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Abbiamo ancora bisogno della sperimentazione sugli animali?

di Arti Ahluwalia

22 OTT - Gentile Direttore,
la sperimentazione animale è una tema molto dibattuto. Da un lato ci sono gli animalisti, anti-specisti, anti-vivisezionisti, che sostengono che la sperimentazione animale sia eticamente scorretta e inutile perché “un uomo non è un ratto di 70 kg”, facendoci ricordare di una lunga lista di farmaci falliti. Dall’altra parte abbiamo gruppi con un punto di vista più “antropocentrico” che rivendicano la centralità della vita umana e il ruolo giocato dagli animali nelle più importanti scoperte scientifiche. Quindi, in nome del progresso medico-scientifico, sostengono che si debba contemplare il sacrificio degli animali nella ricerca.
 
Entrambe questa fazioni presentano talvolta argomentazioni non scevre da retorica, arrivano a formulare talvolta domande prive di reale senso: Daresti a tuo figlio un farmaco non testato? Come mai i metodi animali non sono stati sottoposti a validazione invece i metodi alternativi debbono essere sempre validati, dopo un confronto con quelli animali?
 
Si tratta di due ideologie opposte, per sostenere le quali vengono riportati dati e casistiche differenti, scelti solo fatti e ‘circostanze’ utili a sostenere la validità di una delle due posizioni e ignorando l’altra: un fenomeno noto in psicologia come bias di conferma.
In base all’evidenza complessiva non è corretto affermare cha la sperimentazione animale sia stata inutile. Tra i numerosi esempi, le statine per il colesterolo o il vaccino anti-influenza hanno migliorato decisamente la qualità della vita di molte persone, il prezzo di questo avanzamento della ricerca è stato il sacrificio animale, grazie al quale gli scienziati hanno potuto mostrare la sicurezza e l’efficacia delle relative sostanze in laboratorio.
 
La sperimentazione sugli animali, dunque, è stata necessaria per capire cosa potrebbe succedere nel corpo umano, permettendoci di ottenere i risultati scientifici di cui tutti oggi godiamo i benefici. Il ragionamento scientifico di partenza è che gli animali sono molto simili all’uomo per cui è spesso possibile predire, dagli effetti che osserviamo in un esperimento condotto su un ratto o un maiale, quello che probabilmente succederà in una persona. Cioè, un animale è una buona rappresentazione e quindi modello di un essere umano. Sta a noi scienziati interpretare nella giusta maniera quello che osserviamo in laboratorio e traslarlo nel contesto umano - accettando, ovviamente, i limiti e i rischi del modello.
 
Cento (o anche solo dieci o quindici) anni fa non avevamo le tecnologie per poter fare altrimenti. Oggi invece i progressi scientifici e tecnologici nell’ambito biomedico, informatico, e ingegneristico (per esempio la creazione di mini organi e tessuti umani, intelligenza artificiale, sistemi microfluidici, imaging) stanno aprendo la strada verso opportunità completamente nuove e mini impattanti sul piano sociale. Si sta dunque delineando uno scenario simile a quello che ha portato all’abolizione della schiavitù o alla scrittura dell’accordo di Helsinki per proteggere l’uomo dalla sperimentazione.
 
Se si allarga lo sguardo ad altri campi della ricerca, per esempio quella che ha ad oggetto i sistemi di navigazione, sono stati fatti dei passi avanti enormi e le relative tecnologie sono state adottate da tutti. Migliaia di anni fa usavamo le stelle e i compassi per determinare la posizione e il percorso. Ora tutti sono in grado di navigare usando lo smartphone, con un’accuratezza di pochi metri, anche se le stelle e compassi esistono sempre e sono abbastanza accurati per arrivare da A a B. Allo stesso modo, la telemedicina, i robot e la realtà aumentata consentono ai medici di operare pazienti che sono lontani migliaia di chilometri, anche se è ancora praticata la chirurgia ‘in presenza’.
 
A questo punto sorge spontanea una domanda: oggi abbiamo ancora bisogno della sperimentazione sugli animali? Nell’ambito della tossicologia - branca della medicina che si occupa di valutare quanto è dannosa una sostanza in funzione della quantità somministrata - i modelli in vitro già affiancano la sperimentazione animale in alcuni test, nell’ottica di una riduzione delle cavie da sacrificare ma anche di una migliore conoscenza del fenomeno da studiare. Inoltre, già diversi paesi, tra cui i Paesi Bassi e gli Stati Uniti, hanno deciso di abolire l’uso delle cavie nei test tossicologici tra qualche anno.
 
Abbiamo ancora bisogno degli animali per indagare effetti di sostanze che coinvolgono più organi, ma non possiamo farne a meno anche per studiare il sistema immunitario, funzioni cerebrali complesse o il sistema endocrino. Ma questo non è un motivo per smettere di lavorare per un futuro senza animali, quello rimane, anzi, il nostro obiettivo!
Un mondo in cui avremo le tecnologie e le conoscenze necessarie per ingegnerizzare un mini-sistema linfatico umano affiancato da una modellistica computazionale basata sull’intelligenza artificiale per poter studiare le funzioni immunitarie forse anche con più precisione rispetto ad una cavia è un mondo migliore per tutti.
 
Quindi, sulla base dell’evidenza scientifica accumulata negli anni, non è ragionevole sostenere che la sperimentazione animale non è servita a niente. Ma è anche irragionevole sostenere che non abbiamo altri modi per fare modellizzazione del corpo umano ed è quindi necessario usare l’animale perché sennò la ricerca biomedica fallisce e le malattie non si curano più.
Partendo dalle tecnologie che abbiamo a disposizione oggi, così come abbiamo cambiato i sistemi di navigazione possiamo cambiare il paradigma dei modelli sperimentali basati sulle cavie ed andare nella direzione prevista anche dalla relativa direttiva europea (2010/63, considerazione n. 10).
E questo non per seguire un’ideologia piuttosto che l’altra ma per studiare e modellare in maniera più precisa i sistemi biologici, aumentare i benefici per l’uomo, per gli animali e per la conoscenza scientifica.
 
Arti Ahluwalia
Direttrice del Centro 3R - Università di Pisa

22 ottobre 2019
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