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Una lettera di Natale inascoltata

di Gemma Brandi

04 GEN - Gentile Direttore,
fu nella notte di Natale di oltre dieci anni or sono che scrissi la lettera che di seguito riporto, spedendola ai vertici locali della Salute. Solo una disperazione lucida poteva averla dettata. La stessa disperazione che leggo in molte note di Colleghi interessati alla cura dei malati. Niente da allora sembra essere accaduto.
 
Oggi come in quella notte rimane semmai il fastidio di chi gestisce il potere per una comunicazione onesta, responsabile, coraggiosa. L’ingenuità mia non è solitaria ed è la leva di scelte che non imbocchino la via del misconoscimento dei bisogni, bensì di un loro riconoscimento altrettanto onesto, responsabile, coraggioso. Ecco cosa scrissi.
 
“Caro Gesù Bambino,
mi rivolgo a te, che stai per rinascere come ogni anno nella semplicità della tua mangiatoia, per rappresentarti la situazione di bisogno del più povero dei quartieri di questa splendida città immiserita. So che gli altri angoli di Firenze non stanno molto meglio dell'Isolotto, ma un tantino meglio sì, specie le aree più agiate; so che questa potrebbe diventare una guerra tra poveri e me ne addoloro; so quanto mi sia costata la insistita questua di questo anno -addirittura l'invito a dimettermi dalla mia responsabilità!-, ma tacere mi parrebbe irresponsabile e il Paese non ha necessità di irresponsabili.
 
Dunque mi metto al riparo del tuo sorriso per riproporre il tema proprio stanotte, una notte di festa per molti, ma non per tutti, certo non per gli utenti e per gli operatori della Salute Mentale Adulti del Quartiere 4 di Firenze, i primi costretti ad accontentarsi di venti minuti mensili ciascuno dell'orario dirigenziale, i secondi a rincorrere una domanda crescente, cui hanno saputo dare risposta con i costanti risparmi operati sugli inserimenti in strutture convenzionate esterne, tra i più bassi della città, con l'abolizione, negli ultimi cinque anni, degli invii di pazienti in OPG e in carcere da questa area cittadina pure difficile, con l'azzeramento delle liste di attesa, con il rispetto puntuale della restituzione epidemiologica comprovata dalla tenuta nel tempo dei dati, con il più basso numero di posti residenziali interni (sette a fronte di quartieri che ne hanno il quintuplo), eccetera eccetera eccetera.
 
Mantenere simili standard a isorisorse è stato possibile, ma farlo con un abbattimento del quindici per cento del personale psichiatrico non è possibile. Ecco perché allego, alla mia letterina a te, l'ennesima prova di quanto asserisco inascoltata da mesi, confidando che il tuo aiuto mi sia di aiuto, che aiutandomi Iddio mi aiuti e la Provvidenza ci metta una pezza. Vorrei che si guardasse alla difficoltà che sollevo come al particolare nel più generale bisogno di attenzione che la Salute Mentale cittadina deve pretendere, un assetto che ha solo il settore infermieristico a isorisorse, in cui la parte socio-sanitaria registra da anni una discesa numerica oggettiva e questo mentre consensualmente lievitano i gravi gesti aggressivi che minacciano, anche tra le mura domestiche, il quieto vivere del cittadino.
 
La qual cosa dimostra, se mai occorresse, come maggiore salute comporti maggiore sicurezza. Non saprei dire da quanti e quali fatti di cronaca nera l'operare seriamente in salute mentale preservi la cittadinanza, ma tu certo devi saperlo.
Benvenuto, simbolo di misericordia e verità, in questa notte di una splendente luna piena natalizia da Gemma Brandi che aspetta da te un dono non superfluo”.
 
La lettera, rimasta senza risposta, ebbe certo una eco se, uno di quegli organi di governo del sistema, ebbe a citarla di lì a qualche anno come una missiva geniale nella sua spudoratezza e nel suo chiamare in causa l’Ente Supremo. Non credo che si debba invocare la misericordia del Dio per ottenere indispensabili risorse. Credo piuttosto che la domanda argomentata e documentata di un tecnico responsabile meritasse di essere presa in considerazione ben prima di quel Natale e che, oggi come allora, si debba a simili richieste rispetto, ascolto e soddisfazione.
 
Solidarietà vada a tutti gli operatori sanitari che hanno nella responsabilità un punto di forza irrinunciabile, affinché non finiscano per darsela a gambe in tutti i sensi: emigrando, rinunciando alle loro mansioni, denegando i bisogni con i quali ogni giorno si confrontano fino ad abbandonare il malato a una triste deriva.
 
Gemma Brandi
Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto

04 gennaio 2020
© Riproduzione riservata

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