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E se la centralità non fosse del malato?

di Massimiliano Zaramella

13 DIC - Gentile Direttore,
l’ultimo articolo del Prof. Cavicchi, circa la centralità del malato in sanità, oltre ad insegnarmi una nuova parola come “truismo”, mi ha infastidito nell’intimo in quanto ha risvegliato un pensiero che mi frulla in testa ormai da tempo. La mia esperienza personale, con le difficoltà quotidiane dei professionisti sanitari (medici, psicologi, infermieri, tecnici sanitari), nonostante la stima che nutro per la lungimiranza rivoluzionaria del Prof. Cavicchi, mi porta ormai a ritenere l’assioma della centralità del malato in sanità come fallimentare se non addirittura sbagliato.
 
Sono estremamente cosciente di ciò che affermo e sono convinto di poterlo sostenere con la coscienza pulita di chi, ancora prima di iniziare gli studi di medicina, ha sempre pensato al valore etico e sociale della nostra Professione, mantenendo tale convinzione durante il corso di laurea, la scuola di specializzazione ed i vent’anni di professione che mi porto sulle spalle.
 
Il valore non solo del malato, ma in generale di ogni singolo individuo, non è solo una stella polare del mio intelletto e del mio mondo emozionale, sarebbe troppo facile, è una pratica quotidiana faticosa ed a volte magari maldestra, ma cosciente e convinta.
 
Eppure, nonostante questo, vedo col passare degli anni sempre più mortificato chi lavora in sanità; aumentano le distanze tra noi ed i nostri pazienti, la fiducia e l’alleanza hanno lasciato spazio alla diffidenza, alla conflittualità, all’arroganza e naturalmente al contenzioso.
 
Eppure sono ormai anni ed anni che tutti ci riempiamo la bocca di “truismi”: il paziente al centro, l’autodeterminazione del malato, la comunicazione medico-paziente, l’alleanza terapeutica, la condivisione del percorso terapeutico. Nonostante ciò tutto sta andando a rotoli e la sanità è ormai allo sfascio.
 
Ergo stiamo sbagliando, la strada non è questa! La soluzione credo stia nella capacità di guardare da dove arriviamo e dove siamo, che ci piaccia o no.
 
La trasformazione dei nostri ospedali in aziende ha modificato le fondamenta non solo strutturali ed organizzative della sanità, ma anche il nostro modo di lavorare e curare (il prendersi cura sarebbe un truismo “à la mode” più adeguato). Forse a molti di noi questo rincorrere o meglio scimmiottare il mondo imprenditoriale, la logica del business non piace, ma ormai qui siamo.
 
Allora se la sanità deve reggersi sui principi, sui valori(?), sulle dinamiche imprenditoriali facciamolo, ma facciamolo bene, in linea con i tempi e la modernità del mondo imprenditoriale!
 
Sono decenni ormai che chi fa impresa, chi è nel commercio non utilizza più il concetto del “cliente ha sempre ragione”, che “il cliente viene prima di tutto”, che il “cliente è il centro del business”, la vera risorsa su cui investire sono i dipendenti, i lavoratori, se sono motivati e valorizzati i primi ad avvantaggiarsene sono proprio le aziende ed i clienti.
 
Ma allora perché la sanità-azienda non va’ a passo con i tempi e invece di riportare i modelli moderni virtuosi, efficaci ed efficienti del mondo imprenditoriale, ricicla anacronisticamente un modello ormai riconosciuto vetusto e fallimentare nei paesi industrializzati? Per me è un vero mistero.
 
Ma secondo Lei un professionista valorizzato, motivato, messo nelle condizioni migliori possibili per fare il proprio lavoro a chi porterebbe grandi vantaggi? Secondo me ai malati in primis ed alle aziende sanitarie inevitabilmente.
 
Voglio infine svelarvi il segreto di Pulcinella: ai malati ed alle persone in generale non interessa essere al centro della sanità, anzi per ragioni facilmente intuibili ne vorrebbe stare proprio al di fuori se non in posizione defilata. Ciò che la gente nel momento del bisogno cerca sono risposte e soprattutto aiuto, il resto sono chiacchiere con le quali, soprattutto chi non lavora nella sanità,  cerca di riempire un vuoto imbarazzante e vergognoso.
 
Quindi il problema non è più, e forse non è mai stato, se il paziente sia o meno al centro della sanità, ma capire se c’è la volontà, la capacità e lo spessore di chi ci governa e di chi programma la sanità di trovare soluzioni vere o di continuare in questo teatrino dell’assurdo.
 
Massimiliano Zaramella
Presidente Obiettivo Ippocrate

13 dicembre 2018
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