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La certificazione di malattia, sistema da rivedere

di Sara Sbrugnera e Stefano Celotto

20 APR - Gentile Direttore,
siamo due Medici di Medicina Generale che, anche in considerazione dello straordinario momento a cui il Servizio Sanitario Nazionale è sottoposto, vogliono portare alla sua attenzione lo stallo nell’agenda politica di un tema portato alla luce dal Disegno di Legge n. 2059, "Modifiche al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di false attestazioni o certificazioni e controlli sulle assenze", che attribuisce al lavoratore la responsabilità di autocertificare il proprio stato di malattia per i primi tre giorni.
 
Sono ormai passati anni dalla presentazione del testo da parte del Senatore Maurizio Romani e da molti altri cofirmatari: era il 10 settembre 2015. Con un vuoto di quasi due anni, nel luglio 2017 il DDL raggiunge la 1ª Commissione Permanente (Affari Costituzionali), per poi arrestare la sua corsa, non trovando spazio nell’agenda politica dei lavori del Senato, fino alla caduta della XVII Legislatura che ne ha terminato l’iter legislativo.
 
Da molto tempo la FNOMCeO cerca di sollecitare una revisione della Legge Brunetta, ma questa sembra essere sparita dalle scrivanie e "tavoli" presso gli interlocutori istituzionali, sebbene risulti sempre più evidente che un testo sul tema debba essere ripresentato, eventualmente migliorato, e quindi discusso.
 
Paiono fin troppo evidenti i motivi per cui tale revisione andrebbe apportata al fine di migliorare la qualità (e quantità) delle prestazioni offerte dai Medici del Servizio Sanitario Nazionale, ma non siamo neanche così miopi da non considerare i nessi con altre norme vigenti (vedi Riforma Madia) che regolano la materia.
 
Come è noto, l’aumento della domanda di salute ed il contestuale aumento dei servizi da erogare, comporta per i Medici di Medicina Generale un necessario riassetto delle proprie modalità operative. Se alle predette condizioni si aggiunge un graduale aumento dell’età media (con relativo aumento di comorbidità e fragilità) della popolazione assistita con il conseguente aggravio del tempo medio da dedicare ad ogni singolo assistito, risulta in prospettiva cruciale la ridefinizione di alcune delle attività contraddistinte da un limitato valore professionale.
 
Una di queste è sicuramente quella collegata alla Certificazione dello stato di malattia, ove il MMG spesso si trova a operare in una zona di confine a causa del rischio medico-legale nel certificare condizioni spesso non obiettivabili (lievi cefalee o gastroenteriti). Tale valutazione, peraltro, deve essere effettuata de visu (nemmeno mediata da sistemi di telemedicina o teleconsulto), cosa che il Medico di Medicina Generale non può legalmente evitare di effettuare, neppure nell’attuale stato di emergenza né con pazienti con sintomi compatibili con COVID-19.
 
Allo stato attuale, infatti, in mancanza di ciò, si applicano al medico le stesse sanzioni previste in casi di certificazione medica falsa per medico e lavoratore: multa da 400 a 1.600 euro e reclusione da uno a cinque anni. Il tema quindi, che sconfina nella capacità delle persone di autoregolamentarsi e nella capacità di fiducia verso i propri dipendenti da parte delle aziende, dovrebbe essere visto come la naturale evoluzione del rapporto fiduciario intercorrente tra le parti.
 
Quando ci si domanda se le persone siano in grado o meno di dotarsi di un senso di responsabilità verso il proprio ruolo e verso il proprio datore di lavoro, i casi di cronaca dei "furbetti" rubano il centro della scena alle migliaia di ore di lavoro che i MMG sottraggono alle cure dei propri pazienti più fragili e che necessitano senza dubbio di interventi in cui l’occhio clinico del Curante è imprescindibile e non delegabile. Pertanto riteniamo che il danno apportato dallo stato attuale in materia di certificazione di malattia, figlio della progressiva burocratizzazione a cui è sottoposta la nostra categoria, sia ben più ampio, in termini di salute ed economici, di quanto finora da molti evidenziato.
 
Se è inverosimile pensare che la situazione attuale possa portarci a rivedere fin da subito le procedure previste per l'attività in discussione, dovremmo tuttavia oggi mettere le basi per una ridefinizione delle stesse quando la fase più critica di COVID-19 sarà passata. In previsione della già annunciata fase/2 di "convivenza" con il virus, che comporterà una variazione delle modalità di relazione in ogni campo della vita sociale, pensiamo sia possibile che anche la materia relativa alla certificazione della malattia dei primi tre giorni possa e debba essere aggiornata e rivista.
 
Prepararsi a operare in condizioni di sicurezza, in una fase in cui il rischio sarà ridotto ma non del tutto estinto, sarà di fondamentale importanza e necessario al fine di preservare la salute di pazienti ed operatori. Limitare i contatti in maniera ragionata (vd. Pazienti asintomatici od oligosintomatici a cui un adeguato triage telefonico, competenza specifica del Medico di Medicina Generale, esclude rischi o necessità di valutazione), razionalizzare le attività specifiche, operare con strumenti di telemedicina e rivedere alcuni ambiti di intervento che già oggi paiono sempre meno collegati alla competenza della medicina, è un obiettivo tanto scontato quanto necessario. Trarre ispirazione dai molti paesi europei dove queste modalità sono già divenute prassi consolidata, potrebbe condurre il MMG a molteplici e positivi miglioramenti della qualità dei servizi resi ai propri assistiti.
 
La salutiamo con un quesito, critico e serio, che riassume gran parte delle istanze sopra mosse nel desiderio di poter far riflettere chi è nelle condizioni di poter sollecitare a rivedere questo capitolo della vita professionale del MMG:
 
Mettere in seria discussione la capacità del medico di operare al meglio la propria (fondamentale) attività di presidio e cura dei pazienti a favore di operazioni gestionali e burocratiche senza apporto medico alcuno, sottraendo ai legittimi proprietari (imprenditori e lavoratori) una dinamica che ha ormai da tempo smesso di essere medica, ha ancora senso?
 
Sara Sbrugnera e Stefano Celotto
Medici di Medicina Generale
   

20 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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