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Ripensare l’edilizia sanitaria

di Alessandro Izzi

08 MAG - Gentile Direttore,
la drammatica situazione che sta segnando il nostro Paese e il mondo intero è una nuova opportunità strategica da attuare per efficientare il nostro S.S.N. che, si conferma come uno dei migliori al mondo per ricerca e operatività, ma ancora carente per infrastrutture, e “visioni” strategiche, legate agli ambiti decisionali più alti.

Per quanto affascinante possa essere dibattere in merito alle scelte programmatiche e finanziarie della sanità pubblica e privata, l’intento è soprattutto di incentivare nuove proposte e idee legate al tema degli spazi funzionali sanitari, riprogrammati in base agli ultimi eventi emergenziali, eccezionalmente virulenti.

Negli anni il dibattito architettonico e scientifico è stato fortemente incentrato sul concetto di umanizzazione degli spazi di cura con risultati che hanno influenzato progettualmente la maggior parte degli ambienti ospedalieri e di cura, con un progressivo miglioramento della fruibilità, della sicurezza e del benessere dei luoghi sanitari.

Questi ultimi accadimenti emergenziali devono, però, alimentare una riflessione sulla capacità delle strutture sanitarie di adattarsi a situazioni sempre più complesse, e sulla necessità di realizzare un’efficiente rete sanitaria capillare, con centri di assistenza territoriali, spazi e luoghi per favorire il benessere e la socializzazione. Il potenziamento di tali strutture unitamente all'assistenza domiciliare basata sull’utilizzo di innovative tecnologie, migliorerebbe l'accesso alle cure, riducendo lo stress per i pazienti, e efficientando i processi di ospedalizzazione messi a dura prova in questo periodo.

Ci troviamo di fronte, quindi, a due tematiche principali da affrontare: una nuova visione, dell’organizzazione e del potenziamento della sanità territoriale; la definizione di nuovi fabbisogni spazio-funzionali dei presidi ospedalieri.

Nel primo caso è evidente l’importanza di ripensare l’assetto delle politiche sanitarie e assistenziali e la loro messa in rete. Le cure e l’assistenza sanitaria di primo accesso, diffuse capillarmente sul territorio, potrebbero generare un nuovo sistema organico e ramificato, agevolato dalle nuove tecnologie comunicative e scientifiche, per assicurare assistenza direttamente nella rete, dai medici di base ai piccoli presidi sanitari (Ambulatori, Heath Care Space, Case della Salute). In questi luoghi i pazienti, non gravi, possono ricevere assistenza senza accedere agli ospedali, riducendo, inoltre, il numero degli accessi impropri alle strutture di Pronto Soccorso. In sintesi, ottimizzazione dei processi, nuove economie e disponibilità finanziarie per gli investimenti, per potenziare l’assistenza sul territorio, in grado di curare i pazienti direttamente a casa.

Non investimenti in dispendiosi stabilimenti ospedalieri, quanto un’attenta e calibrata pianificazione della rete sanitaria assistenziale regionale e intercomunale, per agevolare anche un processo virtuoso di riqualificazione urbana e territoriale, valorizzando spazi urbani, quartieri e centri minori, che volgono facilmente all’isolamento e talvolta al degrado.

Oltre al sensibile e strategico potenziamento della rete assistenziale territoriale occorre non abbassare la tensione verso la riqualificazione di ospedali e luoghi di cura all’altezza dei più elevati standard e rispondenti ai fabbisogni specifici di una medicina del terzo millennio.

Preme ricordare quanto le caratteristiche spazio-funzionali degli ambienti sanitari generino effetti tanto sui pazienti – per il miglioramento degli esiti clinici della malattia e delle condizioni di sicurezza – quanto sul personale – in termini di miglioramento delle performance – riflettendosi, anche sull’efficacia e qualità delle cure. Ridurre, dunque, le situazioni di stress mediante l’innalzamento della qualità ambientale percepita è diventato un imperativo al quale la committenza pubblica non può più sottrarsi.

Il processo di umanizzazione degli spazi sanitari pone la qualità fruitiva e percettiva degli edifici socio-sanitari tra le priorità da realizzare nell’ambito dei programmi sanitari. Nel nostro contesto nazionale, si è iniziato a comprendere la strategicità e l’efficienza di tale approccio scientifico soprattutto in relazione alle strutture edilizie. Tuttavia le riflessioni e i fabbisogni emersi al termine di una dura e surreale “Fase-1” definiscono nuove necessità tali da imporre nuovi spazi funzionali, stretta conseguenza delle attuali emergenze con le quali dovremo immancabilmente misurarci anche in futuro. Basti solo pensare al fabbisogno di superfici per ospitare i pazienti in quarantena.

E’ emersa in quest’ultimo periodo un’elevata richiesta di luoghi e spazi di cura dove ricoverare pazienti che sebbene guariti presentano ancora positività al virus e che vengono indirizzati alla propria residenza raccomandando un isolamento domiciliare. Sul punto il parere degli esperti virologi ed epidemiologi acclara la tesi secondo la quale l’isolamento domiciliare potrebbe non garantire un effettivo contenimento del virus, facilitando, al contrario in molti casi, un aumento del rischio della ciclicità del problema. Emerge, dunque, la necessità di individuare anche all’interno delle strutture ospedaliere esistenti nuovi “luoghi sicuri” di contenimento delle infezioni, e di osservazione per la definitiva riabilitazione. Luoghi e reparti di isolamento controllato, propedeutici alla ripresa delle normali attività. O ancora prevedere il ripensamento degli spazi dei pronto soccorso, e delle strutture di prima emergenza, affinché siano in grado, in situazioni di urgenza, di modificare i percorsi di accesso, disponendo autonomamente di luoghi e ambienti pre-triage-triage, già destinati quotidianamente per le attività di accoglienza e gestione di pazienti che presentano criticità o pericolosità per gli utenti e per il personale sanitario.

L’obiettivo sfidante è quello di pensare luoghi di cura in grado di soddisfare i fabbisogni sanitari che ci troveremo a fronteggiare, ma al contempo progettare con “cura” quegli stessi spazi che rimangono in primo luogo spazi di quotidianità sicuri e confortevoli per pazienti e per operatori sanitari.

Solo una grande attenzione nel riprogrammare le politiche sanitarie e assistenziali con sistemi territorialmente capillari ed efficienti insieme ad una buona progettazione - quella di qualità, attenta agli specifici fabbisogni - possono contribuire nella gestione di grandi emergenze, che oggi rappresentano la più grande sfida per il nostro Paese.
 
Alessandro Izzi
Architetto e project manager
Esperto in Edilizia sanitaria
Associazione AMAD Onlus

08 maggio 2020
© Riproduzione riservata

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