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Ssn. Se non ora… quando?

di Biagio Papotto

10 MAR - Gentile Direttore,
è giunto il momento di guardare in faccia la situazione e chiamare le cose con il proprio nome.
Purtroppo questo momento è causato da una improvvisa emergenza sanitaria che ha appena iniziato a mostrare la propria virulenta (è il caso di usare tale termine…) carica negativa anche nei confronti di plurime attività economiche.
 
Il “purtroppo” che ho usato qualche riga sopra è duplice: purtroppo – certo – perché sta accadendo, perché molte persone soffrono e talune muoiono. Ma non è solo per questo.
Come medici siamo costretti professionalmente a convivere con la sofferenza e – se anche non ci si abitua mai – cerchiamo di non pensarci, presi come siamo dal tentare di porre rimedio e cura a situazioni diverse.
Ho scritto invece “purtroppo”, perché amarezza e rabbia si mischiano in ugual misura dall’aver dovuto rilevare come – ancora una volta – tutti i nostri articoli, i nostri appelli, le nostre analisi…sono stati bellamente ignorati.

Adesso qualcuno si accorge che ci sono problemi che denunciamo da decenni.
Mancano le strutture, mancano i posti letto, e… mancano i medici. La parola subdolamente gradevole e accattivante (“razionalizzazione”) ha distratto l’opinione pubblica mentre la politica chiudeva presidi ospedalieri e riduceva le capacità di ricovero e cura di altri. In aggiunta a questo - con una perversa logica che sconteremo per molti anni anche in caso di un ravvedimento tipo “via di Damasco” – si sono tagliati e/o non si sono rimpiazzati migliaia e migliaia di medici, ché tanto erano “eccedenti” rispetto al numero dei posti-letto disponibili.
Come se l’Italia fosse una nazione con pochi cittadini, anziché uno dei Paesi più grandi d’Europa, come se la popolazione fosse in ringiovanimento anziché (grazie al cielo, per carità!) con un notevole aumento dell’aspettativa di vita.

L’unico momento in cui si è utilizzato il trend di invecchiamento complessivo degli italiani è stato per calcolare sinistramente il costo che esso avrebbe avuto sul pagamento per X anni delle pensioni, introducendo un fattore di rallentamento dell’accesso alla quiescenza degno di un film di brutta fantascienza (“qui si campa troppo…meglio sfruttare le persone qualche anno in più…vediamo quanti anni in media potrà riscuotere la pensione un dipendente, se ce lo lascio andare a 68 anni…”).

Quel che accade in questi giorni è solo il rovescio della medaglia di una situazione che, lo abbiamo gridato per anni, comunque sarebbe stata deficitaria, anche in caso di assenza di un’emergenza.
Il Covid-19 ha solo alzato il velo su una carenza atavica e politicamente mai gestita.
Adesso è certamente il momento di rimboccarsi le maniche e lavorare. I medici lo fanno. Da sempre, per scelta individuale e per responsabilità professionale.

Però adesso devono rimboccarsi le maniche e lavorare i politici, tutti, senza disgustose distinzioni cha ancora qualcuno ha il coraggio di esibire, nella ridicola pretesa di aver la soluzione a portata di mano – per evitare che ci sia una prossima emergenza, per far si che l’Italia possa affrontare serenamente le prove che qualsiasi nazione può trovarsi di fronte senza che questo provochi sconquassi irreparabili.
 
Abbiamo più o meno gli stessi abitanti di Francia, Germania e G. Bretagna, un Ssn invidiabile e…spendiamo pochi soldi, pretendendo risultati eccezionali. Viziati dall’averli ottenuti finora.
Si parla tanto della famosa “diligenza del buon padre di famiglia”. Bene. Quale padre di famiglia – però – lascerebbe che i propri cari affrontassero senza un minimo di prudenza il domani? Questo è il momento più adatto per riequilibrare i bilanci e far partecipare tutti. Questo – insomma – è anche il momento perché emerga l’economia “in nero”. Perché l’Italia è “in rosso”.
 
Senza distinguo sulle quote di contante, senza lotterie degli scontrini. Senza sconti per nessuno.
Senza “se” e senza “ma”.
Perché…se non ora… Quando ?

Biagio Papotto
Segretario generale Cisl Medici

10 marzo 2020
© Riproduzione riservata

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