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Coronavirus. Per contenerlo si torni alla medicina del territorio

di Angelo Flavio Mucciconi

28 APR - Gentile Direttore,
in queste ultime settimane abbiamo tutti vissuto i disagi e l’ansia legati alla pandemia da coronavirus. Siamo stati ansiosi di conoscere i numeri che venivano, di volta in volta, aggiornati dalla Protezione civile nazionale e, pure localmente, dalle diverse testate giornalistiche che riportavano l’andamento della malattia sul nostro territorio. Abbiamo vissuto con trepidazione l’andamento dei contagi, dei decessi e dei ricoveri. Conosciuto quella che è stata definita, correttamente, pressione sui reparti ospedalieri di ricovero dei pazienti Covid con la conta di quelli in terapia intensiva. Oggi qualcosa inizia a cambiare e deve cambiare.
 
Si sente sempre più spesso parlare di gestione territoriale della pandemia: in questa guerra contro un nemico invisibile e sfuggente, in cui le battaglie si combattono e si vincono nei reparti ospedalieri, la vittoria si può ottenere sul territorio. La liberazione non verrà dai letti di ospedale ma dalla gestione sul territorio della pandemia. Fino al vaccino o a cure specifiche che appaiono, comunque, lontane, l’identificazione precoce dei nuovi contagiati e la seguente gestione domiciliare o alberghiera sono l’unico obiettivo da raggiungere. Quanto vissuto nelle passate settimane ci ha insegnato che l’individuazione precoce dei Covid positivi e la gestione domiciliare consentono un miglior decorso clinico e anche un determinante controllo dei contagi.
 
Se può rientrare in una logica complessiva l’individuazione di strutture ospedaliere finalizzate alla gestione di eventuali futuri ricoveri, in questa fase l’unica strategia vincente è un investimento di risorse e impegno sul territorio.
 
La telemedicina e l’integrazione di vario tipo e con diverse modalità, con gli specialisti ospedalieri che devono rivestire un ruolo fondamentale nella gestione complessiva dei pazienti domiciliari, sono queste l’unica vera opportunità. Occorre modellare un sistema integrato che coinvolga tutte le risorse professionali, calare l’assistenza nelle case inventando equipe speciali, centrali di coordinamento, sfruttando ogni tecnologia idonea senza spostare i pazienti se non utilizzando strutture di tipo alberghiero per favorire un migliore, più facile ed efficace isolamento sul territorio.
 
L’Asl di Teramo, che a oggi ha già eseguito più di 12.000 tamponi, ha ottenuto un adeguato controllo epidemico non tanto e non solo per una adeguata e fruttuosa gestione delle ospedalizzazioni, ma proprio perché l’importante numero di persone valutate ha consentito di identificare, isolare e quindi contenere ogni piccolo focolaio epidemico. L’ospedale, qualsiasi ospedale, viene dopo, cioè quando l’intervento territoriale è risultato inefficace e le condizioni cliniche dei pazienti impongono una gestione di livello assistenziale e tecnologico più avanzato. Il vero fronte di questa guerra, quello che deve diventare il nostro Piave invalicabile, è l’individuazione rapida e puntuale dei pazienti e, di conseguenza, il tracciamento dei loro contatti sul territorio.
 
Finché non avremo un vaccino o una terapia farmacologica adeguata, il contenimento dei contagi è l’unica via percorribile. Bisogna riservare un’attenzione puntuale certosina ad ogni necessità territoriale e diffidare dalla tesi che la realizzazione di strutture di ricovero possa farsi da garante contro la diffusione del coronavirus.
 
Qualsiasi struttura ospedaliera con 200 posti letto necessità di 400–500 professionisti destinati all’assistenza dei pazienti. Personale che non abbiamo e che, comunque, impiegheremo anni a reperire. Più rapida, più semplice, più efficace ed efficiente è l’individuazione di una strategia del territorio che sfrutti anche le nuove tecnologie per la diagnostica come, ad esempio, possono essere i tamponi rapidi o gli esami sierologici ancora non completamente utilizzati ed affidabili ma, in parte, di immediata disponibilità. Strumenti che ci daranno il vantaggio di individuare precocemente cluster epidemici o identificare la prevalenza territoriale della malattia, cioè quanti sono i malati in un’area individuata.
 
Nella Asl di Teramo e sul territorio regionale, ci dobbiamo affidare ad una medicina di vicinanza alla popolazione che sposti i pazienti dalle loro case solo per fornire un isolamento alberghiero più idoneo alle circostanze e che, individuando e trattando i pazienti precocemente, contenga i contagi e riduca i ricoveri.
 
Angelo Flavio Mucciconi
Dirigente medico Asl Teramo e membro Consiglio regionale Anaao Assomed Abruzzo


28 aprile 2020
© Riproduzione riservata

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