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Lo specializzando: figura ancillare senza autonomia per troppi anni

di Giacomo Veronese e Dario Winterton

28 APR - Gentile Direttore,
siamo specializzandi al terzo anno di Anestesia e Rianimazione. Lavoriamo in Lombardia, terra in cui si è abbattuta violentemente la pandemia da COVID-19, e in cui le risorse strutturali ed il personale sanitario sono fondamentali per arginare le difficoltà nate da questo fenomeno. Data la situazione di emergenza straordinaria sono stati messi a disposizione contratti di lavoro autonomo al fine di reclutare velocemente personale medico in grado di fornire supporto ai presidi ospedalieri messi in ginocchio dal virus.
 
La pandemia ha esaltato la carenza di personale ed ha giustamente fatto sì che anche a centinaia di medici specializzandi quasi al termine del loro percorso (ultimi due anni di formazione) fossero offerti tali incarichi. Tale fenomeno ha rappresentato una svolta tanto attesa quanto epocale in termini di autonomia concessa e di compatibilità contrattuale.
 
Il contratto di formazione specialistica attuale infatti, erogato come borsa di studio del MIUR, prevede una graduale acquisizione delle competenze, ma obbliga sempre lo specializzando a lavorare in assenza di totale autonomia, in quanto legalmente è richiesta la tutela e l’affiancamento del personale specialista, anche sul finire del percorso. Vincolo del nostro sistema è inoltre l’incompatibilità totale del nostro contratto di formazione con altre tipologie contrattuali, ossia siamo impossibilitati ad esercitare in autonomia presso altri enti. Questa peculiarità è tipica del nostro sistema formativo, molto diverso da quelli vigenti nella maggior parte dei paesi europei e d’oltreoceano, dove i medici in formazione sono personale effettivo inserito nell’organico già a partire dai primi anni.
 
Essi sono infatti autorizzati a lavorare in autonomia, spesso con contratti forniti dall’ente ospedaliero ospitante, con un grado di competenza declinato sulla base del percorso formativo specifico e la possibilità costante di confrontarsi con chi è a un livello di responsabilità superiore. Analogamente, possono coprire turni scoperti in caso di bisogno, garantendo la continuità dei servizi anche in strutture esterne alla propria sede formativa.
 
Già in epoca pre-COVID19 la necessità di personale medico rappresentava un tema fondamentale. È noto infatti che in molti ospedali vi sia carenza di medici, prevalentemente nell’area critica e dell’urgenza.
 
Recentemente, sia in sede nazionale (D.L. 35/2019, il cosiddetto DL Calabria), sia in sede regionale (articolo 34 L.R. 33/2009, sentenza 249/2018 della Corte Costituzionale), sono state approvate misure, sebbene ancora in fase di attuazione, per rendere autonomi gli specializzandi dell’ultimo e penultimo anno, allineando così il nostro modello a quello precedentemente descritto. Così facendo, si porteranno a tre (in alcuni casi a due) gli anni di puro affiancamento, ossia di pratica senza concessa autonomia.
 
La pandemia ha sottolineato ancor più alcune delle caratteristiche obsolete del contratto di formazione specialistica del nostro paese, dove i medici specializzandi restano figure ancillari al personale di ruolo degli enti ospedalieri e senza concessa autonomia per quattro (in alcuni casi cinque) lunghi anni. Si badi bene: la figura del medico specializzando è sicuramente di aiuto nei processi ospedalieri sebbene non risulti tra il personale di ruolo del presidio ospitante, ma mai come in questo contesto è evidente che ciò non è abbastanza, specialmente per chi delle competenze, nonostante sia in itinere, le ha già acquisite.
 
La necessità di una riforma del ruolo del medico specializzando non è mai stata così desiderata e indispensabile. Ci auguriamo che dopo la pandemia si conservi quanto finalmente acquisito, ossia il concetto che il medico in formazione specialistica è da considerarsi un lavoratore autonomo non ancillare, con responsabilità progressivamente attribuite in base alle competenze raggiunte. Nei prossimi anni ci auspichiamo che, anche al di fuori di tale contesto di emergenza, venga riconosciuta la compatibilità con incarichi di lavoro autonomo, riformando così il ruolo e le responsabilità del medico specializzando.
 
Per anni infatti ciò che ci ha colmato di frustrazione è l’essere stati impossibilitati a dare un aiuto concreto a presidi in difficoltà, eventualmente anche esterni alla sede formativa, esclusivamente per questioni di incompatibilità amministrative, nonostante vi fossero volontà, competenza e desiderio di autonomia. Aspetto chiave in questo nuovo desiderato contesto sarà la garanzia di una formazione, la quale dovrà essere tutelata e perpetuata in primis dalle università, in secondo luogo difesa strenuamente dalla nostra categoria.


Giacomo Veronese e Dario Winterton 
Medici in formazione specialistica in Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e del Dolore
Università degli Studi di Milano-Bicocca, Monza, Italia


28 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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