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Coronavirus. Il caso terapie intensive... ma l’emergenza non si affronta con la logica dei silos

di Dario Manfellotto

05 MAR - Gentile Direttore,
purtroppo nella circolare del Ministero della Salute che prevede l’aumento dei posti letto di terapia intensiva e di pneumologia si risponde con una logica settoriale, a silos, e non di sistema, all’emergenza da Covid-19. Potrei chiedere di aumentare i posti letto in Medicina Interna, visto che al momento sono proprio i nostri reparti ad accogliere la grande maggioranza dei pazienti che non sono in malattie infettive o in rianimazione, ma non voglio proporre una soluzione che possa sembrare di parte.
 
In realtà oggi negli Ospedali, soprattutto nelle Regioni più colpite, abbiamo bisogno di posti-letto di area medica per ricoverare i pazienti con Covid-19, che devono essere isolati, ma che sono affetti da comorbidità complesse che devono continuare ad essere affrontate globalmente, ed anche trattati con ventilazione non invasiva (NIV), come quotidianamente accade nelle Medicine italiane.
 
E in questo senso è quanto mai necessario incrementare e formare il personale medico e infermieristico.
 
Al di là dei pazienti da terapia intensiva per i quali il problema è strettamente legato alla necessità di intubazione e ventilazione meccanica, negli altri casi il problema concreto è l’assistenza in area medica con le migliori competenze interdisciplinari a seconda dei bisogni del singolo paziente, in una logica di massima collaborazione e integrazione fra specialisti, internisti, pneumologi, infettivologi, ecc. 
 
Il punto non è quindi più letti per le singole specialità, ma una dotazione di letti di area medica per accogliere i pazienti che non trovano posto in malattie infettive. 
 
Peraltro, penso che a breve saremo costretti a rinunciare al ricovero nella camera singola di isolamento, per procedere a ricoveri “di coorte” di pazienti Covid-19, ottimizzando così anche il numero di medici e infermieri dedicati e i tempi di assistenza.  
 
Rimane, infine, il grosso problema dei tempi per l'esecuzione dei tamponi (fino a 48-72 ore) tanto che il Ministero ha chiesto “incremento della capacità di attività e del numero dei laboratori qualificati”. 
 
Il paziente sospetto deve restare isolato in ospedale nell'attesa del risultato del test, creando notevoli problemi di gestione.  
 
Se il test fosse più facilmente disponibile e con tempi tecnici molto inferiori, si darebbe una vera svolta alla situazione attuale di congestione e affollamento degli ospedali.   
 
Dario Manfellotto
Presidente Nazionale Fadoi (Federazione dei medici internisti ospedalieri italiani)

05 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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