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Dalla Consulta una sentenza che rende giustizia agli osteopati

di Antonino Arizia

12 OTT - Gentile Direttore,
la decisione della Corte Costituzionale, la n. 209 dell’8.10.2020 ha reso giustizia a chi da anni applica trattamenti osteopatici, riconoscendo la facoltà agli enti regionali sanitari della Regione Marche, che ha emanato apposita legge, di avviare progetti sperimentali finalizzati all’inserimento dei trattamenti osteopatici nell’ambito delle discipline ospedaliere.
 
Ma a tale conclusione decisionale la Corte Costituzionale giunge dopo aver enunciato, nella parte motiva della sentenza, i principi basilari a proposito della figura dell’osteopata e dell’esercizio o della professione Proprio in considerazione del riaffermato principio che la definizione dello statuto della figura professionale dell’osteopata deve essere lasciata al legislatore nazionale , la Corte ha posto l’attenzione sulla situazione venutasi a creare con la pendenza , ancora oggi, del procedimento di attuazione delle disposizioni di cui alla legge n. 3 del 218, art. 7, che doveva trovare la sua conclusione entro sei mesi dalla sua pubblicazione. La Corte Costituzionale, nel constatare che l’iter attuativo non si è ancora concluso ed in considerazione della inattività prolungata dagli organi preposti alla attuazione, ha dovuto e voluto, a proposito della professione di osteopata, ribadire principi già espressi nel passato (sentenza n.149 del 1988) rendendoli ancora più chiari e di immediata applicazione. L’esercizio della professione di osteopata non è esercizio abusivo perché per la stessa non è richiesta una speciale abilitazione dello Stato (requisito richiesto per la fattispecie prevista dall’art. 348 codice penale).
 
La professione di osteopata, anche se individuata come professione sanitaria dalla legge n. 3 del 2018, non essendo ancora stata regolamentata a distanza di quasi tre anni dalla sua pubblicazione, non può rientrare tra le professioni sanitarie di cui alle leggi 26.04.1999 n. 42 art. 1 comma 1 e alla legge 10 agosto 2000 n. 251. La professione di osteopata rientra in quelle non regolamentate e disciplinate dalla legge 14 gennaio 2013 n. 4.
 
Il ragionamento logico-giuridico dei giudici costituzionali, che ha portato a detta conclusione, è basato su delle argomentazioni inconfutabili: se la professione di osteopata non si trova nello elenco delle professioni sanitarie, se non è disciplinata comunque dalla legge, se non è professione per il cui esercizio la legge prescrive l’iscrizione obbligatoria in albi o elenchi tenuti dagli ordini o collegi professionali, essa può essere (noi diremmo deve essere) inquadrata nelle professioni regolamentate e disciplinate, per l’appunto, dalla legge n. 4 del 2013.
 
L’Associazione Nazionale Professionisti Osteopati, costituita secondo i dettami della legge n. 4 del 2013, lo ha sempre sostenuto fin dalla sua costituzione. Allo stato gli osteopati sono regolati dalla predetta legge le cui disposizioni sono molto rigorose nei confronti della Associazioni costituite soprattutto poste a tutela dei consumatori e la valenza delle Associazioni trova piena conferma nell’art. 6 della legge n. 3 del 2018 laddove, modificando l’art. 5 della legge 1.2.2006 n. 43 , prevede , tra l’altro , che l’individuazione di nuove professioni sanitarie, da comprendere in una delle aree di cui agli articoli 1,2,3 e 4 della legge 10 agosto 2000 n. 251 , il cui esercizio deve essere riconosciuto in tutto il territorio nazionale, può avvenire anche su iniziativa delle associazioni professionali rappresentative di coloro che intendono ottenere tale riconoscimento. E le Associazioni professionali sono, e non potrebbe essere altrimenti, quelle disciplinate dalla legge n. 4 del 2013.
 
Avv. Antonino Arizia
Responsabile dell’Ufficio legale A.N.P.O. Associazione Nazionale Professionisti Osteopati

12 ottobre 2020
© Riproduzione riservata

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