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Medici in carcere, medici di serie B

di Laura Guerrini

05 GIU - Gentile Dottore,
sono una dottoressa di una casa circondariale della Romagna. Lavoro in regime di convenzione (come libera professionista) dal 2016 per un totale di 4 anni esatti continuativi. Le condizioni di lavoro non sono delle migliori. Non abbiamo a disposizione una divisa, ne tanto meno un locale dove poterci cambiare: quindi veniamo e torniamo a casa con i nostri abiti civili.
 
I locali dell'infermeria vengono puliti dai detenuti, e non da personale specializzato, con lo stesso straccio che viene usato anche per altri locali. Il nostro ambulatorio non è sanificabile poichè il mobilio presente (di 20 anni fa circa) è in condizioni pietose, le pareti non hanno vernice lavabile.
 
Come è risaputo, la popolazione detenuta è più incline ad atti di autolesionismo quindi capita non di rado che acceda in infermeria un paziente sanguinante: quelle sopradescritte sono le condizioni in cui dobbiamo medicare i nostri pazienti e nelle quali noi dobbiamo lavorare.
 
Passiamo quindi alla più recente questione coronavirus: ai detenuti in ingresso viene prescritto un periodo di 14 giorni di isolamento al termine del quale viene fatto un tampone nasofaringeo. Durante l'isolamento il paziente deve portare la mascherina chirurgica, terminate le due settimane l'amministrazione non fornisce più la mascherina quindi la popolazione detenuta non ha nessun DPI (che sarebbe un mezzo per proteggere sia loro ma anche noi sanitari e gli agenti di polizia penitenziaria con i quali lavoriamo a stretto contatto). Quanto a DPI noi sanitari abbiamo a disposizione delle semplici mascherine chirurgiche, le FFP2 sono contate e riservate alle procedure più invasive.
 
In questo periodo di emergenza non è mai esistito un percorso "sporco" e uno "pulito" eppure gli accessi dei nuovi giunti (i nuovi detenuti) non si sono mai interrotti.
 
Parliamo dunque del trattamento economico: mentre gli infermieri (dipendenti) hanno avuto in bustapaga tutte le indennità "covid-19" noi medici convenzionati nulla eppure mi pare che abbiamo lavorato nello stesso posto e nelle stesse condizioni.
 
Per i medici ospedalieri, come chirurghi, dermatologi, cardiologi ecc ecc, che avevano contratti a di dipendenza a tempo determinato sono state attivate le procedure di stabilizzazione: per noi medici penitenziari, a cui è riservato un contratto di libera professione in convenzione, nessuna stabilizzazione.
 
Ovviamente siamo medici di serie B.
 
Aggiungo, per concludere, una polemica che sostengo da molto tempo ma che mai viene presa in considerazione e che ora più che mai mi vede protagonista poiché in stato "interessante": l'attività lavorativa medica viene spessissimo considerata lavoro a rischio per le dottoresse incinte dipendenti. Per noi libere professioniste invece no. Strano come la stessa attività assuma caratteristiche di rischio o meno in base al tipo di contratto e che, di conseguenza, venga remunerata o meno.
 
Quindi, anche i nostri figli, oltre che noi, sono di serie B.
 
Sarebbe bello che tutti gli encomi, i grandi discorsi e complimenti di questi mesi nei confronti della professione medica si tramutassero in una parità di trattamento a livello istituzionale ed economico.

Dr.ssa Laura Guerrini

05 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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