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Le esigenze di salute (dimenticate) degli anziani 

di Gemma Brandi

23 NOV - Gentile Direttore,
a proposito di pari opportunità nella risposta di salute, da qualche anno a questa parte si parla con sempre maggiore frequenza e competenza del rilievo da attribuire alla differenza di genere. Perché non valutare i bisogni assistenziali e terapeutici anche in base al fattore età? Per i bambini si è tentato di sopperire alle inadeguatezze dei nosocomi destinati agli adulti creando sofisticate strutture per l’infanzia. Non si è riservato analogo interesse agli anziani. Su questo vuoto di pensiero e di norme vale la pena soffermarsi.
 
La recente pandemia ha scoperchiato la pentola, mostrando come, facendo strage dello stesso dettato costituzionale, a questa ingente fetta di popolazione possa non essere fornita neppure una risposta urgente, con l’abominio di creare vite di serie A e di serie B. Calcolare la possibilità di sopravvivenza in base alla età del soggetto in condizione critica, mettendo alla porta, con grottesca superficialità, costituzione ed energia esistenziale individuali, richiama l’infamia di un valore della vita fondato sul censo: prima il più ricco, poi il più povero, in ordine decrescente di depositi bancari o di cura nell’abbigliamento.
 
Gli standard di assistenza ospedaliera sono tarati sulla età adulta e non contemplano le specifiche esigenze dell’anziano. Questi, non a caso, considera l’ospedalizzazione il male peggiore e, fin dove può, evita pervicacemente di mettere piede in un nosocomio. D’altra parte, come potrebbe aggirare il Pronto Soccorso in caso di infarto? E come sottrarsi poi al passaggio in una Unità Coronarica Intensiva? Già l’arrivo di una persona molto attempata in queste aree della cura fa storcere il naso a chi ci lavora, figuriamoci quindi se ci si dia la pena di istituire adeguate risposte per degenti i cui sensi potrebbero non essere al meglio (udito e vista mediamente ridotti), le cui abitudini risultano ormai irrinunciabili e la cui motilità sia di fatto deficitaria per motivi anche contingenti.
 
Costoro necessitano in primo luogo di personale tutt’altro che insofferente, anzi in grado di fornire informazioni dettagliate su quanto accade intorno a loro. E voilà che, al contrario, le stesse attenzioni ritenute indispensabili per i minori di età, diventerebbero superflue per i longevi, con il rischio di vederli affondare in uno stato di confusione progressivo e rapido, essendo cambiate le loro geografie, trovandosi in sistemi tutt’altro che protettivi nei quali -tanto per richiamare un esempio di vita vissuta- le cure urgenti e intensive fornite a un vicino di letto, non sempre con esito fausto, potrebbero assumere i connotati di un delitto dai contorni indistinti e divenire traumatici orrori.
 
Da qui a transitare verso stati illusionali che spieghino, pure alla maniera del delirio, il vissuto circostante, il passo è breve, e fantasie consolatorie più o meno strutturate potrebbero diventare la regola, allontanando il soggetto da un buon adeguamento all’esame di realtà fino alla irreversibile e rapida perdita di lucidità e critica. La risposta fornita a questo epilogo “ragionevole” di un maltrattamento sistematico rischia di essere una prescrizione raffazzonata di psicofarmaci, che ogni medico dovrebbe sapere quali devastazioni siano in grado di produrre nel fragile terreno della persona avanti con gli anni e in situazione critica.
 
Per dare a un anziano pari opportunità di cura nella emergenza, occorre rivedere gli standard di risposta e adeguarli ai bisogni diversi di questi pazienti, come si è fatto per i bambini. Anche i longevi hanno bisogno di presenze accanto in grado di mediare e di dare spiegazioni che il personale in genere non fornisce.
 
Comunque occorre che gli addetti ai lavori ricevano una formazione che permetta loro di capire come una risposta frettolosa e seccata, pur non determinando la bizza ingestibile che vedremmo nel bambino, inneschi una reazione regressiva e una perdita acuta, ma potenzialmente cronica del senso di realtà, un indementimento da semplice ricovero. Considerare superflua una simile attenzione permette che attecchisca l’indifferenza che ha portato alle morti recenti di troppe persone sagge al punto da meritare una lunga vita.
 
Gemma Brandi
Psichiatra psicoanalista
Esperta di Salute Mentale applicata al Diritto

 

23 novembre 2020
© Riproduzione riservata

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