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È tempo rivedere le prerogative dell’agire infermieristico in emergenza-urgenza

di Roberto Romano

03 GIU - Gentile Direttore,
mi allaccio alla lettera del Dr. Tulli, inviatale qualche settimana fa, per portare alcune riflessioni. Tulli pone l’attenzione, nei dieci punti che invia, sulla necessità di ampliare le competenze infermieristiche, nell’ambito dell’area critica e della medicina di urgenza, implementando progetti formativi come quello che fu portato in Toscana, per il personale medico, con la collaborazione dell’Università di Harvard.
 
Ovviamente questo può essere un percorso assolutamente interessante e da perseguire e denota, per chi come me lo conosce da anni, la sua vision da sempre illuminata. Nel contempo un percorso fondamentale, a mio avviso ancora più interessante, sarà quello che FNOPI sta portando avanti riguardo la laurea magistrale ad indirizzo clinico. Il tutto, magari, riunito ad una valorizzazione delle competenze, anche quelle informali, acquisite durante tutto il percorso lavorativo.

Per quanto riguarda il sistema di emergenza territoriale, ma non solo, troppe, però, sono ancora le resistenze culturali, specie quelle spinte da una certa area medica ancora multiresistente ad ogni tipo di cambiamento. Queste resistenze, che paiono bloccare l’evoluzione infermieristica ma che, in realtà, recano danno anche ad una possibilità di evoluzione medica - che pare così restare arroccata su paradigmi del secolo scorso - non fa bene in primis agli utilizzatori finali del servizio di emergenza: potenzialmente ognuno di noi.

Sembra di assistere costantemente ad una danza sconclusionata in cui ad una apertura ideologica si fanno corrispondere due chiusure, per poi fare vice versa, a seconda del momento, del luogo, del pensiero, più o meno dotto, di chi si esprime.

La realtà è che manca, pur tenendo presente l’autonomia regionale in termini di sanità, una vision politica e tecnica ben definita ed il più possibile univoca a livello nazionale su quello che il sistema di emergenza territoriale dovrebbe fare e su quelli che dovrebbero essere gli outcomes da esso attesi. Una sanità che offre una estrema variabilità di risposta nel sistema di emergenza, come quello a cui si assiste nel nostro Paese, non è certamente ben gestita e non fornisce un servizio efficace ed efficiente in tutti i casi al cittadino utente. I nostri sistemi offrono molteplici risposte tecnico gestionali di cui, nella maggior parte dei casi, non è dato conoscere i reali esiti.

In questo evidente vuoto tecnico-politico si insinuano pareri, spesso tutt’altro che tecnicamente corretti, di questo o di quello, di questa o quella associazione, che paiono più perorare cause specifiche, magari anche nobili ed importanti (forse non sempre), come a volte veri e propri interessi specifici, piuttosto che una richiesta fondata di miglioramento del sistema nel suo complesso.

Forse sarebbe ora di dire, e di farlo con chiarezza, che gli infermieri sul territorio dovrebbero andare a ricoprire, in un sistema ideale basato su tre livelli di soccorso, lo spazio del secondo (media complessità), in autonomia e su procedure ben scritte, condivise e regolarmente revisionate, e del terzo (alta complessità), quando necessario in maniera collaborativa con il medico di emergenza territoriale. Sempre tenendo conto che la letteratura, a dispetto di quanto qualcuno vorrebbe far credere, vede una percentuale del 4-6% appena in quei casi che rientrano poi realmente nella gestione di terzo livello.

Là dove questo viene fatto - ad esempio in regioni come Toscana, Lombardia, Emilia Romagna - anche qui con varianze ancora troppo importanti, il sistema funziona.

Facile? Tutt’altro.

Per arrivare a questo bisognerebbe agire in primis sulla formazione e sulla selezione degli operatori, dai volontari e soccorritori, ai medici, passando ovviamente per gli infermieri.

In pochi luoghi, diciamocelo, questo livello è seriamente affrontato. Divertente, in questo senso, il gioco al ribasso cui si assiste ultimamente sulle ore di formazione da erogare per gli autisti soccorritori. Qualcuno dovrebbe ricordarsi che la formazione è l’unica cosa che l’operatore ha, insieme al buon senso e alla benzina, per affrontare le situazioni di vera emergenza extraospedaliera.

Ecco allora che la proposta di Tulli, come altre simili che si sono susseguite nel tempo, potrebbero diventare dirompenti, portando un miglioramento drammatico nel sistema, o restare lettera morta o, nel migliore dei casi, un ennesimo master da gestire per qualcuno che però, come spesso è accaduto, non porterebbe ricadute operative degne di nota.

Per arrivare al risultato di cui sopra, chiudendo finalmente le sterili e stantie discussioni portate avanti da taluni, ormai da anni ed in alcuni casi ben sopra le righe, sulla liceità della azione infermieristica autonoma in area emergenza urgenza (allucinante che nel 2019 si parli ancora di
questo), è probabilmente necessario rivedere, ampliandole, le prerogative dell’agire infermieristico in quest’area specifica, risultando ormai evidente che le normative in essere risultano non più del tutto confacenti al bisogno e all’evoluzione che l’infermieristica in quest’area ha visto negli ultimi venti anni.

Da infermiere, e da infermiere che si muove in quest’area sia a livello operativo che politico professionale, necessito di essere messo in condizione, insieme alle migliaia di colleghi che fanno altrettanto ogni giorno ed ogni notte, di agire con tranquillità, con la giusta e doverosa formazione e con il riconoscimento, perché no anche economico, dovuto per l’opera che ogni giorno tutti noi svolgiamo.

Se questo non sarà, purtroppo, con buona pace di molti, continueremo ad assistere ancora a lungo a lotte fratricide tra medici ed infermieri, nonostante i tentativi lodevoli di distensione che provengono da ogni parte. Due figure, il medico e l’infermiere, che al contrario dovrebbero vivere accanto, in sinergia (che non è la simbiosi che taluni vorrebbero) ed in una relazione assolutamente simmetrica. Questo è costantemente bloccato dalla scarsa vision prospettica di alcuni medici e, qua e là, di qualche infermiere, per motivi esclusivamente corporativi.

Roberto Romano
Consigliere OPI Firenze - Pistoia Referente Area Emergenza Urgenza


03 giugno 2019
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