada.
 
In questo documento viene data molta enfasi alla trasformazione dei codici che identificano il grado d’urgenza, proponendo di passare dalla nota codifica contraddistinta da quattro colori, rosso, giallo, verde, bianco, ad una con cinque gradi d’urgenza, dove i colori sono sostituiti da numeri arabi, dall’1 al 5.
 
Secondo questa ipotesi passando dai colori ai numeri si potrà “focalizzare l’attenzione sulle condizioni cliniche.” Ma il codice del triagenon è altro che una sorta di semaforo che dà la priorità di accesso alla visita medica in base al grado di urgenza che presenta il paziente, grado di urgenza che non sempre si identifica con la gravità.
 
Come la trasformazione del codice da colore a numero arabo possa consentire di meglio inquadrare clinicamente il paziente è un mistero.  Anzi, sarebbe quasi un miracolo, ma i sanitari che lavorano nei Pronto Soccorso e i malati costretti ad attese estenuanti non credono ai miracoli, ma vogliono fatti concreti, non annunci fideistici o dogmi.
 
E’ invece certo che l’attuazione di una siffatta trasformazione comporterebbe necessariamente la modifica dei software di triage di tutti i pronto soccorso esistenti in Italia, ma anche dei software regionali e nazionali che raccolgono ed elaborano i dati provenienti dai pronto soccorso.
 
Con costi ipotizzabili in milioni di euro per i soli aggiornamenti informatici, a cui dovrebbero aggiungersi le risorse per la specifica formazione di migliaia di infermieri e per la pubblicizzazione dei nuovi codici alla popolazione.
 
A quale scopo? Un codice di triage deve essere funzionale all’identificazione delle priorità, immediatamente percepibile nel significato, universalmente riconosciuto. Tutte proprietà possedute dal codice colore, ma non sembra altrettanto per quello numerico.
Nel piano si prevede anche di fissare di tempistiche precise per la presa in carico dei pazienti, dai 15 minuti del codice giallo, che diventerebbe codice 2, alle 4 ore del codice bianco trasformato in codice 5.
 
Così verrebbe stabilito il tempo massimo che un malato potrà aspettare in triage prima di essere visitato dal medico. Auspicio lodevolissimo, ma si può pensare che basti un decreto per abbattere le code in pronto soccorso?  Forse fino ad ora medici e infermieri sono stati pigri o dispettosi nel far attendere ai malati tempi infiniti in barella? E tali anche i medici dei reparti a trascurare di rendere prontamente disponibili i letti di degenza? Per decreto si smaltirebbero come per incanto le code, si libererebbero i letti?
 
Bisogna finalmente capire che il Pronto Soccorso non è un’entità avulsa dal contesto sanitario in cui opera, il Pronto Soccorso si trova in prima linea ed è quindi la prima struttura a risentire del peggioramento/impoverimento del sistema sanitario pubblico. Da un lato vi è la cronica difficoltà a ricoverare in tempi ragionevoli a causa della carenza di posti letto in ospedale, dall’altra gli accessi   aumentano a dismisura perché i pazienti che hanno bisogno di cure sul territorio non le trovano se non in minima parte, e allora vanno in Pronto Soccorso perché non sanno a chi altro rivolgersi.
 
Ma pur essendo in una posizione di prima linea il Pronto Soccorso è quasi dovunque trascurato, non essendo dotato delle risorse umane e logistiche di cui avrebbe bisogno per fronteggiare l’immane carico di lavoro. Nessun decreto, nessuna riforma potrà avere qualche effetto se prima non si interviene coprendo gli organici medici e infermieristici, assicurando spazi operativi adeguati, garantendo condizioni di lavoro sicure e dignitose.
 
Laura Stabile
Membro Commissione Igiene e Sanità del Senato (Forza Italia)
Già Direttore Struttura complessa Medicina d'Urgenza a Trieste

12 novembre 2018
© Riproduzione riservata

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