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Come gestire e ridurre il contenzioso con le Case di Cura Private in tema di appropriatezza

di Claudio M.Maffei

13 GIU - Gentile Direttore,
ho letto con molto interesse la lettera sui contenziosi coi privati in tema di appropriatezza dell’Avvocato Donato. Qui si evidenzia come le controversie in tema di inappropriatezza siano di competenza del giudice ordinario, fatto che ha ripercussioni molto rilevanti per l’erogatore accreditato che, per la tutela dei propri crediti, si dice, potrà “sfruttare” la più “ricca” fase istruttoria del processo civile, magari anche tramite procedimenti monitori, o a cognizione sommaria, di più breve durata e di maggiore efficacia riguardo il conseguimento dei corrispettivi dovutigli.
 
Il linguaggio della lettera non è proprio di quelli familiari a chi, come me,  dell’appropriatezza si è molto occupato da un punto di vista tecnico-sanitario, ma una cosa è chiara: per giocarsi bene le proprie carte in quei contenziosi la parte pubblica deve avere chiare le idee su come si esprima e come si identifichi la inappropriatezza nelle prestazioni sanitarie erogate dal privato. Tanto più che, ci ricorda la lettera, “in molte regioni italiane, specialmente quelle in cui il Servizio Sanitario è in forte deficit e commissariato, il contenzioso tra gli erogatori privati accreditati di prestazioni sanitarie e le Aziende Sanitarie, relativamente ai diritti di credito vantati dai primi, è esponenziale e, spesso, di ingentissimo valore economico”.
 
La lettera, sulla definizione di appropriatezza, è per sua stessa ammissione generica riprendendone una attribuita al Ministero della Salute: “L’appropriatezza definisce un intervento sanitario (preventivo, diagnostico, terapeutico, riabilitativo) correlato al bisogno del paziente, fornito nei modi e nei tempi adeguati, sulla base di standard riconosciuti, con un bilancio tra benefici, rischi e costi”.
 
Proviamo invece a declinare con più precisione quali siano le “forme” con cui la inappropriatezza nella produzione dei privati si può manifestare in modo da inserirle assieme ai relativi criteri di verifica sia negli accordi regionali con le Associazioni rappresentative delle strutture private che nei contratti di fornitura Aziendali con queste ultime.
 
La prima forma di inappropriatezza è quella “clinica” ed attiene alla effettuazione di prestazioni/interventi non corrispondenti a indicazioni scientificamente accettabili o eseguite con modalità diverse da quelle ritenute scientificamente adeguate. In sostanza, è questa la forma di inappropriatezza cui si riferisce la definizione ripresa nella lettera. Una nuova modalità di espressione della inappropriatezza clinica  è l’effettuazione di prestazioni non previsti per quella struttura in base a tre ordini di considerazioni:
 
1. corrispondono ad una disciplina non inserita nel profilo di accreditamento della struttura;
2. corrispondono ad una attività per cui sono previsti volumi minimi non raggiunti dalla struttura;
3. corrispondono a prestazioni che gli atti regionali prevedono da eseguirsi presso i nodi di una rete di cui la struttura privata non fa parte.
 
Poi vi è un lunghissimo elenco di forme di inappropriatezza “amministrativa” che si traducono in (o sono finalizzate a) un aumento del valore della produzione. Queste nel caso dei ricoveri possono riguardare:
 
1. la “sovracodifica del ricovero” in modo da portarlo ad un DRG più pesante;
2. la erogazione del ricovero ad un livello cui corrisponde un sistema tariffario più pesante (ricovero ordinario anziché diurno, ricovero diurno anziché ambulatoriale);
3. una eccessiva durata dei ricoveri con tariffa a giornata;
4. il ricovero in reparti a sistema tariffario a giornata più pesante (vale nella post-acuzie);
5. frazionamento dell’episodio di cura in più ricoveri (ricoveri ripetuti).
 
Vi è infine una forma di inappropriatezza che potremmo definire “di accesso” e riguarda quei ricoveri che prevedono l’invio da parte di una struttura pubblica (come nel caso dei ricoveri di area medica disposti dal Pronto Soccorso di competenza o i ricoveri nelle strutture nell’area della salute mentale disposti dai Dipartimenti territoriali competenti).
 
La presenza di aree di produzione ad elevato rischio di inappropriatezza nelle strutture private non la si identifica tanto con i controlli campionari sulle cartelle cliniche, pure previsti dalla normativa, ma attraverso la ricostruzione del profilo di attività della struttura. La stragrande maggioranza delle strutture private è di dimensioni medio-piccole ed ha una produzione concentrata su alcune linee prevalenti. È su queste che tendono a concentrarsi i comportamenti a rischio di inappropriatezza ed è su queste aree che vanno concentrate regole e controlli.
 
Messaggio di sintesi: una definizione chiara dei criteri di appropriatezza e dei loro criteri di verifica è fondamentale nella gestione e soprattutto nella prevenzione dei relativi contenziosi. E soprattutto è fondamentale per fare in modo che la integrazione pubblico-privato sia davvero tale.
 
Claudio M. Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on


13 giugno 2020
© Riproduzione riservata

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