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Covid: come calcolare gli indicatori di sovraccarico degli ospedali?

di Claudio Maria Maffei

06 NOV - Gentile Direttore,
tra i 21 indicatori utilizzati per la attribuzione delle Regioni ad una delle diverse fasce di rischio ce ne sono due di particolare rilevanza  relativi allo stress che la pandemia esercita sulla rete ospedaliera e cioè il tasso di occupazione dei posti letto di terapia intensiva e dei posti letto di area medica da parte dei pazienti colpiti da Covid-19. Il primo indicatore ha come valore soglia il 30% e il secondo ha come valore soglia il 40%.
 
Il peso da attribuire a questi due indicatori è senz’altro alto perchè contemporaneamente danno due informazioni: il peso epidemiologico della circolazione del virus di cui rappresentano la manifestazione più facile da quantificare rispetto ad esempio al dato dei nuovi contagi e la capacità della rete ospedaliera di assorbire il carico dei pazienti ospedalizzati.
 
Sul tasso di occupazione dei posti letto presi in considerazione nei due indicatori sono state fatte una serie di osservazioni puntuali cui rimando. Una osservazione mi sembra fondamentale e riguarda la individuazione  dei posti letto da mettere al denominatore.
 
Al momento sono quelli descritti nell’elegante grafico dall’Agenas che viene giornalmente aggiornato sui posti letto di terapia intensiva e di area medica. Qui si legge che il numero di posti letto si riferisce per entrambi gli indicatori alla rilevazione periodica del Ministero della Salute aggiornata al 5 Novembre 2020 (rilevazione che integra il flusso informativo corrente HSP al 14.02.2020 con il Cruscotto online "rilevazioni posti letto attivi giornalieri COVID-19").
 
Nei grafici sono rappresentati i valori percentuali degli  indici e non vengono dati i valori numerici di ricoveri e posti letto per cui  per le terapie intensive, ad esempio, non è verificabile se i posti letto sono quelli “storici” su cui si sono basati i calcoli per i posti letto aggiuntivi strutturali da attivare in base al decreto Rilancio o se includono anche quelli attivati ad hoc per far fronte all’emergenza.
 
Chiamiamo i primi posti letto “pre-covid” e i secondi posti letto “attivati” come riportato in una elaborazione di QS aggiornata al 13 ottobre che  li dava rispettivamente pari a 5.179 e 1.259. Ovviamente cambia molto se il denominatore include anche i post letto attivati. Dalla dicitura della legenda dell’Agenas sembrerebbe di sì.
 
Ritengo personalmente opportuno valutare l’opportunità di usare al denominatore dei due indici i soli posti letto strutturali pre-covid che sono quelli su cui sono sostanzialmente costruiti gli organici effettivamente disponibili. I tempi della pandemia sono stati infatti troppo rapidi per un adeguamento delle dotazioni organiche specie in un’area di attività come quella critica in cui serve personale altamente specializzato.
 
Per i posti letto di area medica c’è un problema aggiuntivo: mentre ai posti letto di terapia intensiva corrisponde un unico codice di reparto, per l’area medica ci sono molti più codici su cui dover fare una scelta. Una maggiore chiarezza al riguardo potrebbe essere utile dato l’enorme impatto che hanno questi indici anche in termini mediatici.
 
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico di Chronic-on

06 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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