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A proposito di emergenza e Direzioni Aziendali

di Claudio Maffei

05 APR - Gentile Direttore,
nella sua lettera sulle opportunità da cogliere a seguito della attuale emergenza il prof. Lega fa un passaggio dedicato (e delicato) sulle direzioni aziendali,  delle quali si dice stanno facendo e bene la loro parte in questa fase difficile e che probabilmente andrebbero pagate di più.
 
Credo che queste affermazioni meritino un commento che parte dalla prima affermazione e che cioè le Direzioni Aziendali la loro parte la stanno facendo bene. Qui occorre fare una considerazione preliminare per evitare di farsi inutilmente dei nemici (anche io ho fatto parte delle direzioni aziendali fino al mio pensionamento di tre anni fa e nelle direzioni lavorano persone cui mi legano stima ed amicizia): le direzioni si stanno impegnando al massimo delle forze in una situazione di straordinaria difficoltà.
 
Difficoltà che nascono però da scelte sbagliate che sono anche di loro responsabilità. Prima di andare ancora avanti una seconda considerazione preliminare: c’è una grande variabilità di situazioni regionali per cui queste considerazioni ammettono declinazioni locali molto diverse. Ma la sostanza credo sia comune.
 
Quel che voglio dire è che le emergenze fanno emergere la generosità (soprattutto degli operatori), ma anche le pre-esistenti debolezze del sistema organizzativo e quindi anche aziendale. Esempi: la debolezza dei servizi di sanità pubblica, la carenza di servizi per l’assistenza domiciliare, la marginalizzazione della epidemiologia, la non operatività delle reti cliniche, la sostanziale autoreferenzialità della offerta privata, il sottodimensionamento delle dotazioni organiche, i ritardi nella risposta proattiva alla cronicità, la scarsa valorizzazione del contributo dei professionisti in molti processi decisionali (ma potrei continuare per molto) sono tutti fattori che hanno contribuito ad ostacolare la risposta all’emergenza. E in tutto questo ovviamente c’è una responsabilità delle direzioni aziendali (compresa la mia personale). Scivolare sopra tutto questo pensando che non pesi sul futuro credo sia sbagliato.
 
Una lettera del dott. Giorgio Simon del 18 gennaio di quest’anno (b.c., before coronavirus) sulle responsabilità dei Direttori Generali nel fenomeno dei medici che lasciano il sistema pubblico per andare nel privato  ricevette  una insolita, ma non casuale, attenzione con quasi 70 commenti (69 per la precisione) provenienti da tutte le Regioni italiane, con l’esclusione – mi pare - delle sole Province di Trento e Bolzano.  
 
Nella lettera si parla di comportamenti discutibili dei DG (cui si attribuisce la responsabilità di cambiamenti organizzativi inutili, costosi e poco condivisi, di meccanismi di budget obsoleti e di mortificare il merito) e di comportamenti altrettanto discutibili della politica accusata di entrare ovunque e di limitarsi, essendo incapace di fare altro, a riformare solo i confini della Aziende o il numero delle strutture complesse. La lettera non ricevette alcun commento (almeno mi pare) né da chi nelle Direzioni lavora né da chi le Direzioni le forma e le studia.
 
Se non si parte da una analisi (che non mi risulta mai fatta in modo significativamente rappresentativo) di questa realtà e – soprattutto- dalla identificazione di misure correttive migliorare il trattamento economico dei direttori non migliorerà la situazione. Mi verrebbe da aggiungere: anzi.
 
Proposte? Riprendo qualche spunto da una mia precedente lettera. Penso che sia decisivo cominciare ad occuparsi della qualità della politica che governa la sanità a livello regionale (e quindi della formazione e verifica di chi ha la relativa responsabilità) visto che essa costituisce uno dei determinanti più importanti della qualità complessiva del sistema sanitario pubblico compresa la qualità del contributo delle Direzioni Aziendali.
 
Sono convinto che il ruolo (e la qualità) della politica non possa essere assunto in sanità come variabile indipendente su cui non esiste modo di intervenire. Forse c’è bisogno di cominciare a considerare almeno in parte un mestiere anche quello di Assessore e di Consigliere regionale che si occupa di sanità.  Servono sistemi che formino queste figure e le tengano nel cono di luce di verifiche che oggi mancano. L’accountability non è solo un problema delle Aziende, ma anche e ancora prima un problema della politica che le governa. Se si migliora il rapporto tra politica e direzioni sarà più semplice pagare queste ultime di più proprio perché lavoreranno meglio.
 
Avevo sentito tanti anni fa una relazione in cui un docente della Bocconi (magari il prof. Longo lo riconosce dalla citazione) diceva più o meno che un dirigente non può essere molto meglio del suo direttore. E, aggiungo io, un direttore non può essere molto meglio del suo assessore. Se la citazione è sbagliata, pazienza. Basta che funzioni.
 
Claudio Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on

05 aprile 2020
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