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Coronavirus. Siate pronti (alla seconda ondata)

di Stefano Campostrini

24 SET - Gentile Direttore,
Estote parati. Siate pronti. Il Sistema Sanitario Nazionale e quelli Regionali si preparano alla seconda ondata della pandemia Covid-19 che sembra abbia raggiunto anche il nostro Paese. L’inizio dell’epidemia ci ha trovato molto impreparati, ma lo erano, nella dimostrazione dei fatti, anche paesi teoricamente più solidi, a dimostrazione di quanto siano stati inascoltati gli appelli delle organizzazioni internazionali che avevano previsto quanto poi accaduto. C’è ora legittimamente da domandarsi quanto abbiamo imparato da questi difficili e, in alcune zone, drammatici mesi.

A livello virologico certamente conosciamo meglio questo particolare virus Covid e come agisce. Probabilmente sappiamo trattarlo meglio. Ma nella prospettiva di numerosi mesi di attesa per un vaccino efficace e “praticabile”, vanno fatte alcune domande per valutare la nostra prepareness all’imminente ondata (la cui consistenza è molto difficile valutare) e al suo intrecciarsi con l’influenza stagionale. Provo sinteticamente a riportarne alcune.

I protocolli di trattamento e cura dei Covid sintomatici sono chiari e definiti in ogni presidio (ospedaliero e territoriale)? Sono ben definite prese in carico, responsabilità e procedure?

Questi sono definiti anche nel caso un territorio si trovasse in situazione emergenziale (con un numero di casi critici fortemente superiore alle capacità normali dei presidi)?

Sono state organizzate campagne vaccinali per proteggere dalla influenza stagionale la maggior parte dei lavoratori “a rischio”? Consapevoli che la definizione di rischio oggi si esplicita non solo come rischio per la propria salute ma anche come rischio per cui l’ammalarsi comporterebbe la chiusura (parziale o totale) delle attività in cui si era presenti. Tra questi dunque vanno certamente annoverati i lavoratori delle scuole, università, enti locali, ma anche della distribuzione e di molti altri servizi necessari per non fermare il Paese.

Collegato al precedente, si sta lavorando per assicurare un numero di dosi vaccinali sufficiente a questa necessaria quanto imponente campagna vaccinale?

Si è rafforzata la rete degli operatori di prevenzione che sta sostenendo il carico maggiore nel controllo (test & tracing), prevenzione (vaccini antinfluenzali) e nella promozione della salute per la gestione dell’epidemia?

Se guardo alla situazione in moltissime regioni, sperando di sbagliarmi e di essere contraddetto, la risposta è negativa a troppe di queste domande. Tranquillizzati da un confronto con altre nazioni che falsamente ci premia (c’è poco da premiare), forse qualcuno è convinto si possa “gestire, nel caso, tutto come prima”. E poi, il numero di morti e di ricoverati conferma che il virus è più gestibile. Falso. Se i virologi ci dicono che il virus non è mutato in modo sostanziale, i numeri dell’epidemia (troppo poco studiati) hanno mostrato che mortalità e crisi per i sistemi di cura sono stati legati soprattutto all’intensità e alla velocità epidemica registrata in alcuni territori. Se le maggiori attenzioni di responsabili sanitari e cittadini rendono questo meno probabile, non si può assolutamente escludere che questo non sia ancora possibile, anche nel nostro Paese.

Poi, sappiamo che la presenza dell’influenza stagionale complicherà il tutto. La gestione dei casi influenzali (che prontamente si dovrà essere in grado di discriminare tra Covid e stagionale) dovrà essere ottimale, la loro prevenzione (per ora attuabile via vaccinazione solo per quelli di influenza stagionale) dovrà essere il più elevata possibile per minimizzare il fermo di attività che ha nociuto e sta ancora nuocendo fortemente a troppi cittadini (con gravi danni per il benessere più in generale ma, sono convinto ancorché non lo abbiamo ancora misurato, per la salute).

La struttura dei Dipartimenti di prevenzione, poi, è fragile. Trattata in molti casi come la cenerentola dei SSR, era sotto-organico già prima dell’emergenza e ora non si vedono piani per rafforzarla, né piani per sostenerla per il tempo necessario in caso l’emergenza richiedesse maggiori risorse.

Va ricordato poi che l’impegno profuso nel gestire l’epidemia Covid-19 ha spesso comportato in molte Aziende la sospensione o contrazione di alcuni servii offerti dai Dipartimenti, sia di prevenzione primaria sia di sorveglianza sul territorio (ad esempio quella effettuata dalla rete PASSI) che certamente ha consentito (e consentirebbe) una miglior gestione sanitaria dello stesso.  

 Certo dare risposte pienamente positive a tutte le domande ora esposte comporterebbe un impegno, anche economico, notevole. Ma, mi domando, data la possibilità di accedere a fondi europei, se non ora quando? E ricordo: questi sono investimenti che se non fatti o fatti in maniera limitata potrebbero portare ulteriori notevoli costi sia per i singoli cittadini che per il sistema sanitario. Speriamo di avere risposte chiare e in tempi brevi prima dai politici e a stretto giro dalle dirigenze: l’autunno è già iniziato.

Stefano Campostrini
Università Ca’ Foscari Venezia


24 settembre 2020
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