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I sette vizi capitali delle sanità regionali

di Claudio Maria Maffei

25 FEB - Gentile Direttore,
un tema ricorrente nel dibattito sulla sanità in Italia riguarda l’impatto negativo della sua eccessiva regionalizzazione. A mio parere non sono le regole del gioco Stato-Regioni, e quindi l’autonomia delle Regioni “in sé” a creare problemi di disomogeneità e di adeguatezza nella qualità dei Servizi Sanitari Regionali Regionali, quanto la loro concreta gestione esposta ad una serie di vizi che provo sintetizzare.
 
Il primo vizio è quello di una valutazione centrale tardiva ed inadeguata. Questo aspetto delle regole del gioco è poco conosciuto e (non) svolge un ruolo fondamentale. In fondo i ruoli sono chiari: il livello centrale indirizza, coordina e valuta. Se non valuta salta tutto come in tutti i processi in cui salta la fase della verifica. La erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza avviene attraverso il cosiddetto sistema degli adempimenti ed un cruscotto di indicatori.
 
Il sistema degli adempimenti utilizza un questionario che dopo un anno da quello oggetto di valutazione fa sintesi dello stato di una serie di processi che includono l’applicazione del DM 70, le liste di attesa, le cure palliative, il rischio clinico, la offerta domiciliare e residenziale, la gestione dei flussi informativi, i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali e tanto altro.
 
Questa verifica si fa soprattutto sugli atti adottati e non sulla qualità del processo con cui i problemi vengono affrontati e men che meno sulla base dei risultati ottenuti. Quanto al cruscotto di indicatori è ancora quello della cosiddetta Griglia LEA i cui ultimi dati ufficiali fanno riferimento al 2018. Dal 2000 si cambierà il cruscotto degli indicatori di  monitoraggio che diventerà quello del cosiddetto Nuovo Sistema di Garanzia dei LEA.
 
Purtroppo questi cruscotti soffrono di enormi limiti su cui non è questa la sede opportuna per fare approfondimenti. Basti dire in estrema sintesi che tutto il sistema di monitoraggio centrale delle performance regionali va ripensato e migliorato.
 
Il secondo vizio è la assenza a livello di forme di valutazione istituzionale a livello regionale. Se Sparta piange (la carenza della valutazione a livello centrale), Atene (la valutazione istituzionale   a livello regionale) non ride. Basta prendere un Piano della Performance 2021-2023 di una Regione (ho sott’occhio quello  della Regione Marche) per rendersi conto che spesso è tanto attento alla grafica (il magico albero della performance) quanto approssimativo nei contenuti.
 
Nei fatti il ciclo della performance nel sistema sanitario compreso il livello regionale è una scatola dalle grandi dimensioni  dal contenuto qualitativamente molto scarso. In teoria esistono altri strumenti come le Commissioni consiliari che si occupano di sanità e organismi/commissioni  che si occupano di valutazioni delle politiche, compresa quella sanitaria. Basta entrare nei siti regionali per verificare il livello dell’analisi e  del confronto a questi due livelli: o la Regione Marche è sfortunata o si tratta di organismi che non funzionano.  E questo ci porta al terzo vizio.
 
Il terzo vizio è la carenza culturale sui temi della politica sanitaria di chi fa politica, ma anche di molti dei loro interlocutori  istituzionali. I profondi cambiamenti da introdurre sia nei ruoli professionali che organizzativi (vedi il ridisegno delle reti territoriali e ospedaliere) hanno bisogno di una crescita culturale di tutti, politici e stakeholders. Senza una azione di public health literacy che promuova questa crescita culturale i Servizi Sanitari Regionali tenderanno alla sostanziale conservazione dei loro attuali modelli.
 
Il quarto vizio è la asimmetria informativa tra Regione e stakeholders causa anche del vizio collegato (e siamo a cinque) della mancanza di controllo sociale sulle politiche sanitarie regionali. Alla faccia di tutte le norme sulla trasparenza i processi decisionali regionali possono avvenire sotto traccia sotto forma di atti in cui i criteri ed i dati alla base delle scelte non si possono ricostruire. La struttura stessa degli atti è spesso una ricostruzione minuziosa degli altri atti collegati redatti con le stese caratteristiche.
 
E questo ci porta al sesto vizio: la trasformazione dei tecnici regionali in una sorta di mandarinato incaricato di tradurre in atti le scelte della politica. Ovvero quella che altri hanno autorevolmente chiamato “mediocrazia” (di cui ho già parlato qui) e cioè la selezione e gestione di dirigenti funzionali a una logica in cui la critica non è prevista e le domande non sono ammesse.
 
Ultimo peccato: lo scollamento tra mondo professionale e governo politico della sanità regionale. In un sistema complesso come quello sanitario chi governa dovrebbe avere uno scambio continuo con chi lavora e chi sta in mezzo dovrebbe fare da facilitatore. Invece i mandarini che stanno in mezzo spesso si considerano “sopra” rispetto ai professionisti e funzionano da filtro, e cioè fanno l’opposto di quel che dovrebbero fare.
 
Questi vizi, ovviamente presenti come rischio ovunque e operanti in modalità molto differenziata tra le varie Regioni,  ostacolano  il buon funzionamento dei Servizi Sanitari Regionali. Il problema a mio parere è soprattutto qui e non nelle regole del gioco sbagliate  del rapporto Stato-Regioni all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. Vizi che peraltro impedirebbero un buon funzionamento anche di una sanità più centralizzata. 
 
Claudio Maria Maffei
Coordinatore scientifico Chronic-on

25 febbraio 2021
© Riproduzione riservata

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