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Confini, ruoli e stipendi delle professioni sanitarie. Si decidano in concertazione

di Calogero Spada

18 DIC - Gentile Direttore,
seguendo il dibattito successivo alla delibera n. 2276/19 del Veneto, noto che diverse questioni nodali ancora non siano emerse. Per quanto riguarda il tema proposto dal prof. Cavicchi nella sua recente trilogia della “concertazione” (che effettivamente né il CCNL comparto, né la delibera Veneta contemplano), non dovrebbe sfuggire che fino ad ora la posizione dei medici sia stata una, sola ed inflessibile: no ad una evoluzione dei professionisti sanitari che sia “erosiva” del campo proprio di attività e di responsabilità dei medici.
 
I corollari logici sono che:
1. una rottura della concertazione non è mai avvenuta, perché in realtà non ne è mai stata seriamente avviata alcuna;
2. l’indubbia rivalità medici vs comparto non è stata ex novo azionata da una contrapposizione contrattuale, ma da una sempre esistita antitesi su base sociologico-normativa; contrasto verso cui una intesa neonata autoreferenza del comparto altro non è che una “corsa agli armamenti”, tanto biasimevole sotto l’aspetto strumentale (Veneto), quanto legittima per la controparte.
 
Un altro tema rimasto alquanto sommerso è quello dei titoli abilitanti: già sussistendo per i professionisti del comparto titoli di studio quali master di primo, secondo livello e laurea specialistica, pure citati nel contratto comparto, ma assenti nel dispositivo Veneto, e pure considerando i corsi di formazione volontaria cui lo stesso rimanda, la domanda è: come mai servono dispositivi aggiuntivi e formazione regionale per dare a tale contesto un qualche contenuto?
 
Perché così facendo si afferma, appunto, una pesante contraddizione di vacuità di fatto di tali titoli: vorrei dar ragione a Cavicchi quando afferma che “la politica del tempo, vigliaccamente, preferì non avere rogne e non fare scelte”, a patto che ci si riferisca non soltanto al contratto e al comma 566, ma anche al governo complessivo della evoluzione accademica del comparto, che a questo punto si scoprirebbe essere stata tanto pomposa nella forma quanto carente nella sostanza. 
 
Infatti pare alquanto curioso che la delibera Veneta citi una norma del 2006 (la legge 43) per l’identificazione dei professionisti, ma che per la sua formazione regionale faccia riferimento proprio a quel sistema di regole che in realtà affonda le proprie radici fino a norme che distonicamente designano quale strumento formativo ciò che ritenevamo ormai ampiamente superato, ossia diplomi universitari e, addirittura, “scuole dirette a fini speciali”, i cui esiti non farebbero altro che riproporre più temi accantonati ed ormai in odio: mansionarismo, ancellarietà etc…
 
Temi che niente hanno a che fare con una evoluzione ad ampio respiro ed a tutto campo dei professionisti del comparto (che nemmeno possono essere relegati alla condizione di discenti a vita), che peraltro dovrebbe anche liberare il campo dal modello “matrioska”, secondo cui in un medico è variamente ma validamente presente il professionista sanitario di comparto della stessa branca.
 
Pertanto, chiarendo:
- che la abbagliante ma funambolica delibera Veneta nel tentativo di fare un passo in avanti certamente ne fa fare forse più di uno indietro;
- che non si vuole sostituire una mentalità classista tra le più spietate con un’altra.
 
Dando poi ragione a Cavicchi nell’assunto che le logiche gestionali siano locomotori inaffidabili di un regionalismo differenziato tanto deregolamentato quanto degenere, ritengo che le ragioni profonde che spingono le professioni ad allargare le loro competenze non possono più essere negate, allora occorre isolare ed esplodere temi differenti: 
- anzitutto quello della valorizzazione delle professioni del comparto, che non può non essere funzionale ad un parificato incremento retributivo, assai furbescamente glissato dalla delibera Veneto;
- in secondo luogo che detto tema non debba essere motivo di speculazione alcuna da parte di chicchessia (Regioni, Aziende, Università o Stato);
- infine che dalla diatriba “competenze vs incompetenze” non si viene fuori se non si dirime il secolare trade-off comunque imposto (concerto o non concerto) dalla classe medica.
 
Perciò in sede di Consulta sarà tanto inevitabile quanto reciprocamente utile e serio, nonché realmente economico, affrontare e risolvere in concertazione, una volta per tutte ed in tutta chiarezza, la ridefinizione dei confini, dei ruoli e degli stipendi delle professioni, su base unica Universitaria (laurea quinquennale + eventuali master), valida per tutto il territorio nazionale.
 
Dr. Calogero Spada
Dottore Magistrale
Abilitato alle Funzioni Direttive
Abilitato Direzione e Management AA SS
Specialista TSRM in Neuroradiologia


18 dicembre 2019
© Riproduzione riservata

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